Per David Lynch i film se la passano male, ma alcuni esercenti sono eroi che combattono per il cinema
David Lynch parla del futuro del cinema, di un battibecco con Thierry Frémaux e di come mai non faccia più i Weather Reports su YouTube
Quello tra David Lynch e i Cahiers du Cinema è un rapporto speciale. La storica rivista francese ha dimostrato assoluta venerazione per il regista inserendo la serie Twin Peaks: Il Ritorno al primo posto della classifica dei migliori film del decennio. Una provocazione che fece molto discutere alla fine del 2019 e che incoronava il lavoro di Lynch come perfetta sintesi tra il cinema e la tendenza moderna della serializzazione. Un unico film lungo 18 ore, scrivevano. Oggi, questa ambivalenza tra cinema e serie tv è alla base delle riflessioni sul futuro dei film.
Come prevedibile discussione è poi spostata sulla sua interpretazione di John Ford in The Fabelmans. Un film sull’effetto traumatizzante delle immagini, sul loro potere di veicolare una verità. Per David Lynch non è questo desiderio che ha ispirato la sua vocazione da cineasta. Non c’è alcun trauma in lui, solo il fascino di come questo medium magico possa tradurre le idee ed esprimere l’astrazione.
Il futuro del cinema secondo David Lynch
Quando si parla con dei giganti della storia del cinema è quasi d’ufficio la domanda sullo stato di salute del cinema. David Lynch è uno dei più grandi sostenitori della visione sul grande schermo. Le sue parole non sono però molto rassicuranti.
I film se la passano male, le serie li hanno sostituiti. La gente non va al cinema come prima. Il Coronavirus ha segnato uno stop. Prima, giravamo i lungometraggi pensandoli per un grande schermo con un buon impianto sonoro. Costruivamo il film come se fosse la sala stessa. Ti sedevi e potevi provare l’esperienza di entrare in un nuovo mondo. Ora è tutto parte dei libri di storia! È angosciante.
La maggior parte delle cose sono viste sui telefoni. Dico sempre: le persone credono di aver visto un film, ma se l’hanno visto sul telefono non hanno visto niente. È triste. Però loro rispondono: “non ci importa, l’abbiamo visto, è un tuo problema se pensi che non sia così”. Cosa si può fare a riguardo?
La posizione di Lynch sulla fruizione tramite dispositivi mobile è ben nota. In passato ha spesso combattuto questa tendenza. Per la prima volta appare però rassegnato alla fine del cinema come luogo di visione dei film.
Ci sono ancora eroi che combattono per il cinema, dice David Lynch, e questi sono gli esercenti. Spiega che secondo lui resistono per l’amore del cinema. Devono programmare i film di supereroi per sopravvivere, e questo non li rende comunque multimilionari. Se vanno avanti è per via della loro passione.
Una tirata d’orecchie però arriva anche ad alcuni multiplex dove: “le persone parlano o guardano il telefono in una sala mezza vuota. Il suono è di qualità media, i livelli non sono controllati. È comunque meglio della TV ma di poco".
Persino un festival importante come quello di Cannes ha ceduto e ha ridotto le dimensioni di uno schermo per comodità. Doveva infatti scomparire per trasformare la sala in un’area conferenze all'occorrenza. David Lynch ha avuto per questo un amichevole battibecco con Thierry Frémaux. Spiega di avergli detto: “È uno scherzo? Uno schermo più piccolo a Cannes, il più grande festival al mondo?”. E l'ha rimproverato di avere compromesso il cinema per delle conferenze. L’esperienza di visione che ha avuto lui, guardando un film nella sala prima dei cambiamenti, non può più essere replicata. Dice con malinconia.
Certo, secondo David Lynch il cinema non se la passa bene, e lui si racconta come sconfitto, eppure tra le righe si leggono ancora molte energie per combattere sua battaglia per il grande schermo. Magari insieme a qualche esercente illuminato.
LEGGI - Lynch/Oz, la recensione