Sherlock: Moffat spiega come è nato il discorso da testimone del detective

Steven Moffat racconta la creazione del discorso pronunciato da Sherlock Holmes durante il matrimonio di John Watson, nella puntata The Sign of Three

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Spoiler Alert
Steven Moffat ha raccontato a Vulture come è nato il discorso di Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) durante il matrimonio di John Watson (Martin Freeman).

Le parole pronunciate dal detective in The Sign of Three non sono infatti presenti nei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle perché il dottore e Mary Morstan si sposano senza che venga dato particolare spazio all'evento.

Moffat, creatore della serie britannica Sherlock, si ricorda di essere stato sorpreso da questo dettaglio quando ha letto i libri. A dodici anni si è infatti chiesto perché il detective non fosse stato scelto come testimone dall'amico e perché non ci fosse la descrizione del lieto evento. Steven ha spiegato di aver pensato:

“Sarebbe stata la migliore storia di tutto il mondo, non mi importa se c'è un crimine in corso oppure no, perché dovrebbe essere stato il migliore, e al tempo stesso peggiore, discorso di sempre!”.

Moffat ha quindi avuto modo di realizzare il suo sogno di bambino scrivendo il copione della terza stagione dello show. Per farlo ha messo a frutto la sua esperienza personale, essendo stato per ben tre volte un testimone alle nozze dei suoi amici, e ha riflettuto per anni su come Conan Doyle avrebbe ideato il discorso, giungendo alla conclusione che sarebbe stato emozionante, anche se avrebbe contenuto alcuni momenti imbarazzanti.

Steven ha spiegato che si è immedesimato in Sherlock e ha capito che il detective si sarebbe seduto a un tavolo e avrebbe pensato che tutti erano preparati a un suo disastro. Per questo motivo Holmes avrebbe cercato di convincere i presenti di essere sul punto di rovinare tutto per poi sorprenderli dicendo qualcosa di adorabile. Il creatore della serie ha poi proseguito:

“Ho sempre pensato che avrebbe gestito bene la situazione perché si preoccupa del suo amico e non lo avrebbe voluto deludere”.

Nella puntata si può anche vedere quanto il protagonista sia coinvolto dall'organizzazione del matrimonio perché si può notare nel suo appartamento un modellino del luogo in cui si sarebbe svolta la cerimonia e nel suo computer ci sono le bozze del design degli inviti. Arwel Jones, production designer di Sherlock, ha spiegato:

“Vuole bene a John, ed è un maniaco del controllo, quindi è in realtà molto coinvolto dall'organizzazione del matrimonio”.

La versione finale del discorso è composta da diverse parti. L'inizio non è molto promettente con una spiegazione del perché il detective associ ai matrimoni pensieri negativi, poi il protagonista inizia a lodare John (Moffat ha spiegato che si è ispirato per quelle battute a L'avventura del soldato sbiancato). Steven ha quindi aggiunto delle affermazioni che evidenziano come Sherlock si voglia ritrarre in modo diverso da quello che è in realtà:

“Vorrebbe veramente essere un sociopatico, ma non lo è affatto. Il meraviglioso dramma di Sherlock Holmes è che aspira a degli standard straordinari. In realtà è un uomo assolutamente ordinario con un grande, grandissimo cervello. Ha represso le sue emozioni, le sue passioni, i suoi desideri, per far lavorare meglio la sua mente. Una scelta, in sé, molto emotiva e che suggerisce come potrebbe essere veramente sensibile se deve essere costretto ad allontanarsi dai sentimenti. Semplicemente penso che Sherlock Holmes debba esseere sul punto di scoppiare!”.

La parte finale del suo discorso è infatti un momento molto sincero e toccante in cui celebra la sua amicizia con Watson e ne loda le qualità, sottolineando come la sua amicizia lo abbia reso un uomo migliore. Sherlock coglie inoltre l'occasione per dire a Mary (Amanda Abbington) che merita l'amore di John e questo è per lui il complimento più grande che possa farle. Le ultime parole sono riservate a dichiarare il suo appoggio alla coppia e a ricordare come sarà sempre pronto a sostenere John, proprio come farà Mary.

Moffat ha ammesso di aver pianto mentre scriveva la conclusione dell'intervento di Sherlock, e abitualmente non si lascia mai coinvolgere così tanto:

“Non piango per niente a meno che le mie dita non vengano intrappolate in qualcosa. Non ho pianto nemmeno quando ho scritto l'addio tra Amy e Rory in Doctor Who. La tristezza non mi fa piangere. Penso che forse lo faccia una semplice espressione di devozione”.

Fonte: Vulture

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