Sacha Baron Cohen: il ritorno nei panni di Borat è stata una forma "di protesta pacifica"
Sacha Baron Cohen è tornato a parlare del perché, a quasi quindici anni di distanza dal primo Borat, ha indossato ancora i suoi panni
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Non si tratta di un film fatto da scherzi, ma di una mia forma di protesta pacifica. Si è trattato del primo film in cui sono stato incoraggiato a indossare un giubbotto anti-proiettile in un paio di scene. Una era quella del raduno a Washington dove ho cantato una canzone intitolata "l'influenza di Wuhan". E sì, in quell'occasione un po' di persone si sono staccate dalla folla per assaltare il palco, hanno sopraffatto la sicurezza e uno di loro aveva effettivamente estratto la sua pistola. Sono stato estremamente fortunato ad avere una guardia del corpo eccezionale che ha afferrato il braccio di questo tizio sussurandogli le parole "Non ne vale la pena amico".
British actor, writer & producer @SachaBaronCohen is in two of the most critically-acclaimed films of the past year: a surprise #Borat sequel & Aaron Sorkin’s @trialofchicago7.
— CBS Mornings (@CBSMornings) January 22, 2021
He spoke exclusively with @AnthonyMasonCBS about why he was so driven to make both films. pic.twitter.com/3T1VOrm9DW
Sacha Baron Cohen parla, chiaramente, della ben nota scena al comizio di estrema destra girata a giugno del 2020. L’attore si era presentato sul palco di un comizio politico di estrema destra a Olympia, nello stato di Washington accuratamente travestito da cantante bluegrass, per poi iniziare a cantare una canzone in cui si parlava a proposito di contagiare col virus di Wuhan il traditore Obama e di “fare a pezzi i giornalisti così come fanno gli arabi”. In questo articolo potete anche vedere un video con la rocambolesca fuga dell'attore a bordo di un'ambulanza e scoprire, grazie alle sue parole, come mai la situazione sia degenerata a quei livelli.
In questo sequel Borat non è più il presentatore semisconosciuto kazako del 2006. Oggi tutti sanno chi è, quindi deve andare sotto copertura per intervistare le persone.
Il primo film, Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan, è uscito nel 2006 in America e nel 2007 in Italia. Costato 18 milioni di dollari, ne incassò poi quasi 262 a livello globale.