Lo squalo: lo scenografo Joe Alves riflette sulla leggenda del film

Lo scenografo Joe Alves parla de Lo Squalo in occasione dei 45 anni dall'uscita del capolavoro di Steven Spielberg, e ripercorre la creazione del mito

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Quando Lo squalo debuttò nei cinema degli Stati Uniti nel giugno del 1975 nessuno si sarebbe aspettato un successo così clamoroso come poi avvenne. Il film di Steven Spielberg, contro ogni pronostico, vide infatti file di persone fuori dai botteghini totalizzando un incasso record. Tradizionalmente viene attribuita proprio a questa pellicola, e al suo incredibile traino con il pubblico, l’origine del concetto di blockbuster estivo (in Italia arrivò a dicembre dello stesso anno). Per celebrare i 45 anni del film il sito ComicBook.com ha intervistato lo scenografo Joe Alves per ripercorrere la creazione del mito e scoprire l’eredità lasciata nel cinema.

Alves entrò nella produzione ancora prima che Spielberg fosse coinvolto e aveva iniziato a immaginare le scenografie basandosi sulle indicazioni date dal produttore David Brown quando ancora non era stato stipulato un accordo commerciale con Universal. Ma questo fu solo l’inizio delle numerose difficoltà affrontate dalla produzione:

Quando Steven è entrato a far parte del film abbiamo deciso che volevamo uno squalo di 8 metri e volevamo girarlo nell’oceano non in una piscina con dietro uno sfondo. Così quando abbiamo iniziato a parlarne con gli addetti agli effetti speciali della Universal e della Disney tutti mi hanno risposto che ci sarebbe voluto da un anno a un anno e mezzo per realizzarlo, dal momento che una cosa simile non era mai stata fatta da nessuno. E proprio qui stava il problema. Inizialmente pensavamo di avere un anno e mezzo per costruire lo squalo e fare i test e assicurarci che tutti funzionasse prima di girare il film. Eravamo nel novembre del ’73. Il libro (di Peter Benchley su cui è basato il film e di cui erano stati già acquisiti i diritti) è uscito nel febbraio del ’74 e lo studio ha detto “dobbiamo iniziare a girare tra due mesi”. Gli addetti agli effetti speciali non avevano più un anno e mezzo, avevano solo quattro o cinque mesi. E poi, ovviamente, lavorare nell’oceano è da pazzi, non si può mai sapere cosa succede.

Come è noto la produzione durò 159 giorni di riprese, nonostante ne fossero stati preventivati solamente 55. Il budget lievitò considerevolmente mettendo a rischio l’intera tenuta del progetto. In questo clima di tensione sul set il production designer e la troupe degli effetti speciali dovettero girare le scene senza la possibilità di effettuare camera test o prove. Secondo il racconto di Alves:

A maggio dovevamo girare tutte le inquadrature che potevamo senza lo squalo perché i ragazzi lo stavano costruendo e testando. Avevamo tre modelli di squalo differenti: uno su una piattaforma, su una gru e a rimorchio. Allora sono andato da Bob Mattey (artista degli effetti speciali) e gli ho chiesto quale funzionasse secondo lui. Lui ha risposto “credo lo squalo che si muove da sinistra verso destra”. Poi sono andato da Spielberg e gli ho detto “se va bene, giriamo e teniamolo, se non va diciamo che è un test”.

lo squalo set

Il film è caratterizzato dalla minaccia misteriosa, sottile, ma concreta dello squalo. A livello di tempo sullo schermo lo si vede poco, ma la sua minaccia è costantemente presente. Una delle voci nate attorno alla produzione fu legata proprio a questa assenza del “villain” dalle inquadrature. È stato detto infatti che la produzione aveva usato così poco lo squalo perché si erano accorti che in molte scene non era credibile. Queste affermazioni sono state prontamente smentite:

Non è andata affatto così. Eravamo fuori tempo e fuori budget, ma alla fine abbiamo avuto tutte le inquadrature che volevamo. Era parte dell’idea di Steven di rendere il tutto più misterioso e non avere ovunque lo squalo. Uno dei momenti in cui mi sono reso conto che il tutto stava funzionando è la sequenza in cui appare all’improvviso e Roy Scheider dice "Ci serve una barca più grossa!”. Era perfetta.

Richard Dreyfuss, nel 2018, aveva proposto di rifinire la creatura in digitale e proporre alle giovani generazioni una copia “aggiornata” del film. Alves ha prontamente sottolineato quello che secondo lui è il problema con la computer grafica: a fronte di grandi potenzialità e di grande realismo c’è però la tentazione di abusarne. È facile passare dall’avere uno squalo ad averne molti solamente perché sono facili da ricreare a computer.

Ho rivisto Lo squalo due anni fa in Catalina dove c’era un museo che esponeva per sei mesi le illustrazioni del film, Greg Nicotero aveva realizzato tre riproduzioni dei personaggi a grandezza reale. Una notte hanno fatto una proiezione del film sul grande schermo. Non lo vedevo al cinema da veramente tanto tempo e in quel momento ho capito che il cuore del film sono i tre personaggi. Tre persone differenti su una barca. Un vecchio pescatore irascibile, un biologo, e un poliziotto che non vuole essere lì. Il film non parla di uno squalo, ma della relazione tra queste tre persone. Il film è tutto questo, replicarlo oggi sarebbe come rifare Via col vento da capo.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

lo squalo film

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