Netflix è pronto a fare guerra, anche per il nostro bene

Il boss di Netflix non ha preso bene la fine della net neutrality e l’idea che da ora potrebbe dover pagare per avere quel che fino a ieri gli era garantito ed è pronto a guidare la rivolta...

Critico e giornalista cinematografico


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Per fortuna che c’è il business!

Nella scorsa settimana una sentenza ha decretato la probabile fine della net neutrality, un principio che vige su internet fin dalla sua nascita, di cui gli utenti generalmente non sono a conoscenza ma che regola non solo il buon funzionamento di tutta la rete ma anche il suo essere un luogo d’innovazione e sperimentazione così agile e dinamico. La sua fine decretata legalmente forse non sarà tale grazie all’opposizione di chi con la rete ci fa affari.

E’ infatti di ieri la notizia che il boss di Netflix, Reed Hastings, si è opposto con una certa veemenza a tale novità, passando proprio alle minacce.

Si parla di interferire con la banda, cioè della possibilità per gli ISP (quelli che controllano le connessioni, da noi sono Fastweb, Telecom, Infostrada….) di regolare il flusso di dati a pagamento. Ad oggi tutti viaggiano alla stessa velocità, che io mi colleghi a BadTaste o veda un film in streaming su Play i dati non hanno priorità, ed è il succo della net neutrality: la rete è neutrale rispetto ai dati che veicola e tutti sono trattati alla stessa maniera.

Quel che è successo con la sentenza americana è che ora gli ISP possono decidere di dare priorità e di far pagare tale priorità. Quindi, tornando a Netflix, il suo boss Reed Hastings ha chiaramente fatto presente che lui non pagherà niente a nessuno per i suoi contenuti (belli pesanti visto che si tratta di film in streaming) e se qualcuno dovesse rallentarlo per questo, impedendo ai suoi utenti di ricevere i film per i quali hanno pagato con la qualità che Netflix da sempre garantisce lui è pronto a scatenare una vera e propria campagna.

Il punto è che sono proprio compagnie come Netflix, in teoria, a dover pagare in questo nuovo scenario, perchè sono quelle che più usano la banda e più ci fondano il proprio business (Amazon per esempio non verrebbe molto danneggiata dal lato store se si rallentasse un po’ il caricamento delle pagine), per cui era da Hastings che ci si aspettava una risposta e c’è stata.

“Se qualche ISP dovesse mettere in pratica questo scenario crudele noi protesteremo in maniera vigorosa e incoraggeremo i nostri utenti a richiedere l’internet aperta per la quale pagano i loro ISP” sono state le sue parole. Vi rivolteremo contro tutti i nostri utenti che sono anche vostri clienti, in pratica. E siccome al bastone segue sempre la carota Hastings ha anche fatto notare che ad ogni modo non crede che tutto ciò accadrà, poichè un internet a diverse velocità dove si dovrebbe pagare per essere efficienti semplicemente non conviene a nessuno.

Di certo il problema della neutralità della rete è più grande di quanto possa interessare a quella fetta che consuma cinema (per quanto, va ripetuto, le immagini in streaming sono il contenuto più pesante in assoluto e dunque il più facilmente penalizzabile), ha a che vedere soprattutto con la possibilità per chi emerge, per le startup e per tutti quelli che con un’idea cercano di entrare in concorrenza con i colossi, di usufruire dei loro stessi mezzi.

Internet è un mercato con un costo d’ingresso bassissimo, fare un sito e pagare per un po’ di banda è alla portata di tutti, se invece si creasse un internet di serie A di chi paga per andare veloce e uno di serie B di chi non ha il denaro per farlo sarebbe decisamente più difficile avere il quantitativo di novità, innovazioni e progresso che abbiamo ammirato in questi anni. Questo era il principio della net neutrality che si è cercato di proteggere da sempre. Ora tocca agli uomini d’affari farlo.

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