Ms. Marvel: il racconto in prosa di G. Willow Wilson a tema Coronavirus

G. Willow Wilson è tornata a scrivere Ms. Marvel, personaggio da lei co-creato, per raccontare una storia a tema Coronavirus

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In queste settimane abbiamo visto nel dettaglio in che modo le case editrici, gli scrittori e i disegnatori del Fumetto americano abbiano affrontato l’emergenza Covid-19... ma come se la passano i supereroi? È un interrogativo meno ozioso di quanto si creda: dalla tragedia dell’11 settembre 2001 a vari importanti momenti politici (come le elezioni presidenziali), in varie occasioni le questioni del mondo reale hanno “invaso il campo” dell’Universo Marvel, portando i principali fatti di cronaca tra Spider-Man e colleghi, scandendo in qualche modo il passare del tempo e offrendo ai vari team creativi l’opportunità di trattare argomenti di cronaca. Vedremo quindi Iron Man, Thor, Hulk e gli X-Men alle prese con distanziamento sociale, mascherine e lockdown? Una prima risposta la dà G. Willow Wilson, che in versione Marvel Tales offre ai lettori un breve racconto con protagonista il più celebre personaggio da lei co-creato, Kamala Kahn, alias Ms. Marvel, alle prese proprio con i giorni della quarantena e i sacrifici imposti dal Coronavirus.

Il sito ufficiale della Casa delle Idee, offre anche l'opportunità di ascoltare il racconto in questione, Late Spring (“Tarda primavera”), in versione audio, letto dalla stessa sceneggiatrice di Wonder Woman. Noi vi offriamo invece la possibilità di leggerlo tradotto in italiano, con l’auspicio che il simpatico e toccante episodio di Kamala possa offrire un sorriso e una dose di speranza in più in questa fase della lotta al virus.

Buona lettura!

Tarda Primavera
Una Storia di Ms. Marvel

di G. Willow Wilson

La cosa curiosa della primavera è che arriva mentre non guardi. C’è quest’albero nel cortile della signora Petrakis, subito oltre la nostra recinzione, un corniolo, che fiorisce ogni anno ad aprile, fin da quando riesco a ricordare, e ogni anno è un po’ più alto. Non ti accorgi di quando cresce. Un giorno è alto poco più di te, il giorno dopo è arrivato ai davanzali del primo piano, e poi, come per magia, copre metà del cielo. Quest’anno riesco quasi a toccarlo quando mi sporgo dalla mia camera da letto, eppure fino a oggi non mi ero mai accorta di quanto fosse cresciuto. Sembra che molte delle cose più importanti della vita accadano mentre tu guardi da un’altra parte.

Me ne stavo seduta alla finestra a guardare il corniolo quando Abu mi chiamò dal piano di sotto. Quasi caddi a terra nella mia stanza quando sentii la sua voce, perché in teoria dovevo partecipare a una lezione di Trigonometria in videoconferenza, ma avevo truccato il laptop in modo che mostrasse un video in loop da due minuti in cui mi accigliavo e prendevo appunti diligentemente, quindi non ero esattamente presente: me ne stavo qualche metro più in là. Non penso che il mio insegnante di Trigonometria se ne sia ancora accorto, ma dato che la Stark Enterprises ha dotato tutti gli studenti della Coles Academic di fighissime telecamere a levitazione magnetica che fluttuano sopra la tua scrivania e si auto-regolano in base a dove ti trovi e sono piene al 100% di spyware, mi arrivò un SMS di Tony che diceva: "Ahah, molto divertente, ora torna a lezione". Ma in realtà che poteva farci? È in quarantena su uno yacht o in qualche posto del genere.

In ogni caso, quando sentii Abu che mi chiamava per nome, mi precipitai al piano di sotto afferrando il mio notebook di Trigonometria, nel caso in cui Tony fosse riuscito a mandare un SMS anche a mio padre e a fare lo spione. Ma Abu non mi chiese neanche di vedere gli appunti di Trigonometria; invece si accigliò e gonfiò le guance come fa solo quando è molto preoccupato per qualcosa.

Beta”, esordì, “Sono molto preoccupato per Mrs. Petrakis della porta accanto. Lo sai, suo figlio vive in Connecticut e non può farle visita finché tutta questa storia non sarà finita, e non dovrebbe andare al supermercato da sola alla sua età, dato che la situazione è quella che è...” Lasciò la frase in sospeso, ma avevo capito dove voleva arrivare. Da quando mio fratello Aamir e sua moglie sono in quarantena nel loro appartamento con il bambino, sono diventata automaticamente la figlia maggiore, quella a cui affidano i compiti di responsabilità, quella le cui opinioni vengono prese veramente sul serio, e che fa quello che dev’essere fatto.

Erano anni che aspettavo questo momento.

Vado a bussarle e le chiedo di cosa ha bisogno”, risposi mentre già mi toglievo le pantofole per indossare le scarpe e uscire.

“Aspetta!”, mi richiamò Abu. “La tua maschera!

Rimasi immobile dov’ero per un minuto intero (no, forse solo per qualche secondo) e pensai: Ci siamo. L’ha scoperto. Non avrei mai dovuto lasciare il costume nel cesto della biancheria. Ma Abu teneva in mano una delle mascherine di stoffa che Ammi aveva cucito ossessivamente fin da quando era iniziata tutta questa storia. Le aveva fatte praticamente per tutti gli abitanti dell’isolato. Aveva perfino fatto un tutorial su TikTok che era diventato semi-virale per qualche giorno, e ora inserisce casualmente il conteggio delle visualizzazioni in qualsiasi conversazione. Così imparo a spiegarle come si usa Internet.

Presi la maschera e la boccetta di igienizzante per le mani, assieme alla bottiglietta di dopobarba, che secondo Abu funziona altrettanto bene e uscii di casa. L’aria era come una lattina di aranciata appena aperta: dolce, limpida e frizzante. Fui investita da questa ondata di... non saprei nemmeno come definirla, forse tristezza, perché di solito, in questo periodo dell’anno, sarei quasi sempre fuori casa. A scuola pranzeremmo sugli scalini, al sole, e al Circolo Q Bruno terrebbe la porta aperta e preparerebbe degli Smushee speciali con gli sciroppi di tutti i gusti mescolati assieme, dal sapore pessimo esattamente quanto immaginate. E di notte pattuglierei la città, che avrebbe il profumo dell’erba appena tagliata.

La signora Petrakis venne alla porta dopo la seconda volta che bussai.

Ma chi è? La mia piccola Kamala?”, chiese con un tono esageratamente sorpreso. Sa bene che sono io, anche se porto la mascherina; è il suo modo per farmi sentire in colpa perché non le faccio visita da un secolo.

Salve, signora Petrakis”, le risposi dal bordo della veranda. “Papà mi ha mandato a sentire se le serve qualcosa dal negozio di alimentari.

Non c’è bisogno che ti disturbi”, rispose la signora Petrakis, ma era evidente che la domanda le faceva piacere.

Devo andarci comunque”, mentii. “Non è un problema, davvero.

Be', se sei proprio sicura...” rientrò in casa per un minuto e fece ritorno con un foglio di quaderno che era, senza esagerare, riempito da cima a fondo. Deglutii nervosamente.

Se non trovi le ciliegie al maraschino, non preoccuparti”, spiegò la signora Petrakis. “Quelle non sono importanti.” Appoggiò la lista sul pavimento della veranda. Non sapevo se avrei dovuto aspettare che lei rientrasse prima di raccoglierla. Nessuno sa quali siano i protocolli da seguire. È tutto così confuso.

Lascio le borse della spesa sulla veranda quando torno”, dissi alla signora Petrakis. “E suono il campanello per dirle che sono qui.”

Grazie, ragazza mia”, rispose raggiante, e si esibì in un sorriso da stella del cinema. Nel suo salotto c’era una fotografia che mi aveva mostrato una volta, granulosa e sbiadita, che aveva fatto quando aveva più o meno la mia età e viveva ancora ad Atene. Quello stesso sorriso accattivante. Mi chiesi se tutte le varie svolte del fato che l’avevano portata qui a Grove Street l’avessero preparata a questo strano mondo in cui viviamo ora, o se l’avessero colta di sorpresa com’era accaduto a tutti quanti.

Il negozio di alimentari accanto alla stazione PATH era affollato. C’era una lunga fila di gente all’esterno che aspettava che il negozio si svuotasse. Avevo appena iniziato a sentire una playlist che mi aveva mandato Carol (e che lei ascolta in palestra, ne sono sicura: tutti pezzi hard rock pompati al massimo, roba che francamente mi mette ansia) quando mi arrivò un messaggio al telefono. Era Bruno. Qualcosa di strano alla Grotta di Coles Street, diceva. Non si sa se sono effettivamente dei criminali o solo alligatori delle fogne.

Una goccia di sudore mi scivolò sul labbro superiore. C’erano ancora due persone in fila davanti a me. Guardai l’epica lista della spesa che avevo in mano e fui colta da una sensazione familiare di panico: chi aveva più bisogno di me? Come facevo a decidere? E poi feci quello che faccio sempre: mi convinsi che potevo essere in due posti contemporaneamente.

Il commesso all’entrata, che indossava una tuta protettiva di fortuna, mi fece finalmente cenno di entrare. Mi precipitai nella corsia centrale con la lista della spesa della signora Petrakis tra i denti. Mais in scatola. Due tipi di formaggi con un sacco di consonanti nel nome. Fagioli. Un momento, fagioli in scatola o fagioli secchi? Presi una lattina di ful medames perché era vicina al mio gomito. Man mano che passavo da una corsia all’altra, mi rendevo conto gradualmente che stavo accumulando più alimentari di quanti mi fosse possibile riportare a casa dalla signora Petrakis... a meno che non optassi per ingrandirmi, cosa che in pieno giorno, e avendo convenientemente lasciato il mio costume a casa, sembrava alquanto rischioso. Decisi che a quella parte ci avrei pensato in seguito.

Finalmente avevo tutto. Cioè, tutto tranne le ciliegie al maraschino. Anche se la signora Petrakis aveva detto che non erano importanti, mi sentii obbligata quantomeno a cercarle, perché quando tutto va male, avere delle ciliegie al maraschino a portata di mano sembra una buona idea. Ciliegie al maraschino d’emergenza. Trascinai il mio cesto pieno all’orlo da una corsia all’altra. Cioccolato, pasta, farina; riso a grani piccoli, medi e grandi; olive nere, olive verdi, ma niente ciliegie al maraschino.

Il telefono ronzò di nuovo. Non lo guardai. E non lo feci perché stavo guardando Josh Richardson, alias Discord, un vecchio amico dei tempi delle elementari che a un certo punto decise, per ragioni che ancora oggi non capisco del tutto, che sarebbe diventato la mia arcinemesi. Non avevo idea che fosse ancora a Jersey City anziché in prigione, o tenuto sotto chiave dagli Avengers, o forse addirittura morto. Rimasi lì a fissare il suo profilo buono dall’aria familiare, e lentamente mi resi conto che proprio davanti a lui, appena dietro la confezione di salsa chili che stava osservando, c’era un singolo vasetto di ciliegie al maraschino.

Probabilmente si accorse che lo guardavo. Alzò gli occhi e sembrò stupefatto di vedermi proprio quanto lo ero io di vedere lui. In momenti come questi, devi assicurarti una posizione sopraelevata. Collocarti nella migliore posizione possibile per la battaglia in arrivo. Quindi raddrizzai le spalle e dissi col tono di voce più minaccioso che riuscii a evocare: “Passami quel vasetto di ciliegie.”

Josh impallidì. Le labbra gli tremavano.

Non posso”, rispose con imbarazzo. “Distanziamento sociale.” Sembrava che volesse dire qualcos’altro, ma si interruppe.

Be', allora togliti di mezzo”, intimai. Arrossì e indietreggiò lungo la corsia, a testa china. Con tutta la compostezza di cui ero capace, avanzai verso di lui stringendo goffamente il mio cesto gigantesco contro le costole e presi l’ultimo vasetto di ciliegie al maraschino dalla mensola. Sentii il bisogno di pronunciare una battuta di commiato, qualcosa che lasciasse il segno, che lo spingesse a interrogarsi sulle sue scelte di vita.

Grazie”, dissi.

Di niente”, borbottò.

Pagai alla cassa più in fretta che potei e uscii. Il telefono rondò una terza volta. C’è una scorciatoia che parte dalla stazione PATH e passa per una serie di vicoli, lungo le entrate posteriori dei negozi e dei caseggiati, dove anche a quest’ora del pomeriggio probabilmente potevo passare inosservata. E così lasciai Grove Street e mi infilai nel vicolo stretto che correva in parallelo, ingrandendomi fino ad arrivare a più di due metri d’altezza.

Vedi le cose diversamente da quassù. Più chiaramente. E diversamente da una serie di catastrofi. Feci un respiro profondo e iniziai a sentirmi meglio. Chi se ne importava se Josh era tornato a Jersey City? Chi se ne importava se c’era di nuovo qualcosa di losco in ballo alla Grotta di Coles Street? Avrei gestito tutto. Come avevo sempre fatto.

Fu proprio allora che il mio piede gigante inciampò sul bocchettone di una grondaia e le borse della spesa che portavo sotto ogni braccio volarono per aria.

Istintivamente, piegai la spalla e rotolai in avanti. Non appena fui di nuovo in piedi, allungai il braccio, ingrandii la mano al massimo e vidi con un sospiro di sollievo le borse della spesa che ricadevano nel palmo, più o meno intatte.

A eccezione di un oggetto. Qualcosa di color rosso luccicante continuava a turbinare nell’aria, puntando verso il pavimento dissestato. Era il vasetto di ciliegie al maraschino, naturalmente. Cos’altro poteva essere?

Allungai un piede. Pregai. Pensai a tutte le cose che avremmo potuto fare diversamente, a tutti i modi in cui avremmo potuto prepararci per evitare che tutta la mia vita non dipendesse da un vasetto di ciliegie al maraschino. A livello razionale sapevo che le ciliegie non erano poi così importanti. Eppure, per qualche motivo, non riuscivo a convincermene. Forse quando non puoi risolvere i grandi problemi, le piccole cose assumono un’importanza smisurata.

Non ce la feci a guardare. Chiusi gli occhi con forza. Sentii un tonfo sommesso. Ci ripensai e socchiusi un occhio. La bottiglia di ciliegie era lì, in equilibrio sul mio piede.

Quando riuscii a tornare a casa dalla signora Petrakis ero in lacrime, e il mio telefono aveva ronzato almeno altre tre volte. Posai le borse della spesa sotto la veranda e decisi di ignorare il fatto che sembrava fossero passate in un tritacarne, e mi allontanai in silenzio. Ma la signora Petrakis doveva avermi sentito tirare su col naso, perché aprì la porta e fece capolino all’esterno con un’espressione preoccupata.

Kamala!”, esclamò portandosi una mano al petto. “Che succede, mia cara?

Mi asciugai rapidamente gli occhi con il bordo della mia maglietta di STEVE ROGERS SUPERFAN.

È solo...”, agitai le braccia alla rinfusa. “...è solo che non ce la faccio a reggere a tutto questo, tutto qui. Mi sento totalmente impreparata, ma non riesco a immaginare come potessi farmi trovare preparata.

La signora Petrakis si sedette sulla soglia e appoggiò la sua tazza di caffè sulla veranda al suo fianco.

Vuoi sapere una cosa?”, mi chiese. “Il mese prossimo faccio ottant’anni. Ho visto molte cose in molti posti diversi, e sono soltanto riuscita a capire che per quanto tu possa prepararti, le più grandi calamità della vita ti prenderanno sempre alla sprovvista.

Pronunciò calamità come se fosse una parte di un incantesimo. Mi accorsi che avevo smesso di piangere e sorrisi.

E allora... come ci si prepara?”, le chiesi.

A volte è impossibile”, rispose la signora Petrakis alzandosi lentamente in piedi con una piccola smorfia di dolore. “A volte le cose si imparano strada facendo.” Mi sorrise. “Grazie per la spesa. Tieni...

Allungò la mano in una delle borse e ne estrasse il vasetto di ciliegie al maraschino.

Tienile tu. Funzionano. Non so come, ma funzionano.” Lasciò il vasetto sulla veranda e rientrò in casa a passo lento. Rimasi in fondo alle scale per un altro minuto. Si alzò una brezza che agitò i rami fioriti del corniolo dietro casa. Anche lui mi aveva colta di sorpresa.

Ms. Marvel: Late Spring

Fonte: Marvel

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