Prometheus non è il prequel di Alien. E' Alien...
I legami tra i due film di Ridley Scott non sono tanto nella trama quanto nella struttura. Visti nel loro scheletro infatti i due film sono quasi uguali...
Attenzione: lo speciale che segue contiene molti spoiler ed è pensato per essere letto dopo la visione del film.
Prima di lasciarvi alla lettura dello speciale, vi ricordiamo che potete trovare la nostra recensione di Prometheus a questo link.
Quello che invece in pochi avevano sottolineato è con quale rigore il regista si sia basato sulla struttura narrativa e i punti di forza di Alien per realizzare Prometheus, e quanto quindi questo secondo film, considerate le differenze di trama, sia identico al primo. Si tratta di quelle pietre angolari del racconto che lo stesso Scott aveva incastrato perfettamente nel 1979 e che ora riutilizza per arrivare al medesimo risultato: girare un film di fantascienza che si contamini d’horror, in grado di agganciare il terrore nei riguardi dell’ignoto ad una viscerale paura dell’organico e della penetrazione carnale.
Detto questo i due lungometraggi, pur avendo trame molto diverse, sono praticamente sovrapponibili.
Se escludiamo il prologo di Prometheus, entrambi partono con la fine di un sonno criogenico e il conseguente risveglio dell’equipaggio di una nave. Questo non è composto, come tipico, da militari o personale addestrato ma da uomini e donne non avvezzi alla guerra. Prima erano una specie di camionisti dello spazio, impiegati di una nave cargo (la Nostromo) ora sono scienziati (anche se i piloti della Prometheus non sono lontani dall’idea di un camionista dello spazio). In entrambi è presente un androide che culla un segreto e ha un doppio fine, che anche in questo caso sembra coinvolgere l’idea di trovare, far germogliare e dunque riportare sulla terra lo xenomorfo, ovvero una delle armi di distruzione più potenti dell’universo. Nel primo film la sua natura robotica è nascosta, qui invece è subito chiarita perché la diversa trama prevede per Michael Fassbender un ruolo più centrale di quello di Ian Holm.
Con la scusa dello svolgersi dei due film nel medesimo universo Ridley Scott può arredare l’interno della nave Prometheus come quello della Nostromo. Si ritrovano le medesime forme geometriche, le medesime sezioni, il medesimo design e anche lo stesso tavolo luminoso nello stesso ambiente comune nel quale, dopo il risveglio dal sonno criogenico, tutti si ritrovano per mangiare. La prima discesa esplorativa sul pianeta anche è abbastanza simile in entrambi i film . Se nel primo c’era il confronto con il gigantesco space jokey (che ora sappiamo essere un ingegnere pronto a far decollare la nave) qui c’è quello con la testa gigante, entrambi sono testimonianze mastodontiche di un’altra civiltà che compaiono a sorpresa e hanno il compito di impressionare. E simili sono anche le conseguenze della discesa: portare a bordo, non volendolo, un esemplare alieno che viene studiato e messo sotto vetro. Nel primo film avviene a seguito della famosa fuoriuscita dalla pancia di John Hurt, qui è nella duplice forma della testa d’alieno e della materia nera prelevata da David l’androide che, inevitabilmente finirà nella pancia di qualcuno.
Quello della gestazione fetale infatti è un topos di tutta la saga di Alien che non poteva mancare. Scott non rinuncia ad un ingestione orale degli alieni (avviene per uno degli scienziati che rimangono abbandonati nella caverna/astronave) e nemmeno a quello dell’estrazione dallo stomaco, solo che questa volta il meccanismo non è più la fuoriuscita accidentale e violenta durante un pasto ma un’incredibile operazione chirurgica condotta dalla stessa paziente.
Risultato e obiettivo però, ancora una volta, sono gli stessi: una scena madre del film che rimanga impressa per il modo impressionante in cui mescola carne umana e carne aliena.
Ad un certo punto sembra anche di sentire l’eco di un’altra scena molto famosa di Alien, quella della caccia allo xenomorfo nelle conduttore, condotta con montaggio alternato tra il cacciatore armato di lanciafiamme e l’equipaggio che controlla la posizione dell’alieno al computer. Avviene quando dalla sala computer della Prometheus sembra di aver registrato un movimento alieno, proprio nel momento in cui i due scienziati sono rimasti intrappolati. Ma le similitudini si fermano ad un momento perché poi la scena prende un’altra piega.
Scoperti gli alieni, la loro presenza e la necessità di dare loro la caccia i due film compiono la medesima parabola. L’eroina androgina rimane infatti sempre più sola nel combatterli e nella grande corsa finale (nel 1979 a dare il tempo era il countdown del computer qui sono i minuti che mancano alla fine dell’ossigeno) finisce per ritrovarsi di nuovo assieme all’alieno in uno spazio molto più stretto di prima (un modulo distaccato). In Prometheus però gli alieni, dunque le minacce, sono due e la soluzione (sempre per un colpo d’astuzia) sta nel far sì che si annullino a vicenda. Curioso che l’azione della protagonista però sia la medesima: rimanere in attesa fino all’ultimo secondo e poi premere un pulsante per aprire un portellone. Ed è anche impossibile non notare come sia presente una delle inquadrature più memorabili di Alien ovvero il volto disperato di Ripley illuminato ad intermittenza da una luce filtrata da una ventola.
E’ infine esplicita come poche altre la citazione della decapitazione dell’androide, lasciato con solo la testa, mentre dalla bocca esce liquido bianco e pronto a rivelare tutti i suoi segreti.