Il sindacato degli attori sudcoreani chiede salari migliori a Netflix, senza ricevere risposta

Netflix non risponde alla richiesta di incontro del sindacato degli attori sudcoreani, un mercato dove lo streamer investe miliardi

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Fin da quando è iniziato il primo dei due scioperi in corso attualmente a Hollywood, quello degli sceneggiatori, Netflix ha affermato davanti agli azionisti di essere meglio posizionata rispetto ai competitor nel caso queste mobilitazioni dovessero prolungarsi (cosa che sta avvenendo), e questo grazie al lungo elenco di produzioni in corso all'estero.

Ma una delle conseguenze della grande visibilità che sta ottenendo la vertenza dopo l'affiancamento, da metà luglio, del sindacato degli attori SAG-AFTRA agli sceneggiatori della WGA, è il fatto che altri sindacati in giro per il mondo stanno inziando a mostrare la loro solidarietà e avanzare richieste simili a quelle di attori e sceneggiatori.

È il caso del sindacato degli attori della Corea del Sud, la Korea Broadcasting Actors Union, come spiega una lunga inchiesta del Los Angeles Times.

La Corea del Sud è uno dei paesi in cui Netflix sta investendo e investirà di più nei prossimi anni, grazie al successo delle sue produzioni in tutto il mondo - a partire da Squid Game, ad oggi tuttora la serie Netflix originale più vista a livello globale. In Corea subappalta tutte le proprie produzioni a studios locali, e quindi non viene classificato come un datore di lavoro. Questo rende impossibili le comunicazioni con le sigle sindacali, come spiega il presidente del sindacato attori Song Chang-gon: "Una delle loro priorità quando entrano in un mercato locale dovrebbe essere stabilire un canale di comunicazione con gruppi come il nostro, ma non c'è alcuna risposta a riguardo".

Attori, sceneggiatori e lavoratori della produzione in Corea del Sud lamentano come Netflix si approfitti di un sistema attraverso il quale i lavoratori vengono sottopagati, rifiutandosi di pagare compensi residuali. Netflix, per contro, afferma di rispettare le leggi locali secondo cui le piattaforme streaming non devono pagare queste somme, al contrario dei broadcaster televisivi. Leggi che, evidentemente, devono ancora essere aggiornate, come spiega Yoo Min-suk, che si occupa delle politiche del sindacato degli attori: "Netflix, nel nostro paese, utilizza la stessa infrastruttura che viene utilizzata da chiunque altro per trasmettere i propri contenuti. Per questo riteniamo che abbiano l'obbligo di incontrare i nostri rappresentanti". E la mole enorme di investimenti che sta facendo Netflix commissionando produzioni agli studios locali sta trasformando questi ultimi in meri fornitori di contenuti subordinati, che spesso contrattano accordi a basso costo in cambio della visibilità globale che otterranno i loro prodotti.

Netflix ha portato nel paese budget enormi, che vengono offerti in particolare alle grandi star locali, in grado di guadagnare fino a 400 mila dollari per episodio (pur senza pagamenti residuali). Per contro, i compensi degli attori non protagonisti sono rimasti molto bassi, e partono da soli 300 dollari per episodio (sempre senza pagamenti residuali e bonus), che sono i minimi contrattati dal sindacato con gli studios coreani prima che arrivasse il gigante dello streaming. Una situazione insostenibile per molti attori, anche perché le serie Netflix durano meno degli standard 16 episodi della televisione coreana e le giornate di lavoro spesso sono maggiori della media. I compensi, poi, non includono trasporti o il vitto.

"Ci assicuriamo che gli attori non protagonisti vengano compensati secondo gli standard locali o anche oltre, e lavoriamo con i nostri partner locali per assicurarci che tutti ricevano paghe adeguate e il giusto trattamento," ha commentato Netflix, sottolineando però che la responsabilità è delle case di produzione a cui subappalta le serie.

Per contro, il costo così basso degli attori ha finora tenuto alla larga il rischio che questi vengano rimpiazzati da copie digitali realizzate attraverso l'IA, uno dei temi più caldi della vertenza tra i sindacati americani e gli studios di Hollywood. Ma il problema è già molto più concreto con i doppiatori, che non hanno alcuna tutela sul riutilizzo o la replica delle loro interpretazioni e spesso si trovano a firmare lunghi contratti in inglese lo stesso giorno in cui devono lavorare, con il timore che includano un linguaggio volto a fissare dei precedenti (ma Netflix nega supposizioni a riguardo).

Per il momento, il sindacato degli attori sudcoreani attende ancora di avere notizie da Netflix sulla possibilità di fissare un incontro. L'obiettivo è stabilire dei pagamenti residuali non dissimili da quelli che stanno contrattando i sindacati americani. Se ciò non dovesse accadere in tempi accettabili, potrebbe scattare uno sciopero...

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