Peter J. Tomasi e Sara Duvall presentano The Bridge, epopea sul ponte di Brooklyn

Peter J. Tomasi racconta, con Sara Duvall, la storia umana, familiare e politica del ponte di Brooklyn

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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The Bridge: How the Roeblings Connected Brooklyn to New York. Il titolo dice poco ai lettori italiani non appassionati, tanto, di Storia americana o del passato della città di New York. Si tratta di una vicenda reale, poco nota anche al di là dell'Oceano.

Peter J. Tomasi e Sara Duvall sono gli autori di questa graphic novel che racconta la creazione, la realizzazione del ponte più famoso del mondo, quello che unisce il borough di Brooklyn a quello di Manhattan. Una vicenda gloriosa e tragica, che riguarda John e Washington Roebling. Padre e figlio, assieme alla madre e moglie Emily, sono i responsabili dell'esistenza dell'opera. E la loro vicenda umana, imprenditoriale e familiare è al centro di una storia che ha causato un certo interesse in America.

The Bridge, copertina di Sara Duvall

Tomasi - Ho scritto The Bridge pensandolo come una sceneggiatura cinematografica, originariamente. Finì sulla Black List, una lista delle migliori proposte rimaste senza produzione dell'anno. Ho sempre pensato che sarebbe stato un ottimo film, dato che si tratta di una storia incredibilmente romantica, avvolta dentro una vicenda epica, che parla di durezza della vita, di resilienza, perseveranza e di quanto il mondo ne avrebbe bisogno, sempre di più, ad ogni passaggio importante.

L'11 settembre del 2001 ero al lavoro negli uffici della DC Comics, quindi a New York. Fino ad allora, avevo procrastinato a lungo la scrittura definitiva della sceneggiatura, spaventato di non fare giustizia alla storia dei Roebling e del ponte. Ma quel timore fu spazzato via quando vidi la prima pagina del New York Times di quel giorno, con la torre nord già colpita dall'aereo e quella sud che stava per essere centrata, con il ponte di Brooklyn sullo sfondo. Tutti quanti, ovviamente, abbiamo pensato all'istante che anche quello era un potenziale obiettivo del terrorismo. E io desiderai disperatamente di contribuire allo spirito del tempo con una storia di costruzione, non distruzione.

A un certo punto ho avuto un'epifania e ho capito che avrei dovuto mostrare visivamente la storia al mondo sotto forma di fumetto e non di prodotto cinematografico, in attesa di Hollywood. Avere per le mani una storia che per me significa così tanto e la possibilità di farla ritrarre da un artista divenne la mia unica e principale missione. Dovevo metterla nelle mani del pubblico in qualunque modo possibile. Ero stanco di vedere la sceneggiatura sulla mia scrivania e avevo bisogno di qualcuno che spirasse un alito di vita nei personaggi. Volevo condividere questa incredibile storia americana di cui nessuno sa quasi nulla.

Tomasi ha condotto una grande ricerca, documentandosi sui giornali dell'epoca, della seconda metà dell'Ottocento, per ricostruire il contesto politico e sociale in cui avvenne la costruzione. Ma la vera fortuna è stata avere a disposizione i diari della famiglia Roebling, conservati dalla scuola dove studiò Washington. In questo modo ha potuto scoprire gli affascinanti personaggi che stavano dietro l'impresa, farsi un'idea delle difficili dinamiche affettive della famiglia.

Una storia ricchissima che Tomasi ha dovuto distillare, scegliendone i momenti più significativi, per dar vita alla graphic novel, che abbraccia le esperienze durante la guerra civile di Washington, il suo rapporto con il vecchio padre John, il ruolo incredibilmente importante di Emily, madre e moglie, persona di una modernità notevolmente avanti rispetto alla cultura dell'epoca che si prese enormi responsabilità, di fronte all'incredulità e al sospetto della società maschilista del tempo.

Duvall - La mia ricerca è stata davvero intensa e, onestamente, mi sento come se non avessi fatto niente altro per tutto il corso del lavoro al libro. Sapevo che sarebbe stato un impegno a tempo pieno, ma è anche stata un'esperienza affascinante e ho amato il fatto di immergermi nei paesaggi di quell'epoca. Adoro il lavoro di ricerca e la caccia ai riferimenti, quindi non è stato un sacrificio. Ma non avevo mai disegnato un fumetto storico, quindi ho lavorato in maniera diversa rispetto al passato.

Sono stata fortunata ad avere Peter al fianco, una sorgente incredibile di rassicurazioni sulla correttezza della mia ricerca. Ma è stato davvero faticoso. Anche quando ho raggiunto una certa solidità e pensavo di avere ormai chiari quasi tutti i dettagli che mi servivano, mi mettevo a caccia di particolari ancora più minuti, per gli sfondi, gli abiti dei personaggi e le acconciature.

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Fonte: Comic Book Resources

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