La Repubblica shock contro i manga

Sul quotidiano nazionale, La Repubblica, un articolo guazzabuglio di idiozie e di offese al popolo giapponese e a un simbolo della sua cultura: i manga

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Su un articolo uscito ieri su La Repubblica si leggeva nel trafiletto:

Il termine “manga” significa letteralmente immagini stravaganti. Spesso sono storie porno incentrate sui minori con scene di sesso e violenza.

L'occasione per scrivere una tale assurdità è stata la legge antipedofilia votata in Giappone il 18 giugno scorso che inasprisce la pena per i detentori di materiale pornografico in cui sono coinvolti minorenni. Ecco l'incipit dell'articolo digitale che sul sito del quotidiano si rifà a quello cartaceo:

Cade in Giappone un altro pezzo del muro che sostiene l'ossessione sessuale di uno dei popoli più repressi del mondo.

E più avanti:

Resiste ora l'ultimo bastione del sesso rivolto ai maniaci dei bambini: i "manga", i famosi fumetti nipponici, e i film d'animazione. Produttori di "anime" e di cartoon sono riusciti a far dichiarare illegale solo lo sfruttamento di minori in carne ed ossa, ma non i sogni pedofili partoriti dalla fantasia. Nel nome della «libertà d'espressione» e dell'arte, i giapponesi potranno continuare a sfogliare le popolarissime storie porno incentrate sui minori, o a guardare cartoni animati con stupri e violenze ai danni di teenagers.

Non sappiamo se l'autore del pezzo cartaceo e di quello digitale, non firmato, e del quale sappiamo solo essere “Il nostro corrispondente da Pechino” siano la stessa persona. La dabbenaggine dimostrata è identica. Da questo guazzabuglio di idiozie e di offese al popolo giapponese e a un simbolo della sua cultura, emerge un dato, forse il più preoccupante, l'aberrante campagna contro la libertà d'espressione di cui si fa portavoce un giornale progressista come La Repubblica. Il “nostro inviato da Pechino” non ha mai letto un capolavoro come La morte a Venezia di Thomas Mann e seguendo ciò che afferma tra le righe, non dovrebbe più averne diritto di farlo nessuno.

Il web è tacciato spesso dai giornali e dalla TV come quel limbo mediatico dove non vi è differenza tra verità e menzogna, tra realtà e sofisticazione, in cui chiunque può scrivere ciò che gli pare. I primi due media deterrebbero una sorta di autorità intellettuale e d'informazione quasi fosse il mezzo utilizzato a darne garanzia. Professionalità, titoli e iscrizioni a un albo sono solo i presupposti necessari per una qualità della comunicazione che questa volta è mancata alla redazionale di uno quotidiani più prestigiosi del nostro Paese.

[caption id="attachment_17301" align="aligncenter" width="119"]La Repubblica contro i manga La Repubblica contro i manga[/caption]

Fonti: sito FB di MagicPresswww.repubblica.it

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