Speak No Evil: il regista del remake spiega perché il finale del film è diverso rispetto all'originale danese
Il film, ora nelle sale, ruota attorno a una famiglia inglese che invita una famiglia americana a trascorrere una vacanza nella loro casa isolata in campagna
Speak No Evil, remake Blumhouse dell'omonimo film danese, è dallo scorso weekend nelle sale(leggi la recensione). La storia ruota attorno a una famiglia inglese (James McAvoy, Aisling Franciosi) che invita una famiglia americana (Mackenzie Davis, Scoot McNairy) a trascorrere una vacanza nella loro casa isolata in campagna, e ben presto si capisce che non tutto è come sembra.
Nel film originale, la nozione di come la società possa incatenarti è presente fino alla fine della storia. [Nel remake] volevo arrivare a quel punto nel secondo atto e poi costruirci sopra una tematica che si basa sul pericolo di morte. Il personaggio di Scoot McNairy, Ben, è un uomo che si sente un rottame. Vede in Paddy [McAvoy] una figura di mentore cattivo che promette una mascolinità vecchia scuola. Ben accetta [i suoi insegnamenti] e pensa che questa coppia di amici li sbloccherà e che sarà uno strano weekend di terapia di coppia. E poi l'ironia è che quando entriamo nel terzo atto, questo tipo di modello si rivela completamente falso, ma anche l'idea di ciò che Ben pensa sia la sua mascolinità, o ciò che dovrebbe essere, è completamente falsa. La persona che si fa avanti è sua moglie, e la nozione di questi tropi di mascolinità si dimostra completamente insensata. Non dipende dal genere, chi è forte.
E poi anche con Ant, il "figlio" della coppia americana, volevo seguire il tema della poesia di Philip Larkin, di come la violenza sia in un certo senso ciclica. “All'uomo passa l'uomo la miseria”. C'è una vera ambivalenza nell'uccidere Paddy da parte di Ant. La gente potrebbe volere la catarsi di quella liberazione, ma non credo che si possa dire che sia un finale hollywoodiano. È una versione piuttosto europea di un finale hollywoodiano. Non è trionfale. Non è una soluzione facile, che trasmette l'idea: “I nostri problemi sono alle spalle”. Le persone possono avere letture diverse sul fatto che la relazione [tra i coniugi inglesi] sia stata risanata o meno. Non c'era bisogno di essere più cupi, perché la tristezza è vera. È nella musica e nel volto di Dan [Hough, interprete di Ant]. Sono sopravvissuti, ma non è in alcun modo un'esperienza positiva. Non è che tutto vada bene.
Trovate tutte le informazioni su Speak No Evil nella nostra scheda.