Sequestri antipirateria: maldestri e ignoranti

Il maxisequestro della polizia postale ai danni di diversi cyberlocker mostra non tanto il rispetto di una norma ma il calpestarne moltissime altre per profonda e ingiustificabile ignoranza

Critico e giornalista cinematografico


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ome molti già sanno nei giorni scorsi la Polizia Postale ha emesso un ordine di sequestro preventivo diretto a 27 siti tra cyberlocker e piattaforme di sharing (l’elenco in coda all’articolo). Questo significa che tutti gli ISP italiani (da Telecom a Fastweb a Infostrada e via dicendo) sono obbligati ad inibire l’accesso agli indirizzi in questione (bloccati proprio a livello DNS).

In sostanza è impossibile visitarli perchè chi fornisce la connessione ad internet non abilita le linee degli utenti italiani ad arrivarci.

Il motivo è violazione del copyright. A seguito di un mese di indagini e dietro la denuncia di Sunshine pictures, distributore italiano di Un mostro a Parigi, la polizia ha infatti scoperto che il film in questione era visibile/scaricabile da questi siti in maniera illegale. Dunque ha ordinato il sequestro preventivo.

L’operazione appare ineccepibile. C’è una legge, c’è una denuncia, c’è un torto effettivamente rilevato e c’è la pena conseguente, impossibile obiettare su questa catena, la pirateria di opere protette da copyright è un crimine serio, esistono sanzioni in merito e ogni operazione mirata alla sua repressione è totalmente legittima.

Quello che però in molti non fanno notare è la maniera in cui tale operazione è stata condotta, ovvero calpestando diverse altre norme e diritti. La motivazione di quest’atto (che non è di certo il primo) è ignota ma è facile ipotizzare che sia frutto di semplice ignoranza, ovvero della convinzione che tutto ciò si possa fare e che non sia un danno la soppressione di siti che contengono anche migliaia (se non milioni) di file ospitati legalmente, di proprietà di utenti che non infrangono la legge.

Ai “danneggiati” (cioè ai produttori e distributori) queste argomentazioni fanno abbastanza ridere e sono soliti tralasciarle, di fronte alla conquista (dal loro punto di vista) di aver finalmente represso un importante hub di pirateria, contemporaneamente dimostrando a tutti con un’operazione clamorosa che la legge c’è e viene fatta rispettare. Ma questo, di nuovo, è solo per la loro profonda ignoranza delle questioni in materia di tecnologia e rete. Non conoscono nè internet, nè cosa vi accada, nè le sue potenzialità, nè l’uso che ne persone ne fanno e da questo vuoto intellettuale si origina tutto.

Nessuno si sognerebbe mai, rilevato un illecito (magari anche grave) in una trasmissione televisiva, di far chiudere l’intero canale. Nessuno si sognerebbe mai, rilevato un illecito in una stanza di hotel, di far chiudere tutto l’hotel sbattendo fuori dalle camere gli altri clienti. Le cose, semplicemente, non funzionano così, in uno stato la forza e la legge sono amministrati ed esercitati con una cura maniacale per il rispetto delle libertà altrui, muovendosi negli stretti confini del diritto. Quando si tratta di internet invece tutto è lecito, questi diritti non vengono fatti valere nè tantomeno rispettati, in primis dalla polizia, poichè non vengono percepiti come tali. Perchè, di nuovo, c’è ignoranza.

Un’altra cosa che i “danneggiati” non vogliono sentire è che questo tipo di operazioni calpestano la libertà di parola. Ma, ci si intenda, nessuno sostiene che piratare sia un’espressione della libertà di parola (o meglio qualcuno lo fa, ma non stiamo ad ascoltare argomentazioni senza senso e concentriamoci su quelle sensate), la libertà di parola è calpestata quando si procede come un elefante e, soprattutto, quando si creano precedenti simili. Che la polizia possa chiudere di fatto (anzi ancora peggio, sequestrare preventivamente) 27 siti dall’oggi al domani per una sola violazione è un precedente pericolosissimo, sarebbe impensabile che una cosa del genere accadesse per un giornale nel quale un articolo o un giornalista violano la legge, e questo perchè esercitare in questa maniera il potere calpesta tantissime libertà (tra cui quella di parola). Libertà che chi non percepisce come determinanti oggi, è miope verso le questioni realmente importanti e non comprende che lo saranno, per tutti e in maniera evidente, domani.

L’operazione “Un mostro a Roma” (si, è stata chiamata così), è tra le più imponenti di sempre, l’unico precedente assimilabile lo si è registrato in America nel 2010 (quando 70 domini furono sequestrati), è un motivo se altre operazioni di quest’importanza non sono state fatte c’è. Lo ripetiamo, l’atto è perfettamente legittimo, la maniera in cui è stato condotto per nulla, è da paese totalitario, è da dittatura, nel senso che non si cura di tutti i diritti ma ne tutela solo alcuni tralasciandone altri, nel senso che per arrivare al suo obiettivo è pronto a fare ogni cosa.

La rete non si tratta in questa maniera e la profonda ignoranza dei suoi meccanismi, delle sue dinamiche e quindi dei diritti di chi ci lavora ma anche di chi la abita (i proprietari di file e dati contenuti legalmente nei cyberlocker sequestrati) sta causando dei precedenti che poi faremo fatica ad ignorare. In questa maniera la polizia si arroga il diritto di sopprimere per un sospetto. E non va bene.

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