I migliori film di aprile e maggio 2024 visti al cinema e in streaming
Tutti i migliori film che abbiamo visto al cinema e in streaming lungo i mesi di aprile e maggio 2024 da Eileen a The Omen fino a Challengers
Ecco i migliori film di aprile e maggio 2024 che abbiamo visto al cinema o in streaming
L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare. Nel complesso i migliori film di aprile e maggio 2024 secondo noi.
Omen - L'origine del presagio
Bastano pochi minuti per capire che Omen – L’origine del presagio non è un film come gli altri, che non c’è quella medesima trascurata sciatteria che domina prequel o sequel a basso costo degli studios (per i quali spendere poco equivale ad avere uno scarso interesse). Quando la protagonista arriva all’aeroporto di Roma (posizionato all’EUR) ed è chiaro che il film sta riprendendo l’inizio di Toby Dammit, l’episodio di Federico Fellini del film collettivo Tre passi nel delirio, non è solo impressionante che Akasha Stevenson lo conosca, ma soprattutto che, con tutte le tare di un film moderno, riesca a riprendere quella scena, quella luce, quei toni e quell’atmosfera!
Civil War
Ma se Civil War è un vero grande film americano moderno (genere commerciale e realizzazione da autore) non è per lo spunto, quanto per la maniera in cui gira il coltello nella piaga, imbastendo quello che sempre di più diventa un film di guerra. Gli ultimi 20 minuti di caccia al presidente a Washington sono il miglior film di battaglia visto quest’anno con una gestione del sonoro e della musica tecnicamente sopraffini. E tutto è giustamente concentrato sui giornalisti. In ogni scena di guerra Garland sa che deve guardare i giornalisti, sa che i reporter sono il nemico e sa che se vuole tenere alta la sua allegoria (quel futuro è figlio di come nel presente l’America è sempre più divisa in estremismi), deve partire dall’informazione, da come questa sia considerata il nemico da molti e da come invece quel lavoro sul campo sia la parte muscolare della democrazia.
Challengers
La pallina in Challengers fa STOCK! quando viene colpita dalle racchette degli atleti. È uno STOCK! che stura le orecchie, così forte e appuntito da essere violento, come una mazza chiodata che sfonda una parete di legno. È il primo incontro che si fa, vedendo questo film, con la sua dimensione fisica. Il suono in un film racconta il tatto e il sonoro di Challengers, tutto il sonoro, è curato come raramente capita di sentire. L’obiettivo, di concerto con tanti altri elementi, è di rendere la potenza del tennis, la violenza del tennis, la tensione e i muscoli di corpi comandati da volontà di ferro. Il sound design è architettato per avere l’impressione di avvertire il contatto. Il tennis è l’espressione di corpi giovani in tensione, di menti affilate che desiderano e vogliono conquistare. La pallina che fa STOCK! e sembra quasi ci colpisca in faccia con quel suono prima ancora di quando, sfrontata e arrogante come chi la colpisce, va dritta contro l’obiettivo, è solo la conseguenza.
Tatami - Una donna in lotta per la libertà
Tommie Smith e John Carlos che alzano il pugno guantato di nero sul podio olimpico di Città del Messico ’68, la testa china per timore di una pallottola; la nazionale congolese ai mondiali del 1974 che gioca con la disperazione di chi sa che la propria famiglia è ostaggio della polizia di Mobutu. La purezza dello sport contro la violenza dei regimi l’hanno sempre raccontata meglio i grandi fotografi e cronisti. Tatami è fra i pochissimi film ad avere la stessa forza d’urto di quelle istantanee in bianco e nero, di quelle immagini televisive sgranate. Sotto l’elegante superficie autoriale batte il cuore del più potente e viscerale film sportivo visto di recente al cinema; uno di quelli che capiscono l’intrinseca capacità di sintesi politica del genere, mischiando tensione agonistica e invettiva in un’esemplare parabola umana.
Scoop
Difficilmente vedremo entro fine anno una sceneggiatura più tagliente di quella di Scoop. Un film che, come i suoi protagonisti, finge di avere uno scopo e invece punta in tutt’altra direzione. In superficie è un elogio del giornalismo eroico (da Pakula in poi) che tira giù i potenti dai loro piedistalli portandone in luce le bassezze. In realtà è una meditazione in punta di penna sul contrario: sull’impossibilità, cioè, di differenziare tra “buoni” e “cattivi” in un mondo dove l’onnipervasività dei media costringe tutti, politici oscuri e giornalisti, a condurre un’esistenza performativa; dove ogni azione – anche la più eroica – non può essere genuina fino in fondo, perché ha sempre un doppio fine reputazionale.
Il segreto di Liberato
La struttura è quella dei videoclip, solo allargata: una storia di ragazzi, di amori e aspirazioni che esprima i valori da attribuire al performer, inframezzata dai live e dalle immagini reali dei tour. La cosa curiosa è che il Liberato delle immagini vere (quello sul palco e quello con il passamontagna dietro le quinte) non ha lo stesso atteggiamento del Liberato animato, sembrano due personaggi diversi, quello vero più sfrontato, di strada e sicuro di sé, l’altro sensibile e romantico, ingenuo e fragile. Il film animato è fatto per trasmettere romanticismo, senso della mancanza di qualcosa che sta nel passato (come molte canzoni), rivela l’origine del nome e il perché del mistero sull’identità legandoli a un ricordo e soprattutto a un amore mai realizzato in pieno. È vero? Probabilmente no. Importa che sia vero? Sicuramente no. L’arte è costruzione di un immaginario e l’immaginario di Liberato è coerente, ben fondato, perfettamente in armonia con la musica e soprattutto evocativo, che è esattamente ciò che manca (da sempre) alla musica italiana.
Furiosa: A Mad Max Saga
Se Furiosa: a Mad Max Saga ha un problema siamo noi. Noi e le nostre dannate aspettative. Quando è arrivato Mad Max: Fury Road nessuno poteva immaginare che George Miller avrebbe reinventato la sua stessa saga, né tantomeno che avrebbe reinventato tutta una maniera di fare cinema spettacolare d’azione e raccontare un mondo intero con un uso parco di dialoghi. La sorpresa è stata parte dell’impatto incredibile di quel film capace di sbigottire ogni cinque minuti. Ora per Furiosa invece della sorpresa c’è l’aspettativa, il suo contrario. Deve essere a livello di quell’altro. Per questo in nessuna maniera potrà esserlo. Assodato questo, assodato cioè che non si può replicare l’impatto di Fury Road, quello che Furiosa mette sullo schermo è, ancora una volta, cinema gigantesco.
Eileen
Una giovane casalinga vive un’esistenza monotona in un paese di provincia immerso nella nebbia. Un giorno arriva qualcuno capace di risvegliarne i desideri sopiti. Ma a volte dietro le superfici più placide dormono le pulsioni più oscure. Al cinema tutto questo ha un nome: “noir”. Non il noir delle metropoli decadenti. Quello dei posti piccoli e marginali dove la passione divampa incontrollabile dopo tanta carenza d’ossigeno. Quello di Il postino suona sempre due volte e di Ossessione. Eileen è degno erede di questa tradizione. Un piccolo grande film fatto di pochi elementi e di emozioni eteree, appena accennate, sotto cui batte un cuore di tenebra tanto più disturbante nella sua ineffabile normalità.
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