Nostalgia ci rappresenterà agli Oscar: cosa dice di noi la scelta più ovvia che si potesse fare

La scelta di Nostalgia per la corsa all'Oscar racconta cosa pensiamo di noi e come la nostra industria ragioni sul cinema

Critico e giornalista cinematografico


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Sarà Nostalgia il film che rappresenterà l'Italia nella corsa all'Oscar. Per essere designati a rappresentare l’Italia nella corsa all’Oscar per il miglior film straniero bisogna autocandidarsi. Non è l’industria che sceglie il titolo su cui puntare, sono alcuni film che si propongono e all’interno di quella lista si effettua la scelta, tramite una commissione nominata appositamente ogni anno. Quella di quest’anno come sempre era un misto di persone con cariche istituzionali (Nicola Borrelli, Concetta Gulino, Laura Delli Colli), giornalisti (Arianna Finos), Registi e produttori (Ferzan Ozpetek, Matteo Rovere, Iginio Straffi), distributori (Andrea Romeo) e tecnici del cinema (Alessandra Querzola).

La domanda che si fa la commissione ogni anno non è quale sia il film migliore tra quelli ma quale abbia maggiori speranze di vittoria, o almeno di conquistare la nomination. La risposta non ha a che vedere solo con il soggetto o la fattura del film ma anche con le larghezza delle sue spalle (riuscirà a sostenere una campagna oscar onerosa?) e con il suo percorso fino a quel momento (viene dal nulla o vanta già riconoscimenti di prestigio?).  In questo senso erano da scartare subito film piccoli come Giulia, Mindemic e La stranezza ma in un certo senso anche Piccolo Corpo. Tra i rimanenti la scelta finisce quindi sui più noti, quelli con attori più conosciuti o quelli che hanno più possibilità presso un pubblico americano (pubblico di quelli che votano per gli Oscar chiaramente). Perché il problema numero 1 di qualunque film aspiri alla nomination a miglior film straniero è essere visto.

La maggior parte dei film, anche quelli che finiscono nella cinquina finale, non vengono visti dai votanti, i quali o non votano quella categoria o votano l’unico che hanno visto se questo è particolarmente famoso e noto (si pensi a quando gareggiano film come Parasite). Dunque sono da scartare anche film che attirano ben poco sulla carta. Perché se non c’è grande appeal, se non se ne parla già, se non è passato ad un festival facendo parlare di sé, difficilmente i giurati inizieranno a vedere proprio quel film lì, preferendogli magari altro. Per questo film con temi più complicati come Chiara, altri meno noti come Il colibrì o dal look ben poco internazionale come Dante, L’ombra di Caravaggio e Il signore delle formiche sono da scartare.

Cosa rimaneva ai giurati? L’immensità, passato a Venezia con una star internazionale come Penelope Cruz e una storia molto attuale di transizione sessuale. Le otto montagne, passato a Cannes senza eccessivo clamore, con due attori molto forti ma non troppo noti e una storia accattivante. Nostalgia, passato anch’esso a Cannes e anch’esso con poco clamore, dotato di una star italiana un pochino nota all’estero come Favino e tutto fondato su Napoli.

Che si sia scelto Nostalgia su L’immensità e Le otto montagne quindi dice molto di noi, della nostra industria (il complesso delle persone che hanno deciso in un certo senso la rappresenta, in queste commissioni non viene mai preso qualcuno che la pensa diversamente da tutti, qualcuno noto per essere un rompiscatole o per avere pareri fuori dal coro) e di come concepiamo la veicolazione all’estero dei film. Se infatti le serie italiane che girano molto all’estero pur essendo spesso molto radicate in Italia (si pensi a Gomorra) non sono mai serie cartolina, cioè non fanno da ripetitore per l’immagine canonica dell’Italia all’estero ma semmai iniziano o provano a fondarne un’altra, autonoma. I film pensati per l’estero invece continuano ad essere il territorio della ripetizione della mitologia italiana. La stessa che poi i film stranieri ambientati da noi sfruttano. 

Scegliere Nostalgia è scegliere di gareggiare puntando sulla consueta immagine dell’Italia. E non si tratta di una scelta insensata, è con quell’immagine che abbiamo avuto le soddisfazioni migliori all’Oscar, non solo straniero (Nuovo Cinema Paradiso, Mediterraneo, La vita è bella, Chiamami col tuo nome, La grande bellezza). Si tratta semmai di una scelta di conservazione a tutti i costi anche in un anno in cui non abbiamo un campione di quella categoria lì. Sarebbe stato davvero difficile e forse sciocco impuntarsi e non candidare La grande bellezza, visto quanto bene centri quell’immaginario e in un certo senso la sua riproposizione moderna. Invece Nostalgia, pur galleggiando in quel brodo, non ne è un esempio fulgido. Sembra davvero difficile possa figurare bene e forse poteva essere il caso di tentare qualcosa di diverso come Le otto montagne, un buon film solido con attori giovani (Marinelli ha anche girato la serie sul rapimento Getty) e un’immagine montanara del nostro paese, l’ultima che ci si aspetterebbe. Un film che parla di tutti, non di Italia e questioni italiane, come invece è Nostalgia.

Bisogna precisare che anche Le otto montagne, qualora fosse stato scelto, non sarebbe andato molto lontano, proprio non era un buon anno per noi, ma di nuovo le scelte che fa l’industria cosa ci dicono di essa? Che al cinema non rischiamo è ben noto e sotto gli occhi di tutti. Anche perché quando pure rischiamo 2 volte su 3 il rischio non è premiato. Ma ricordiamoci sempre che la conservazione e la paura di rischiare è un virus che risale la corrente e contamina tutti a tutti i livelli, che si riverbera in un’insicurezza atavica anche quando la partita non sembra così cruciale. Mario Martone negli ultimi 10 anni, grazie soprattutto alla Mostra del cinema di Venezia e grazie agli investimenti di Rai Cinema, è diventato il cineasta di stato per eccellenza, quello cui vengono affidate le ricostruzioni storiche, il cinema di identità nazionale e la cura del nostro retaggio. 

Nonostante i suoi film non siano propriamente tra i più amati dal pubblico, dalla comunità cinefila o all’estero, lo stesso è diventato un regista di punta per meccanismi che anch’essi dicono molto del nostro cinema e della nostra industria, attenta più alle sue dinamiche interne che poi a cosa avviene ai film quando escono e come ci si relazioni il pubblico. Scegliere lui è andare sul sicuro perché quando non arriverà la nomination (ci auguriamo non sia così, ma è probabile) nessuno potrà sostenere che fu fatta una scelta insensata. Si è andati sul sicuro. Anche questa volta.

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