Marvel: Chris Claremont parla degli X-Men di oggi, tra Fumetto e Cinema
Claremont a ruota libera sugli X-Men a fumetti e al Cinema, sul destino dei personaggi e le sue aspirazioni
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Il prodotto in questione si intitola Chris Claremont's X-Men e parlerà della carriera dell'autore e del suo lavoro sui mutanti. Ecco le dichiarazioni più interessanti scaturite dalla chiacchierata.
[caption id="attachment_33228" align="alignright" width="279"] Chris Claremont[/caption]
L'ego dello scrittore? La gioia della sperimentazione? Il fatto che nessuno mai me l'avesse chiesto? O che suonasse davvero figo? Tutte ragioni per dire sì a un documentario su di me, ma credo che di base la ragione sia l'ultima. Sembrava proprio una figata, dannazione.
Vedere le storie che ho messo in moto risolte da altri scrittori è sia frustrante che qualcosa che accetto in pace. Metà e metà. Fa parte del nostro lavoro. Ho preso la mia parte zen da Stan Lee, colui che mi ha assunto. Se lui poteva accettare che scrivessi io le storie, dopo i suoi cicli con Jack Kirby e Steve Ditko, chi ero io per lamentarmi? Certo che ci sia un po' di frustrazione, ma d'altro canto è anche vero che posso leggere l'arco narrativo di Joss Whedon sugli X-Men e trovarlo davvero notevole. Riconoscere cose che io ho fatto per primo.Davvero volete sapere da me perché gli X-Men non vendono più come una volta? Perché non li scrivo più io. [ride] Credo che ogni cosa abbia uno yin e uno yang. Se tornassimo agli anni Cinquanta, il genere più popolare alla TV sarebbe il western. In televisione era tutta una puntata di Bonanza, Rawhide e Wanted Dead or Alive. Vent'anni dopo, un sacco di serie su avvocati e dottori. Ora i supereroi. Tutto ha un ciclo e tutto ha un percorso.
Il motivo per cui sono altre le serie che ora vendono meglio alla Marvel potrebbe essere connesso a quel che sta succedendo nel mondo con il Cinema. D'altro canto, è l'andamento del mercato e del pubblico. Il fatto che la marea abbia avuto un riflusso, per quanto riguarda gli X-Men, non significa che non tornerà un giorno l'ondata di piena. Si tratta solo di trovare qualcuno che abbia le idee giuste e il modo migliore per proporle, che rimanga abbastanza a lungo da portarle allo sviluppo. Uno degli svantaggi dell'attuale universo della narrazione è che i talenti non rimangono abbastanza tempo su un singolo progetto. Non c'è più gente come Peter David o Brian Michael Bendis che sposa un personaggio per molti anni.Non ho mai lavorato come collaboratore ufficiale a un film degli X-Men, ma la struttura della Marvel è cambiata molto, dai tempi in cui i primi lungometraggi vennero prodotti. All'epoca, speravo che sarei stato coinvolto nei progetti, ma la casa editrice passò di mano e Bob Harras non era più Editor-in-Chief, così persi il mio posto di editor associato. Senza un ruolo interno, con Avi Arad e Kevin Feige che si occupavano dei rapporti con gli Studios, non c'era spazio. Ma il secolo è appena cominciato, chissà cos'accadrà?
Vista la quantità di materiale in produzione sugli X-Men e visto che io e Bill Sienkiewicz siamo stati accreditati nella serie Legion, e chissà se lo faranno anche per New Mutants, visto che Dark Phoenix arriva a novembre e Gambit è previsto per il prossimo anno, chissà che non accada. Tutto è possibile, specialmente nel mondo dei super eroi.
Alcuni si lamentano per il fatto che il prossimo X-Men sarà il secondo che tratta il personaggio di Fenice Nera. Ma mi pare che anche con James Bond abbiano adattato due volte Casino Royale, no? Credo che sia un paragone perfetto: la seconda Fenice Nera avrà lo stesso impatto sul mondo del cinefumetto che il secondo Casino Royale ha avuto sul mondo di James Bond. Credo che non sia poi male. Il regista, Simon Kinberg, è uno con il cuore dalla parte giusta. Ha il miglior cast di giovani attori che io abbia visto ultimamente e spero che dia del filo da torcere ad Avengers in quanto a gradimento.
Commentando il recentissimo ritorno di Jean Grey nelle storie a fumetti e il rischio, per la Marvel, di concentrarsi troppo sui personaggi classici, Claremont ha laconicamente suggerito di chiedere a William Shakespeare se pensa che le sue opere siano state variate, messe in scena e reinterpretate troppo. Del resto, chi sarebbe stupito tra cinquant'anni di vedere Harry Potter in chissà che salsa, riproposto al pubblico?
Un mio fumetto per cui avrei sperato miglior fortuna? The Black Dragon, senza dubbio. Io e John Bolton abbiamo adorato lavorare assieme. L'ho sempre amato e ho sempre voluto che vendesse di più. Ma la natura del mestiere di scrivere è questa: quando finisci una storia stai già pensando alla prossima, e quel che è fatto è fatto. Quel che mi entusiasma e mi attrae, quel che mi fa svegliare la mattina è raccontare ancora e ancora qualcosa di nuovo da proporre ai lettori sperando che lo apprezzino quanto me.
Fonte: Screencrush