Marvel: Bryan Edward Hill tra Psylocke, Killmonger, redenzione e reinvenzione

Lo sceneggiatore Bryan Edward Hill parla dei suoi lavori Marvel, dalla serie mutante Fallen Angels alla miniserie su Killmonger

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Krakoa e il Wakanda sono a modo loro due utopie nell’Universo Marvel, ma entrambe nascondono dei lati oscuri con un comune denominatore: lo sceneggiatore Bryan Edward Hill, che nelle sue opere più recenti ha tentato sia di sviscerare il complicato animo della nemesi di Pantera Nera, Killmonger, sia di scoprire quali passioni e pericoli si agitano nelle zone meno amichevoli della nazione mutante, concentrandosi sui protagonisti della miniserie Fallen Angels.

Sulle pagine del sito ufficiale della Marvel, Hill racconta come ha affrontato entrambe le sfide narrative e quali sono i temi e i personaggi che rientrano maggiormente nelle sue corde:

Killmonger #2, copertina di Juan Ferreyra

Hill - Per molto tempo sono stato fermamente convinto che sarei entrato nell’F.B.I.. Ero un lettore di fumetti, ma questo non mi invogliava a diventarne un autore. Mi invogliava a dare la caccia ai cattivi. Quando giunse il momento di scegliere la mia strada al college, mi ero già innamorato del Cinema (e continuavo a leggere fumetti), quindi andai all’università di New York e mi dedicai seriamente alla scrittura.

Non ho percepito troppa pressione quando ho lavorato su Killmonger dopo l’uscita del film, ma forse è dovuto al mio metodo. Quando lavoro, divento piuttosto impermeabile a questo genere di cose. Sono sul ring, combatto e basta. Diciamo che mi faccio pressione da solo al fine di fare qualcosa che non assomigli a ciò che ho già fatto in passato e che si distingua come qualcosa di più del semplice "fumetto legato al film di successo". Penso di essere riuscito a fare la prima cosa, saranno i lettori a decidere se sono riuscito a fare anche la seconda.

Lavorare con il disegnatore Juan Ferreyra è stato fantastico. È un artista innovativo e generoso, e un grande narratore. Mi piace da morire. Ho affrontato la storia del wakandano in esilio come una tragedia moderna, ho voluto seguire il giovane Erik nella sua odissea attraverso l’America per scoprire cosa l'abbia plasmato. Stilisticamente, quando ho iniziato a collaborare con Juan e a entrare in sintonia con il suo genio artistico, ho alzato la posta in termini azione, violenza e surrealismo, perché con il suo stile potente è in grado di gestire bene tutto questo.

Fallen Angels #2, copertina di Ashley Witter

Quanto ai mutanti, credo che il beneficio del nuovo status quo di Krakoa stia nel fatto che i personaggi possono essere più individuali e sviluppare obiettivi diversi oltre al classico "gli umani non ci vogliono". Quell’allegoria sociale è sempre importante, ma ora c’è più da esplorare. È un universo narrativo a parte, un intero territorio inesplorato all’interno della Marvel. È geniale.

Ho scelto di lavorare su Kwannon perché esteticamente si è sempre distinta come una figura carica di potere, ma su di lei specificamente non era mai stato scritto molto, al di là del suo periodo "Betsy". Avevo sentito che Betsy sarebbe diventata Capitan Bretagna, sarebbe entrata in Excalibur e tutto il resto, e non volevo che Kwannon andasse perduta nella confusione.

Szymon Kudranski, il disegnatore con cui ho lavorato, ha un tratto carico di emozioni. Molto catartico. Mi ricorda il genere di opere all’avanguardia che mi piacevano molto alla fine degli anni 80. Quando ho visto cosa sapesse fare, ho cercato di enfatizzare quegli elementi e di offrire alla sua immaginazione una piattaforma. È stato fantastico vedere cosa abbia fatto con quelle sceneggiature. È un tipo davvero interessante, Szymon.

Sia in Fallen Angels che in Killmonger emergono dei temi che sono presenti in quasi tutti i miei lavori, i temi della redenzione e della determinazione. La possibilità di reinventarsi e il modo in cui un obiettivo da perseguire possono trasformarti e dare alla tua vita e alle tue lotte un maggiore significato.

Fonte: Marvel

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