Scream 5: l’anzianità e lo scorrere del tempo | BadBuster

L’annuncio del quinto capitolo della saga creata da Kevin Williamson è un colpo alla carta d’identità di chi con Scream è cresciuto

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Qualche giorno fa ho avuto l’occasione di vedere Scare Package, un’antologia datata 2019 composta da sei corti + uno che fa da cornice, tutti più o meno catalogabili come “meta-horror”. In quegli stessi giorni è stata annunciata la data di uscita di Scream 5. Le due cose messe insieme mi hanno fatto sentire vecchio come non mi succedeva dal giorno del quarantesimo compleanno di Macaulay Culkin.

Ghostface, una vita per il meta-

Il meta-horror, cioè l’horror fatto per parlare del genere, che sia per parodiarlo, omaggiarlo, criticarlo o decostruirlo, non è stato inventato da Scream (senza tornare indietro a Fright Night o a Demoni, lo stesso Wes Craven aveva provato qualcosa di simile solo due anni prima con Nightmare - Nuovo incubo), ma non c’è dubbio che la creatura di Kevin Williamson abbia contribuito non solo a popolarizzarlo, ma anche a semplificarlo e spostarlo dal recinto dell’esperimento intellettuale per portarlo a pascolare nei più fertili prati della parodia pura (ancora oggi ci sono discussioni se sia più meta- Scream o Scary Movie). Dal 1996 a oggi sono usciti una valanga di film horror che parlano in qualche modo del genere, e non hanno smesso neanche dopo l’uscita di Quella casa nel bosco, che doveva in qualche modo mettere la parola “fine” al sottogenere.

Fa quindi un certo effetto vedere che ancora oggi c’è chi si cimenta con la scrittura di opere che servono a discutere dei meccanismi che stanno alla base di ogni horror, e ancora più effetto sapere che lo farà ancora, per la quinta volta, anche il capostipite di tutta la tendenza. Ci sono ancora da qualche parte meccanismi da sviscerare, ingranaggi di cui scoprire il funzionamento o archetipi da smitizzare e decostruire? È ormai da qualche anno che lo slasher, nella sua variante teen o meno, è un po’ passato sullo sfondo nel panorama del genere, soppiantato in prima fila dal ritorno del folk horror, dalla proliferazione di horror arty slow burn nei quali non succede nulla fino agli ultimi venti minuti, dall’inaspettata nuova esplosione di fantasmi insidiosi, demoni e case infestate di varia natura. Come farà Scream 5 a inserirsi in questo contesto e a dire qualcosa di nuovo? Oppure la produzione punterà sulla pura nostalgia, sul ricalcare certi stilemi che nel 1996 erano innovativi e che nel 2022 assomiglieranno più a una ricostruzione storica in costume?

Un tempo fu la maratona

Uno dei punti di forza della saga di Scream, almeno dei primi tre capitoli, e una delle sue caratteristiche più involontariamente meta-, è sempre stata la facilità con cui si presta alle maratone halloweeniane – il modo in cui il primo film sfuma naturalmente nel secondo e questo a sua volta nel terzo finché non è tardissimo ed è ora di andare a letto (o di guardare il sole sorgere, a seconda dell’ora a cui avete cominciato la maratona). Mi rendo conto che l’affermazione non ha alcun carattere scientifico, ma aneddoticamente posso testimoniare che la maratona Scream 1-2-3 è stata per anni un appuntamento fisso, che solo l’uscita di Scream 4 ha un po’ rallentato. Non tanto, o non solo, per il crollo di qualità che coincide con il quarto capitolo, ma anche per questioni di tempo, di peso che si accumula film dopo film, e del modo in cui questo interagisce negativamente con l’età di chi partecipa.

Scream 5 aggiungerà altri 90 e qualcosa minuti alla durata di una maratona Scream, il che come dicevo va di pari passo con l’inevitabile invecchiamento del maratoneta. Più sonno, meno tempo libero, più film da vedere: la saga avrebbe bisogno di venire snellita, non appesantita. “Mica abbiamo tutti quarant’anni!” farete giustamente notare voi. E qui si innesta la mia seconda riflessione: assumendo che l’affermazione “una maratona horror la notte di Halloween te la godi di più a vent’anni che a quaranta” sia corretta, quante sono le probabilità che Scream 5, o quale sarà il suo titolo, riesca a fare breccia in una generazione di fan che è venuta su con Babadook, It Follows, The Vvitch o i mille capitoli di Insidious e Conjuring? Cos’avrà mai da dire un’opera meta-slasher a un pubblico che non è più abituato allo slasher, e come farà a convincerlo a riguardarsi anche altri quattro capitoli di una saga che parla di stilemi, archetipi e trope che non sono più in primo piano nel linguaggio collettivo del genere?

Ricomincio da capo

L’alternativa è che Scream 5 rinneghi tutto e riparta da zero, spostando il focus della sua meta-riflessione altrove. Dove? È una domanda alla quale non riesco a trovare una risposta; l’unica soluzione plausibile è che i riferimenti siano i succitati slow burn tipo The Invitation o You’re Next, che con Scream e certi slasher condividono quantomeno un certo approccio corale al racconto e l’attenzione alle dinamiche interpersonali – ma è possibile immaginare uno Scream che rinunci ai suoi aspetti più pop per diventare un’opera di meta-mumblecore con qualche occasionale esplosione di violenza?

Dare un giudizio senza avere dati concreti in mano è impossibile, ma i dubbi restano; se invece preferite un approccio più ottimista, vedetela così: per fare successo Scream 5 dovrà tornare a stupire e per questo avrà milioni di occhi addosso, e attirare tutta questa attenzione a 26 anni dal primo capitolo non è impresa facile.

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