Nicola Guaglianone racconta La Befana Vien Di Notte, il teen movie delle feste

La genesi e lo stile di La Befana Vien di Notte, il film che subito dopo Natale tenterà di imporre un modello di teen movie internazionale

Critico e giornalista cinematografico


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L’immagine di La Befana Vien Di Notte che accoglie il pubblico nel Cinema Centrale di Lucca è un classico del cinema fantastico americano: la protagonista in abiti quotidiani che proietta un’ombra che rivela la sua seconda identità. In questo caso Paola Cortellesi, vestita da maestra, che proietta l’ombra della Befana.

Ma c’è un altro dettaglio che colpisce: sotto al titolo, sotto al nome del co-protagonista (Stefano Fresi), sotto a quello del regista (Michele Soavi) c’è quello dello sceneggiatore (Nicola Guaglianone). Non è chiaro se sarà questa la cartellonistica ufficiale del film che esce il 27 Dicembre, anche se sembra di sì, nel caso è difficile ricordare un altro esempio in cui in una locandina italiana fosse indicato il nome dello sceneggiatore con la stessa posizione e grandezza del nome del regista!

E proprio Nicola Guaglianone è qui a Lucca per parlare del film:

Dopo Lo Chiamavano Jeeg Robot la mia vita è cambiata, posso dividerla in prima e dopo quel film. E dopo ero agitatissimo perché potevo fare tutto, avevo la possibilità di giocare con il giocattolo che volevo, ma andai in crisi perché non sapevo scegliere.

Alla fine Guaglianone ha scritto, proposto, sceneggiato e collaborato a molti film, alcuni di ottimo successo, ma questo si presenta come il meno usuale per il panorama italiano:

La Befana Vien di Notte è un’idea che avevo buttato giù e poi ho proposto a Lucky Red.
Come sempre il pitch [termine con cui gli americani indicano la presentazione che viene fatta ai produttori del film che si vuole approvino ndr.] l’ho fatto con un What If?. Io mi sono proprio studiato come pitchare e parto sempre da “che succederebbe se” e stavolta era “Che succederebbe se un gruppo di ragazzini scoprisse che la propria maestra è la Befana ed è stata rapita da un cattivo?

Protagonista quindi più che la Befana sono i ragazzi:

È un teen movie che racconta la storia di 3-4 ragazzi preadolescenti, quel momento in cui non sei né carne né pesce. Ognuno si troverà finalmente a fare delle scelte per sé invece che farle fare ad altri per loro, che poi è la linea di demarcazione tra la fanciullezza e l’adolescenza.

A questo punto è stata proiettata la prima clip, un backstage in cui si vedono le scenografie del set. Come si conviene sono un misto di green screen e ambienti costruiti realmente e si presentano davvero bene (per quanto si tratti pur sempre di un video dal backstage e non del girato):

La Befana di questo film è quella come la immaginavo a 10 anni. Mi chiedevo come fosse nelle piccole faccende quotidiane, nelle sue idiosincrasie, che esce sempre vestita di gore-tex perché ha freddo e cerca di tenersi in forma. Mi chiedevo dove potesse mangiare o dove prendesse i giocattoli. Usando quel tipo di immaginario più le idee tipiche dei miei film l’ho praticamente reinventata. Invece il fatto che la sua identità per il giorno è una maestra viene dall’idea che è un po’ una seconda madre (la prima separazione da un bambino in fondo è quando i genitori li lasciano a scuola). Il rapporto con la Befana consente a questi bambini di crescere.

Contrapposto alla Befana c’è Stefano Fresi:

È il classico cattivo come li scrivo io, cioè qualcuno che si porta dietro un dolore. Come lo Zingaro che aveva delle speranze che poi sono diventate delusioni e infine violenza. Lui è un bambino degli anni ‘90 a cui la Befana non porta un regalo. Nasconde questo rancore per anni costruendosi dei giocattoli, diventando un grande produttore che medita vendetta. Adoro i cattivi della Pixar, come Lotso che ha un dolore che lo rende malvagio. Questo personaggio non riceve un regalo per via di un incidente e poi questo rancore si trasforma in una vendetta. La sua fatal flaw è di non essere stato amato, di essersi gratificato da solo, per questo vuole imporre una nuova festività, per conquistare l’amore dei ragazzini comprandoli con i doni.

Un’altra clip sempre di backstage mostra il set sulle nevi e fa parlare i ragazzi, intervistati rapidamente
Finita la clip Guaglianone commenta:

Il bello del fare lo sceneggiatore è scrivere un film così in mutande con il riscaldamento a palla!

Invece riguardo l’uso dei ragazzi dice:

Ci sono bambini attori che già a 14 anni fatturano come una piccola azienda e hanno un curriculum eccellente, sono dei professionisti. Io invece faccio provini anche a chi non fa questo lavoro, per trovare la vera spontaneità. L’idea più semplice è di cercarli somiglianti ai personaggi ma ti devi in realtà adattare perché magari quello che gli somiglia è timido o non recita oppure scopri che sono i genitori che lo spingono.

L’altro problema è come farli parlare e per quello Nicola Guaglianone ha un modello chiaro:

Come in I Goonies qui inizialmente ognuno parla sopra l’altro, non ci sono ruoli e anche ascoltare è una conquista. Andando avanti invece si definiscono meglio le personalità e i ruoli nel gruppo, quindi magari diventano un po’ meno bambini. Hanno ovviamente delle fragilità e le esprimono nella maniera più semplice. Riccardo [uno dei bambini ndr] vorrebbe baciare una ragazzina ma a 12-13 anni non è capace e chiede ad un amico dove mettere la lingua, in quel momento c’è un imbarazzo che rende il personaggio credibile.

Infine commenta la scelta di Michele Soavi come regista:

Di scegliere Michele Soavi ne abbiamo parlato in Lucky Red con Occhipinti ed è stata una scelta felice perché le scene d’azione sono fatte all’americana. C’è un inseguimento nei boschi con Fresi in hoverboard e la Befana in scopa che ti lascia senza fiato. In Michele ho trovato un amico una persona molto generosa e carina. Con lui mi piacerebbe fare un horror, uno dei due che ho in cantiere.

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