Screening Room incassa il no di Nolan e Cameron. Quanto ancora possono resistere?

Il regista di Inception e quello di Avatar non sono per niente convinti che Screening Room possa essere buono come sostengono i loro colleghi

Critico e giornalista cinematografico


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Da diversi giorni l’argomento Screening Room sta riportando in auge ad Hollywood il dibattito sulla contemporanea tra sala e home video. Sembrava il consueto progetto senza futuro di portare a casa i film nello stesso momento in cui vanno al cinema (che poi è quello che, illegalmente, fa la pirateria), ma ad un’occhiata più vicina si è dimostrato così buono e ben congegnato da raccogliere i favori di una delle più grandi catene di sale cinematografiche d’America (la AMC) e quelli molto concreti di registi come Martin Scorsese, Ron Howard, J.J. Abrams, Steven Spielberg e Peter Jackson, tutti diventati azionisti della società.
Come prevedibile però, dopo una prima ondata di consensi ora arrivano “i contrari”, capitanati di Christopher Nolan.

Dietro all’idea c’è Sean Parker, ovvero la mente che a fine anni ‘90 ha di fatto creato il moderno concetto di pirateria con Napster e che ha avuto anche una certa importanza nelle fasi fondative di Facebook (era interpretato da Justin Timberlake in The Social Network). Screening room è un servizio che si basa su una tecnologia oggi elementare: si compra un set top box, una scatoletta connessa ad internet da attaccare al televisore, e attraverso di essa si noleggiano legalmente i medesimi film che stanno uscendo in sala da vedere in streaming. I dettagli che lo differenziano da quanto di simile fatto in precedenza e che gli hanno fatto incassare tutti questi favori sono due. Da una parte il costo, ovvero 150$ per il set top box e 50$ per 48 ore di noleggio dei film; dall’altra la divisione dei proventi con una buona quota che va alle sale cinematografiche (nonostante non facciano niente), una ai detentori di diritti e solo infine una a Screening Room.
Insomma non è un servizio per tutti, non è “di massa” visti i prezzi, e contemporaneamente è pensato per non mandare in crisi le sale ma anzi aiutarle.

Se si guarda la questione della circolazione dei film da un punto di vista meramente tecnologico e non cinematografico è abbastanza evidente che presto o tardi arriveremo alla contemporanea. Un po’ perché già ci siamo, la pirateria lo fa anche se illegalmente e con qualità spesso scadente il che significa che la contemporanea è già nelle abitudini di moltissime persone, già è una realtà che non sì può fermare, negarlo a noi stessi non serve. E un po’ perché storicamente nessuno ha mai fermato la tecnologia, l’evoluzione tecnologica non funziona così, non è possibile fermare una possibilità troppo a lungo.
In questo senso Screening Room sembra davvero la miglior quadratura del cerchio vista fino ad ora (anche se ancora deve arrivare il parere dei produttori) e se pure dovesse fallire il suo modello potrebbe fare da base per qualcun altro che in un prossimo futuro certamente riuscirà nell’impresa. Impresa che, va detto, appare di una semplicità e necessarietà disarmante: rendere legale e quindi profittevole per gli aventi diritto ciò che già esiste ma da cui nessuno guadagna.

Non a caso nel partito dei “favorevoli” Peter Jackson è quello che ha parlato più chiaramente, spiegando che Screening Room invece che mangiare spettatori alle sale li può allargare, può cioè portare i film a chi al cinema non ci andrebbe. Noleggiare a 50$ significa non solo avere una famiglia numerosa (pensate al costo di 3-4 biglietti più benzina per andare, popcorn, parcheggio… Non è molto diverso) ma anche essere davvero determinati a non andare in sala.
Nel partito degli avversi da oggi invece si schiera Christopher Nolan assieme a James Cameron e al suo produttore Jon Landau. Purtroppo le loro argomentazioni non sono però altrettanto chiare e nuove. Sembrano ragionare come se Screening Room fosse un servizio non diverso dagli altri.

Nolan ha dichiarato di essere daccordo con quanto detto da Cameron e Cameron ha lasciato la parola a Landau che ha parlato di “santità della sala” e ha detto di non capire come mai “le sale vorrebbero fornire al pubblico un incentivo per smarcarsi dalla fruizione sul grande schermo”. L’argomentazione più concreta e logica sembra però quella sfiorata da Landau quando dice “Per noi da un punto di vista creativo ed economico rimane essenziale che i film siano offerti prima di tutto ed esclusivamente in sala”.
Nessuno si illude che questa sia una battaglia per l’arte, sia chiaro, è una battaglia per capire quale sia il modo migliore di sfruttare economicamente un film. E da una parte c’è chi ritiene che il modello attuale sia insuperabile, cioè avere diverse fasi ben separate, così da trarre il massimo da ognuna (prima la sala, poi video on demand e home video, poi Pay Tv ecc. ecc.), mentre dall’altra c’è chi ora ritiene che Screening Room potrebbe aumentare la base di consumatori.

Per gli amanti del genere questa volta, come al solito, il parere dell’associazione di categoria degli esercenti è il meno ragionevole e il più dogmatico. Anche se sono statunitensi. Il loro punto di vista su tutta questa questione così complessa è che comunque, qualsiasi novità nel mondo della catena di sfruttamento di un film va discussa con loro ed elaborata assieme ai distributori “non da una terza parte”, che poi sarebbe un modo di fare riferimento a Screening Room, senza nominarli. In parole povere “se vogliamo ce lo facciamo da soli”.

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