Marvel, Champions: Jim Zub parla del numero sulle sparatorie nelle scuole

Jim Zub sulle difficoltà e l'importanza di affrontare un argomento scottante e traumatico su Champions

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Spoiler Alert
Come dovreste sapere, Champions #24 non sarà un numero come tutti gli altri. Lo sceneggiatore Jim Zub ha chiesto e ottenuto di poterla rendere una storia molto particolare, che affronta direttamente un argomento importante e controverso, molto sentito negli Stati Uniti - e non solo - ma anche parte di un dibattito complesso e acceso.

L'albo in questione vedrà come protagonista principale Miles Morales e impegnerà il giovane Spider-Man in una vicenda che riguarda la violenza nelle scuole e, nello specifico, le stragi e le sparatorie di cui, periodicamente, ci giungono scioccanti notizie da oltreoceano.

Lo sceneggiatore ne ha parlato diffusamente su Newsarama, alla vigilia dell'uscita dell'albo:

Champions #24, copertina di Sean Izaakse

La Marvel, da sempre, dipinge per noi il mondo che sta fuori dalla finestra, e questo argomento è diventato troppo importante da ignorare. Sentivo che Champions fosse la sede più appropriata per farlo, dato il numero di eroi adolescenti membri del gruppo e il fatto che la maggior parte siano studenti. Quindi, più di ogni altro titolo Marvel, era il più giusto per riflettere sulle violenze a mano armata e le conseguenze di queste tragedie.

Non c'è stata alcuna esitazione propriamente detta nel realizzare la storia. Semplicemente, volevo evitare di affrontarla di fretta, e ci siamo tutti presi il tempo necessario ad assicurarci di avere qualcosa di importante da dire, invece di reagire istintivamente alle notizie. Per me, parla soprattutto dell'effetto che questo genere di eventi ha sulle persone e sulle loro vite, del modo in cui possiamo stare vicini al prossimo durante periodi difficili e traumatici, di quel che ci succede dopo, non durante la tragedia.

E la cosa importante per me era dire qualcosa di significativo, e farlo senza che ci fosse soltanto un punto di vista. Voglio sottolineare che, da parte della Marvel, abbiamo avuto supporto alla nostra idea per tutto il percorso. L'ho proposta a Tom Brevoort nella prima metà dell'anno e lui non si è fatto spaventare, mi ha fatto capire che io posso proporgli ogni genere di storia, non importa quanto sia folle.

Da lì, il vaglio di tante personalità importanti, come Sana Amanat, Joe Quesada e C.B. Cebulski. Nessuno si è tirato indietro di fronte alla sfida, cosa che Zub ha apprezzato moltissimo. Da insegnante al college, lo sceneggiatore lavora con ragazzi un po' più adulti delle vittime più frequenti degli eventi di cui parla la storia, ma il tema lo appassiona non di meno. Champions, afferma, è una serie che parla di prospettive sul futuro, di giovani in cerca di un'identità. E questo tema è centrale per i giovani e le comunità di tutta l'America.

Voglio che i miei personaggi siano percepiti come veri adolescenti. Fanno errori, scelte difficili. In ogni storia di super eroi, mettiamo i protagonisti di fronte alle difficoltà per mostrare il loro coraggio. Champions #24 e la storia che vi raccontiamo fanno parte di questo processo e di una conversazione ininterrotta che riguarda la crescita e l'educazione dei membri del gruppo. Cambiano, cadono e imparano a rialzarsi.

La storia si intitola Trigger Warning, espressione del gergo medico americano che riguarda gli avvertimenti che preparano a possibili forme di depressione post-traumatica. Trigger significa "grilletto", come quello di un fucile. Un gioco di parole dal doppio senso orchestrato da Zub.

Comunque lo si interpreti, avverte i lettori dell'albo del fatto che questo non è un numero di Champions come tutti gli altri, ma che c'è un argomento più complesso e intenso tra le sue pagine. Inoltre, in prima pagina, abbiamo messo un testo di avvertimento alla storia, che chiede al pubblico di introdursi nella vicenda in maniera molto specifica e che la storia ha degli scopi molto precisi cui vogliamo tutti siano pronti e preparati.

La parola "grilletto" non è lì per caso e l'ho usata per indicare che ci sarà una conversazione dura, diretta, riguardo la violenza armata e affermare che questo tema ci riguarda tutti. C'è qualcosa di distorto nel modo in cui ne parliamo in generale, quindi, per me, questo era un modo per affermare entrambi questi concetti. Certo, è un gioco di parole, a suo modo, ma non è pensato per essere una strizzata d'occhio, per risultare furbo. Piuttosto, per convogliare due significati, entrambi seri ed importanti.

Perché proprio Miles Morales al centro della vicenda? Perché è, tra i Champions, quello con un parco di comprimari più strutturato e noto e, soprattutto, una vita scolastica già stabile presso i lettori. Inoltre, Spider-Man non era ancora stato il focus narrativo di una storia dei Champions della gestione Zub. Per lui, sia lo sceneggiatore che la Marvel hanno grandi piani e questa storia rischia di avere ripercussioni importanti sul suo futuro e sul suo modo di essere un Uomo Ragno.

Ho fatto molte ricerche per questo numero. Volevo che le conseguenze e egli effetti dell'incidente sulle persone fossero ben connotati, quindi ho scritto una scena di counseling nella prima versione della sceneggiatura e poi ho consultato molti professionisti del settore che lavorano nella mia scuola per perfezionarla. Ho parlato con persone che hanno lavorato con pazienti da sindrome post-traumatica per assicurarmi di aver rappresentato correttamente il modo in cui aiutano ad affrontare il dolore.

Volevo mostrare la specifica esperienza di Miles, ma anche illustrare i modi in cui, nella realtà, è possibile condurre qualcuno fuori dalla propria bolla, le conversazioni, i momenti in cui realizziamo che le cose che abbiamo passato dentro di noi possono essere espresse al di fuori. Per me era importantissimo. Anche se si tratta solo di poche pagine, volevo evitare gli stereotipi, rendere la scena realistica.

Zub, scrittore canadese, non ha un'esperienza diretta delle violenze statunitensi. Per questo, dice, ha potuto osservare le cose dall'alto, da fuori rispetto all'acceso e controverso dibattito politico sull'uso e la libertà di commercio delle armi. Ecco perché ha potuto, a cuore più leggero, mostrare punti di vista diversi per ognuno dei membri dei Champions, persone differenti che rispondono alla tragedia in maniera altrettanto diversa.

Mostrano sentimenti diversi rispetto alla questione, invece di affermare quale sia il modo giusto per reagire a una cosa come questa. Invece di mostrarli che puntano il dito e accusano o chiedono alla società di sistemare le cose, la storia ce li fa vedere mentre osservano il danno ormai fatto, le difficoltà che seguono e lasciano il lettore decidere cosa fare di queste situazioni e come affrontarle in futuro.

Sarebbe stato un errore dire alla gente come debba o non debba sentirsi di fronte a una cosa del genere. Sean Izaakse, Marcio Menyz ed Erick Anciniega hanno fatto un lavoro grandioso che cattura perfettamente l'emotività della storia. Sottile quando serve e aperta dove necessario. Non avrei potuto sperare in una collaborazione migliore.

La scena in cui la sparatoria avviene alla scuola di Kamala è stata difficilissima da scrivere per me e ancor più da vedere sulla pagina, perché colui che la commette non è un super cattivo bizzarro ed esagerato. In quel momento vediamo per un secondo qualcosa che davvero accade nell'America del 2018, e per realizzarla, Sean e gli altri hanno ricevuto da me vere foto, veri video, veri contributi dei notiziari, che abbiamo calato nell'Universo Marvel. Era importante farlo, ma ci ha anche spezzato il cuore.

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Fonte: Newsarama

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