Marvel, Ennis e Parlov raccontano il giovane Frank Castle in Punisher: The Platoon
Ennis e Parlov tornano a raccontare una storia di Punisher con Platoon, che narra le sue gesta in Vietnam
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Ennis - Born era ambientata durante il terzo turno di Frank in Vietnam e sapevo che prima o poi sarei tornato indietro al suo primo e secondo, per dare una descrizione migliore e completa del percorso che lo ha portato alla Firebase Valley Forge.
Qui, vedremo come Castle abbia saputo impressionare dei... chiamiamoli talent scout, che osservano costantemente da dietro le quinte. La storia parlerà anche della sua prima uccisione e di quel che rientra o meno nel diritto di un uomo.
Parlov - Non abbiamo messo grandissima enfasi sul modo in cui ritrarremo l'evento della prima uccisione. Probabilmente, non mi sono nemmeno reso conto, nel disegnarla, che era la prima. Piuttosto, ho ragionato molto su come dipingere il giovane Frank Castle. Ero sorpreso di quanto sembrasse un ragazzo e mi è piaciuto moltissimo disegnarlo. Ho voluto che risultasse giovane, ma che mantenesse tutte le caratteristiche della sua vecchia versione MAX, in modo da renderlo immediatamente riconoscibile.La serie è carica di umanità. A volte diventa molto emotiva, a volte dura, altrove è divertente e in certi punti ti porta alle lacrime. Parla di amicizia, di quel che si è disposti a fare per salvare un amico. Decisamente, non è una storia con una morale divisa tra bianco e nero. Il nemico non è il male assoluto e tutti i personaggi sono tridimensionali, con molti strati di personalità, problemi realistici con cui tutti possiamo identificarci. Ci sono persone vere anche nel campo opposto, in guerra.
Tra l'altro, ho deciso di farli apparire soprattutto come giovani, ragazzi, spesso confusi, non davvero consapevoli di dove siano e cosa dovrebbero fare, trascinati sul campo da diverse parti del Paese, mai stati prima in una giungla. Il punto è far capire che non sono esseri malvagi che attendono dietro ai cespugli con l'unico desiderio nella vita di uccidere il diavolo bianco. Molti di loro, probabilmente preferirebbero essere a casa, a centinaia di miglia. Non sono qualcosa che abbiamo il dovere di odiare.Ennis - Come ho detto spesso, io e Punisher siamo sempre stati destinati a incontrarci, prima o poi. Inizialmente, mi tenevo ben lontano dai suoi fumetti, perché ogni tot numeri vi faceva una qualche sventurata comparsa un supereroe. Ma poi ho iniziato a capire che era possibile lavorarci. Quando Joe Quesada e Jimmy Palmiotti chiesero a me e Steve Dillon di realizzare delle storie, nel 1998, ci divertimmo un sacco e il successo fu tale da essere un gran beneficio per le nostre carriere.
Ma non credo di averlo mai capito fino in fondo, prima della serie MAX. Dopo l'11 settembre del 2001, ho iniziato a vederlo in maniera del tutto diversa. Improvvisamente ho capito che era un mezzo per capire il tipo di corruzione e di violenza, di male che c'era nel mondo e che ha condotto a quel giorno orribile. Non intendo agli attacchi nello specifico, ma al tipo di mondo che avevamo costruito per noi stessi.
Questo ha influenzato moltissimo il nostro Punitore. Per me, che non sono interessato al supereroismo, Frank Castle è un dono: un personaggio mainstream che puoi mettere in un mondo più o meno realistico. Come lui, conosco solo Nick Fury e John Constantine.
Ennis ha dichiarato che non ci sono legami con la trama del film Platoon, di Oliver Stone, che non è tra i suoi preferiti, che ritiene debole nella morale, nonostante la potenza del ritratto della guerra in Vietnam che ne scaturisce. Molto meglio Full Metal Jacket, per lui, che riconosce molto meglio i peccati e quel che non andava in quel conflitto e dà conto delle cicatrici che ha lasciato sul volto dell'America.
Ennis - Io e Goran abbiamo capito quasi immediatamente, nella nostra collaborazione, di poterci fidare l'uno dell'altro. Ho avuto l'impressione che ci fosse un po' di Joe Kubert nel suo stile, all'inizio, ma ben presto ho capito che aveva molto di personale da dire.
Per me, lui è praticamente il disegnatore di Punisher perfetto, per la grazia sotto traccia e la violenza repressa che conferisce al linguaggio del corpo di Frank. Dà tutto il senso di un uomo che si preoccupa molto poco del suo dramma e vuole semplicemente portare a casa il risultato.
Parlov - Quando Axel Alonso mi ha consegnato la prima sceneggiatura, non mi sono nemmeno accorto che era scritta da Garth. Solo in un secondo momento ho capito che era opera di quel tizio che ha scritto Preacher.
La storia mi ha colpito subito e le immagini mi venivano in mente automaticamente, sapevo all'istante cosa Garth volesse da me. E lo stesso è successo con ogni albo. Garth è uno scrittore eccellente, capace di farsi capire con poco. Il mio tipo preferito di sceneggiatore, dato che detesto le lunghe spiegazioni e le descrizioni interminabili.
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Fonte: Newsarama