Moviepass chiude la porta ai blockbuster dopo un weekend burrascoso in cui ha rischiato grosso

Tempi duri per Moviepass, la crescita negli abbonati e la richiesta di biglietti per Mission: Impossible hanno assestato un colpo durissimo

Critico e giornalista cinematografico


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Dopo una burrascosa nottata tra giovedì e venerdì, in cui ha esaurito i fondi nelle casse a causa dell’enorme richiesta di biglietti per Mission: Impossible - Fallout, Moviepass ha dovuto chiedere un prestito da 6,2 milioni di dollari per coprire le spese dei suoi clienti. La grande base di utilizzatori raggiunta e la grande richiesta intorno al sesto film della saga hanno creato la tempesta perfetta mandando in tilt il servizio di “abbonamento alle sale”.

Il titolo Moviepass in borsa ha perso il 60% del suo valore a seguito dell’affaire Mission: Impossible e ora la società (che già navigava a vista tra diversi problemi) deve recuperare denaro e annuncia un cambio non da poco. L’abbonamento passa da 10 a 15 dollari al mese e non è detto che si potrà usare per i grandi blockbuster. Di certo, notizia di ieri, al momento con Moviepass non sarà possibile acquistare biglietti per le prossime uscite come The Shark e Il Bosco dei 1000 Acri (che non sono nemmeno film per i quali si prevede un box office clamoroso).

Non sono in pochi a gongolare per questa debacle (che non è ancora chiaro se sia temporanea, definitiva o se cambierà per sempre il servizio) dopo che Moviepass ha litigato con metà dell’industria cinematografica e dell’esercizio per imporre il proprio servizio. Si tratta di un abbonamento che tratta il cinema come fosse Netflix. Compreso nell’abbonamento mensile infatti (al costoprima 10$, ora per l’appunto 15$) si possono vedere quanti film si vuole, senza pagare altro. Si riceve una carta di credito con cui alla cassa (o sull’app) si prendono i biglietti. Sono le finanze di Moviepass a pagare.

In molti ritengono il sistema insostenibile ma da Moviepass hanno spiegato da tempo che il punto non è essere sostenibili, lo sanno bene che non è così, ma finanziarsi con venture capital e prestiti, stando in perdita, fino a guadagnare una posizione tale da poter ottenere biglietti scontati dalle sale, avere dei dati sul pubblico che nessun altro vanta (grazie alla profilazione che garantisce la loro app) e venderli a caro prezzo oltre a prestare (a pagamento) i loro servizi alle distribuzioni per migliorare il rendimento dei loro film. Per farlo però occorre arrivare ad un numero di abbonati congruo. Ora sono 3 milioni e ancora nessuno di questi servizi è attivo.

E di certo non l’aiuteranno problemi come questi. Gli abbonati infatti da giovedì a sabato hanno riscontrato problemi e difficoltà sulle prenotazioni dei film più cercati. Moviepass non ha funzionato di fatto e, se sono andati a vedere i film che cercavano, hanno dovuto pagare un biglietto normale. Di certo non è stato mai possibile comprare biglietti per Mission: Impossible, e il prestito di 6 milioni è servito solo a coprire gli acquisti già fatti che hanno mandato in tilt tutto quanto.
Del resto già con Red Sparrow e Ant-Man & The Wasp, Moviepass era entrato in difficoltà e aveva “chiuso” le prenotazioni per alcune catene di multisala.

Il punto però sembra essere un altro. Moviepass potrebbe anche non superare la nottata e ad un certo punto chiudere i battenti o cambiare così tanto da diventare altro, ma il modello a sottoscrizione non morirà con esso. Già la AMC (grandissima catena di cinema multisala) ne offre uno simile ma più sostenibile. La grande rivoluzione non è detto che finisca per la morte del suo interprete principale, altri modelli più bilanciati, meno audaci e dal business più cauto stanno emergendo, e se vengono dalle stesse catene di cinema hanno anche meno costi da sostenere.

Nonostante quel che l’industria dice parlando di una percezione di valore inferiore per il cinema, svalutazione dell’esperienza della sala e via dicendo, Moviepass è stata l’unica società a ripensare davvero il business della distribuzione in sala secondo standard moderni. Ha lavorato come una startup, ha immaginato di monetizzare altrove (non con gli abbonamenti) e creato un sistema in cui non solo può vendere abbonamenti ma anche fornire servizi migliori alle distribuzioni (sia le grandissime che le indipendenti ne potrebbero beneficiare).

Quel che insomma ha di certo funzionato è la mentalità.

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