Netflix ha già deciso: non sarà a Cannes. Ma l'errore è stato del Festival
Perchè mai Netflix dovrebbe accettare di andare a Cannes senza il pieno supporto del festival, come film di serie B?
Comunque la si pensi su questa diatriba per la quale passa molto del futuro di quello che chiamiamo cinema, sia che si ritenga che il festival faccia bene a preservare una certa integrità e il cinema in sala, sia che si stia dalla parte di Netflix, che in fondo è un produttore e chiede un trattamento uguale agli altri, è evidente che le motivazioni fornite da Sarandos suonano sacrosante.
Questa purtroppo è una situazione che ha creato Thierry Fremaux, un errore politico non da poco. Fermo restando che è molto facile sia ragionare con il senno di poi che fare i direttori di festival da casa, dietro una tastiera, mentre un’altra cosa è dover trattare ogni giorno con molte associazioni, molte categorie, molti profili potenti e comunque mettere insieme un gran festival, è ora possibile dire con pochi dubbi che fare del contrasto tra festival e Netflix una questione di principio si è rivelato molto sbagliato.
Se se ne fosse fatta una questione di accordi dichiarando qualcosa del tipo: “Ci sono dei problemi con l’esercizio che per noi è importantissimo, è una questione che dobbiamo risolvere assieme a Netflix, confido che confrontandoci nel prossimo anno potremo trovare una soluzione” anche il mancato accordo di adesso sarebbe stato meno brutale, sarebbe per l’appunto una questione di accordi economici e di difficoltà a trovare un punto d’incontro. Invece è diventata una questione di cittadinanza nel mondo del cinema, è diventata una questione di “I film che Netflix non fa uscire in sala non hanno la stessa dignità degli altri” che non ha senso e a cui Netflix, giustamente, deve rispondere duramente per evitare questo tipo di discriminazione.
Ora i film che non vedremo di certo a Cannes (e che il festival ha perso) sono probabilmente Norway di Paul Greengrass, Hold the Dark di Jeremy Saulnier, They’ll Love When I’m Dead di Morgan Neville, un clamoroso inedito di Orson Welles ricostruito intitolato The Other Side Of The Wind e ovviamente il più pesante: Roma, il nuovo film di Alfonso Cuaron.
Agli esercenti francesi probabilmente non importa niente che il festival perda questi film, loro hanno i bilanci delle loro sale da salvaguardare e se Cannes perde terreno rispetto ad altre manifestazioni non cambia di certo il loro incasso, ma anche se paradossalmente diventasse uno tra i grandi festival d’Europa e non il più grande in assoluto come è oggi a loro non cambierebbe molto. Motivo per il quale Fremaux si trova in una situazione assurda, a dover accontentare soggetti che non hanno nulla da guadagnare dal dominio di Cannes, e per cui noi non dovremmo davvero considerare questo braccio di ferro qualcosa capace di dirimere la questione di merito sulla dignità dei film che Netflix non manda in sala.