Salma Hayek, John Travolta e Oliver Stone a Roma per Le Belve
Insieme sono un pezzo di storia del cinema anni ‘90 e ora hanno fatto un film quasi pulp: abbiamo incontrato Oliver Stone, Salma Hayek e John Travolta a Roma...
John Travolta e Salma Hayek, un pezzo di storia postmoderna del cinema anni ‘90 e 2000. Il primo è un eroe del capolavoro tarantiniano, simbolo stesso del rimasticare la cultura bassa del passato per trasformarla in alta, la seconda è stata per anni il centro intorno al quale vorticava il cinema di Rodriguez.
C’è mai stato qualcuno che nella follia produttiva hollywoodiana ti ha proposto di riportare in vita Tony Manero?
John Travolta: Non sono un grande fan dei sequel perchè sono appassionato del nuovo. Qualcuno ne ho fatto e uno anche con Tony Manero, lo avevamo reso un performer di Broadway perchè ci sembrava coerente con la sua personalità e penso ancora che lo sia. Non saprei dire oggi dove potrebbe essere, avrebbe di certo la mia età, forse un poco più giovane, ma per il resto non saprei davvero. Quel che so è che era un sognatore, che voleva essere migliore della piccola città dove viveva e che voleva provocare il conformismo delle persone, uno che non esitava ad attaccare briga. Chissà che ne sarebbe di lui oggi...Le belve è un film che non è troppo lontano dal cinema pulp anni ‘90. Che differenze hai notato tra il cinema di Rodriguez che hai fatto per anni e questo di Oliver Stone?
Salma Hayek: Quello che fa Robert è molto cool, e anche Quentin Tarantino si muove nello stesso ambito. Però loro ritraggono una realtà che è estratta da altri film, Oliver Stone invece è più come un giornalista, lui racconta una realtà estratta dalla vita. Le regole della violenza ad esempio, in un film di Rodriguez sono coerenti con quel contesto di una realtà fittizia.Come mai oggi fai molti meno film di una volta?
Salma Hayek: Un po’ ho smesso per la famiglia e perchè non ricevevo più proposte di personaggi interessanti. Il più interessante me lo sono dovuto scrivere e produrre da sola, ci ho anche vinto un Oscar ma lo stesso nessuno mi ha chiamata per parti simili [Frieda ndb]. Adesso poi ho anche una società di produzione che mi impegna e ho 45 anni, non mi va di allontanarmi dai miei figli per fare un’altra volta il solito ruolo. Insomma se mi vuoi nel tuo film o mi dai una parte molto piccola oppure dev’essere una produzione in cui siamo tutti amici che hanno anche loro dei figli della stessa età dei miei e che siano amici con i miei. E’ andata così per Un weekend da bamboccioni. Ci saranno stati almeno 15 bambini sul set. E’ stato divertentissimo. A prescindere dal risultato!!Per questo film avete lavorato lasciando molto la mano libera agli attori non è vero?
Salma Hayek: Sì Oliver Stone è fantastico, ti chiede di portare tantissimo al tuo personaggio. Abbiamo fatto molte prove che lui registrava e molti dei dialoghi che improvvisavamo sono stati poi aggiunto alla sceneggiatura. La scena della cena tra me e Blake Lively l’abbiamo praticamente riscritta improvvisando. Ma anche quando mi strappo la parrucca è un’aggiunta frutto di un’improvvisazione. Non era previsto per nulla, ma in quel momento odiavo così tanto il mio personaggio che mi è venuto spontaneo e ad Oliver è piaciuto.
L’unica cosa che mi dispiace è che c’era anche una bellissima scena tra me e Benicio Del Toro, secondo me quella che mi è riuscita meglio, che poi non è finita nel montaggio finale.
Benicio Del Toro, il terzo gran leone del film, era l’assente più illustre ed è tornato nei discorsi degli intervistati anche in un altro paio di occasioni, proprio per le sue doti sul set.
Oliver Stone: Benicio è pazzesco, devi seguirlo perchè alle volte ti regala delle sorprese bellissime. C’è un momento nel film in cui minacca il personaggio di John [Travolta], e quel movimento che fa di levare il pomodoro dal panino e poi mangiarlo è una sua idea, nulla di tutto quello era previsto, ma è perfetto.
...e sulla stessa scena anche John Travolta aveva da raccontare:
John Travolta: “Ha degli occhi penetranti. Quando lo supplico di non uccidermi ho dovuto dare il mio meglio, cioè sentivo di dovermi sforzare davvero al massimo perchè quando mi guardava con quegli occhi, senza dire nulla era come se mi gridasse che non mi credeva”.
Quasi verso la fine delle interviste Oliver Stone fissa il suo sguardo sui cartelloni del film dietro alla stampa.
Sono quelli che indicano la tagline “Giovani. Belli. Spietati.” (vedi foto a lato): non proprio una scelta azzeccatissima per il film, i personaggi in questione non stanno lì per il loro aspetto e non sono di certo spietati, quantomeno non di natura. Il regista chiede alla traduttrice che cosa vogliano dire quelle tre parole italiane e mentre la traduttrice lo spiega rimane immobile a guardare fisso il cartellone, anche quando lei ha finito di spiegarlo. Rimane così per circa tre secondi, senza dire nulla, senza cambiare espressione. Dopodichè ricomincia a rispondere da dove aveva interrotto.