L'industria italiana sdogana il pirata ma continua a progettare di punirlo

Finestre differenziate per ogni film entro il 2013? Una legge antipirateria che non colpisca i singoli? E’ davvero qualcosa di fattibile?

Critico e giornalista cinematografico


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Ci sono due cose molto divertenti nell’intervista che il nostro Francesco Alò ha fatto a Riccardo Tozzi, il più interessante produttore italiano e uno tra i più importanti (in questo momento anche presidente dell’ANICA, l’associazione che riunisce produttori ed esercenti), in cui si racconta dell’incontro fatto sul treno tra il grande produttore e un ragazzo che accanto a lui guardava una copia piratata in ottima qualità del suo Romanzo di una strage, ben prima dell’uscita in sala.

La prima è l’incredibile sfortuna di quel ragazzo e il racconto che questi farà agli amici su quanto accadutogli. La seconda è come Tozzi racconti e spieghi che i pirati sono nuovi cinefili, appassionati, conoscitori e in grado di collegare stili ad autori (o produzioni).

E’ un tratto importante che l’industria scopre tutto insieme (solo 3 anni fa, in una conferenza FAPAV il sottoscritto assisteva all’esposizione di alcuni disegni di bambini nelle cui famiglie si pirata, confrontati con disegni di bambini che vedono film legalmente, i primi tristi e con toni di grigio, i secondi colorati) e sul quale ha deciso di battere. L’ovvietà più grande in assoluto, ovvero che chi non intende aspettare, si rifornisce di molti film e serie tv scegliendoli accuratamente da un catalogo sterminato e impara a trovarli e fruirli in mille modi diversi, sia più appassionato di chi invece va al cinema e sceglie il film all’ultimo momento guardando le locandine del multisala di turno, diventa una scoperta.

Scoperta non certo di Tozzi, che notoriamente è produttore accorto e conoscitore serio del proprio pubblico e dei sistemi di fruizione, quanto del resto dell’industria. Tozzi in quell’intervista parla ad un giornalista, cioè parla ad un pubblico, parla per essere sentito e porta la sua esperienza per convincere una larga fetta di opinione pubblica e professionale di quello che tutti coloro i quali girano e frequentano le cose della rete sanno da anni. Che quel branco di scaricatori è un branco di appassionati veri (che frequenta anche le sale) e che viceversa chiunque sia realmente interessato a film e serie tv, non si ferma di fronte ad un download illegale se intende vedere un film che la distribuzione gli ha impedito di vedere.

Perchè come dice Enrico Ghezzi "Che il cinema lascia le sale per il web è indifferente, perché può vivere senza essenza".

Che i produttori riconoscano finalmente il fatto che i pirati sono il pubblico migliore che possano desiderare e che si tratta (in linea di massima) di un pubblico disposto a pagare ma per un servizio serio, affidabile e concreto, sembra un passo avanti importante.

Peccato che Tozzi stesso ancora ritenga che fino a che rimane la possibilità di avere gratis ciò che dovresti pagare, gli utenti non sceglieranno mai di pagare. Questo non è vero e la musica lo sta dimostrando con la crescit del download legale e legittimo, senza che la pirateria sia arrestata. Questo per il semplice motivo che il prezzo che si paga in rete per musica, film e quant’altro non è il prezzo del contenuto, cioè non è il prezzo del disco o del film, ma quello del servizio. Dal momento in cui si trovano gratis quei beni diventano grauiti, di fatto, ciò che va pagato invece è la sicurezza del download, della buona qualità, un servizio rapido, veloce e affidabile, uniti da un’interfaccia chiara (la grandissima parte degli utenti farebbe carte false per un sistema facile da usare). Insomma quello che fa iTunes con la musica, un’esperienza utente che valga quei pochi euro e che disincentivi dall’imbarcarsi nelle ricerche pirata.

Al contrario quest’importante revisione della percezione sociale del pirata, nelle parole di Tozzi si accompagna alla previsione di un nuovo progetto di legge antipirateria che dovrebbe colpire chi con la pirateria ci lucra e non i singoli. Un progetto che dovrebbe portare nel 2013 (prima della fine del governo tecnico) ad avere window distributive diverse per ogni film.

La previsione sembra molto più che ottimistica, difficile immaginare davvero che di qui a meno di due anni ogni film possa avere la possibilità di scegliere i tempi delle proprie uscite su diversi media, affiancando la sala con il video on demand o addirittura facendola precedere da questo.

Inoltre stando a quanto riportato da La Stampa, nel nuovo disegno AgCom non c’è traccia di quella volontà di non colpire i singoli, anzi. Sembra si tratti di un HADOPI francese tradotto nel nostro ordinamento, che poi è il sogno nemmeno nascosto manifestato all’unanimità in ogni conferenza a tema pirateria, senza mai considerare il fallimento del provvedimento francese e l’incremento di pirateria seguito ad un primo periodo di fisiologica paura.

Intanto ci teniamo la riabilitazione (da parte del sistema) della figura del pirata e l’implicita ammissione di colpa di non aver saputo soddisfare quel consumatore. Per il resto, come sempre, si rimane in attesa di un’idea più lungimirante di “alternativa”.

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