Roald Dahl: la famiglia dello scrittore si scusa per le sue ben note posizioni antisemite
Quello dell'antisemitismo di Roald Dahl è un problema che torna a cadenza regolare agli onori della cronaca...
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La famiglia Dahl e la story company di Roald Dahl sono profondamente dispiaciute per il duraturo e comprensibile dolore causato da alcune dichiarazioni di Roald Dahl. Queste osservazioni e questi pregiudizi sono incomprensibili per noi e segnano un profondo contrasto con l'uomo che conoscevamo e i valori stessi che rappresentano il cuore delle sue storie. Storie che hanno avuto un impatto positivo sui giovani di tante generazioni. Speriamo che, al suo meglio come al suo peggio, Roald Dahl possa aiutarci a tenere bene a mente il duraturo impatto che le parole possono avere.
C'è un tratto, nel carattere degli ebrei, che provoca una certa animosità, forse è una mancanza di generosità verso i non-ebrei. Voglio dire, c'è una ragione se l'anti-qualsiasi cosa salta fuori dappertutto. Anche un fetido come Hitler non è che se l'è presa con loro senza ragione.
Una posizione ribadita anche nel 1990 sull'Independent:
Sono sicuramente anti-Israeliano e sono diventato anti-semita nella stessa misura in cui una persona ebrea in un paese come l’Inghilterra può sostenere in modo acceso il sionismo. È sempre la solita vecchia storia: sappiamo tutto sugli ebrei e tutto il resto. Non ci sono editori non-ebrei. Controllano i media - una cosa furba da fare - ed è per questo che il presidente degli Stati Uniti d'America ha dovuto vendere la sua roba a Israele.
La tempistica di queste scuse ufficiali della famiglia di Roald Dahl non è chiarissima e, in ogni caso, non è stata neanche contattata alcuna organizzazione ebraica attiva in ambito di antisemitismo e dintorni. Certo è che l'accordo da un miliardo di dollari siglato da Netflix per dei nuovi adattamenti filmici e seriali delle storie di Roald Dahl e l'annuncio di una nuova serie TV di Charlie e la fabbrica di cioccolato diretta, scritta e prodotta da Taika Waititi, potrebbe aver dato una spinta non indifferente a una presa di posizione preventiva visto e considerato che, oggigiorno, i social non perdonano e la cosiddetta "bad publicity" è sempre dietro l'angolo. Anche post-mortem.