I migliori film di febbraio 2023 visti al cinema e in streaming
La classifica dei migliori film di febbraio 2023 usciti tra cinema e streaming: da Tàr a Decision To Leave a Gli spiriti dell'isola
Ecco i migliori film di febbraio 2023 che abbiamo visto al cinema o in streaming
L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.
Decision To Leave
Decision To Leave è un film tutto spiazzato, che spiazza noi perché vuole sempre adottare il punto di vista di questo suo detective spiazzatissimo dall’aver incontrato una donna di cui si è innamorato all’istante, nonostante sospetti di lei in un caso di omicidio. È solo l’inizio ma un montaggio particolare, per piccole ellissi sempre più brevi e incalzanti, legate da uno score che cresce, lo fa somigliare ad un finale. Questo crea un ritmo strano che ci sbilancia e annuncia un film che non segue i percorsi degli altri ma ne sta costruendo un nuovo, per se stesso, davanti ai nostri occhi.
The Quiet Girl
Quell’atmosfera tra il trascendente e il ricordato, quella maniera di suggerire piccoli dettagli come il desiderio degli zii di avere la figlia che non hanno, e il legame fatto di capelli spazzolati e vestiti carini finalmente indossati, fa esattamente il lavoro che ci aspettiamo ma in maniere così minime e procedendo per passaggi così esitanti che poi il contrasto tra i piccoli avanzamenti e la grande serenità conquistata è devastante. Bastava pochissimo. The Quiet Girl conquista con il tempo, con il suo sole che filtra tra le frasche, i fontanili, le piccole fughe di Cait e le partite a carte degli zii, facendo sempre in modo che per lo spettatore ci sia qualcosa in più da intuire nelle inquadrature e un piccolo passo in avanti per la bambina dallo stato terrorizzato e represso, a quello semplicemente di normale.
Unrest
Unrest di Cyril Schäublin è, più che una storia di cambiamento personale (come vorrebbe far credere), un film sull’idea di modernità tecnologica e politica di un’originalità spiazzante. Ambientato in un cantone svizzero nel 1872, si muove tra una fabbrica di orologi che sta cercando di aumentare la produttività e il piccolo microcosmo sociale e politico che la circonda. È tempo di elezioni comunali e il movimento anarchico operaio della fabbrica si sta organizzando per accrescere il numero dei propri sostenitori (sei anni prima, come viene ricordato, ci furono i tre mesi della Comune parigina a cui il movimento si ispira): Unrest ne segue il percorso, le dinamiche interne, le implicazioni politiche sulla vita quotidiana.
Gli spiriti dell'isola
Strappando continuamente risate grazie ai dialoghi tra i compaesani e i protagonisti e alla recitazione di un paranoico Colin Farrell (che già solo con la sua camminata e il suo sguardo perso provoca una certa ilarità), Gli spiriti dell’isola costruisce un sottile crescendo di eventi consequenziali e caotici in cui è proprio l’assurdità di futili motivi a costruire un quadro perfettamente a fuoco e grottesco. Tra cesoie, pinte di birra scura e animali che sembrano provare pietà per gli esseri umani, lo spirito dell’isola (rappresentata da una vecchia Banshee, figura del folclore irlandese) sembra orchestrare in un silenzio divertito questa favola morale dagli esiti inquietanti.
Marcel the Shell
Pur essendo Marcel un film sugli affetti, Fleischer Camp non ricerca quasi mai l’effetto-magone (a parte un paio di volte). Insomma nonostante la storia sia nelle sue tesi socio-mediali piuttosto debole, Marcel the Shell conquista per i suoi piccoli momenti di intimità e di tenerezza, per il carattere di Marcel, la sua relazione con la nonna e il videomaker. E, soprattutto, per la tenerezza del contrasto tra un personaggio minuscolo e l’universalità dei suoi sentimenti. Anche i più dolorosi.
Tàr
Tár è un film potente e complesso proprio per la sua capacità di produrre discorsi acuti sulla contemporaneità più scottante: siamo intorno e al tempo stesso oltre il #metoo, che è solo la superficie. Todd Filed esplora infatti le implicazioni del potere in un senso più ampio, usando una dinamica coercitiva specifica (quella sessuale) per parlare di autorevolezza e autorità, due concetti che bussano alla porta nel momento in cui un’accusa sembra già una prova di colpevolezza, mettendo a dura prova la moralità di chi guarda.
Till
Tuttavia, mentre scorre Till rivela di essere mosso da una rabbia e un’indignazione non troppo comuni: se infatti molti film di denuncia si “riposano” sul pretesto stesso di raccontare qualcosa di scandaloso, senza poi lavorare quel sentimento attraverso le immagini, Till invece sceglie la strada meno facile, quella di mostrare momenti canonici in maniera piuttosto cruda e spiazzante. Proprio come volesse andare contro quel pregiudizio di perfezione che il film stesso ha creato.
Holy Spider
La vera idea di Abbasi però è di appoggiarsi al sottogenere investigativo dei pesci fuor d’acqua, quelle storie in cui qualcuno entra in un microcosmo che non gli appartiene, in cui è un outsider indesiderato ma nel quale nondimeno deve indagare tra mille difficoltà (come in The Witness o La calda notte dell’ispettore Tibbs), solo che il microcosmo questa volta è una città iraniana come mille altre e la protagonista è semplicemente una donna autonoma, per questo outsider di tutto e sempre in pericolo. Già in questo c’è un’affermazione eccezionale fatta con il cinema. Quando lei si leva il velo (a porte chiuse) sembra un’altra, tradisce un capello corto ribelle e pare essersi levata una maschera.
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