Oscar 2021: come è stato possibile che siano stati questi i vincitori?

Quale processo ha portato i vincitori degli Oscar 2021 ad essere una serie di film che solo 15 anni fa non avrebbero gareggiato e non sarebbero stati fatti

Critico e giornalista cinematografico


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Oscar 2021: come è stato possibile che siano stati questi i vincitori?

Ci si sente un po’ ridicoli a scrivere, ancora una volta, che gli Oscar sono cambiati e che l’edizione appena trascorsa “segna una svolta come non se ne erano viste in passato”.

Perché è la medesima litania di ogni anno.

Eppure è innegabile che l’edizione 2021 abbia fatto segnare una scossa di un’intensità che ancora non avevamo registrato, nonostante siano ormai anni che c’è un terremoto in corso.
Dalla fine degli anni ‘00 gli Oscar hanno raccontato la fine del cinema americano medio e la morte di un certo tipo di produzioni di livello medio, ambiziose con un grande occhio al pubblico e all’incasso, rispettose del gusto mainstream e molto americane nell’anima. Quel mondo è finito tanto tempo fa, i film americani sono diventati altro: da una parte uno spettacolo gigante, mondiale e poco ambizioso (almeno dal punto di vista della scrittura perché produttivamente continuano ad esserlo invece), dall’altra invece imprese piccole e rischiose.

Già la vittoria di Non è un paese per vecchi nel 2008 era stato un fatto incredibile, come quella di The Hurt Locker dopo poco. Sono state semmai le vittorie di film come Il discorso del re, Green Book, Il caso Spotlight e La La Land (che non vinse come miglior film ma portò a casa il maggior numero di Oscar importanti) a contenere i mutamenti mentre ad anni alterni arrivavano film come The Artist, Parasite, Birdman o Moonlight. Il cinema indie che conquista regolarmente il palcoscenico. Ancora di più, il cinema da festival che conquista i premi Oscar in pianta stabile. Quattro vincitori degli ultimi 6 anni sono stati presentati in festival europei (cioè Venezia o Cannes), quando in passato festival e Oscar erano mondi agli opposti che non si incontravano se non nella categoria Miglior film straniero.

Dal nostro osservatorio abbiamo visto Venezia diventare la piattaforma di lancio della campagna Oscar ma mai sarebbe stato pensabile ipotizzare che in 4 edizioni ci fossero due Leoni d’Oro e una Palma d’Oro a vincere la statuetta come Miglior film. La vittoria di Nomadland davvero alza ancora di più l’asticella del cambiamento e non solo per ragioni di rappresentazione (una questione più complessa della semplice idea della vittoria dell’inclusività, perché il cinema indipendente è sempre stato più inclusivo per natura), ma perché non era mai accaduto nella storia del cinema americano che il massimo onore possibile fosse tributato ad un film prodotto con budget ridicoli, sul cui set ci saranno state 4-5 persone.

Soltanto immaginare le riprese del film con Chloe Zhao, Frances McDormand, il direttore della fotografia e (nemmeno sempre) un fonico, e pensare che potesse portarsi a casa 3 premi tra i più grossi fa impressione e al tempo stesso dice tutto.

[caption id="attachment_478866" align="aligncenter" width="1400"] Sul set del vincitore[/caption]

Ci sono voluti più di 10 anni ma sono cadute le barriere e le distinzioni tra film.

Esistono ancora progetti più ambiziosi e meno ambiziosi, più sofisticati e più grossolani, ma i pubblici guardano tutto. A Venezia vince La forma dell’acqua o vince Joker, quindi cinefumetti e film di mostri; agli Oscar vincono i drammi indie silenziosi e girati con poco.
Solo 15 anni fa con questi film in competizione avrebbe vinto tutto The Father, il film wasp tradizionale fatto benissimo e pieno di ottime ragioni per essere votato. Oggi quel film si è dovuto dividere i premi rimanenti con Una donna promettente (film che una volta non sarebbe nemmeno stato in gara), con Minari (film che non si sarebbe prodotto perché gli americani non giravano film con sottotitoli e con un intero cast non bianco) e con Judas And The Black Messiah (film che non si sarebbe proprio fatto perché erano decenni che si cercava di girare la storia di Fred Hampton senza successo) mentre un film che nessuno avrebbe mai visto negli Stati Uniti (Nomadland) usciva trionfatore.

Solo 15 anni fa un film giusto con tutti, ecumenico, di nuovo molto ben fatto e pieno di amore per l’America all’interno di una critica al proprio passato come Il processo ai Chicago 7 sarebbe stato un contender serissimo per non dire un altro vincitore designato. Nel 2021 invece va a casa a bocca asciutta. Non ha vinto nemmeno i premi che meritava di più, il montaggio (vinto da un film indipendentissimo come The Sound Of Metal) e la sceneggiatura, cioè i due strumenti che consentono a quel film di gestire circa 12 attori protagonisti senza che si senta il peso di una folla ma anzi in modo che questo arricchisca la storia.
La grande caratteristica dell’America, la sua capacità sorprendente di cavalcare i cambiamenti e sterzare di colpo, ha colpito di nuovo. Rinnovando il parco votanti, cambiando produzioni, mutando il mondo sono mutati anche gli Oscar.
Questa volta viene da dire che sì è toccato davvero un apice difficile da superare, ma inutile porre limiti al cambiamenti.

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