Le videoteche esisteranno ancora?
E soprattutto, servono ancora le videoteche tradizionali? In un momento in cui il settore è pesantemente colpito, vediamo cosa dobbiamo aspettarci...
Fonte: Varie
Per questo, qualche settimana fa c'è anche stata una manifestazione organizzata dal Coordinamento Nazionale delle Videoteche Associate e appoggiato dall'Univideo. Interessante, a giudicare da questo resoconto, per come risulta emblematica di un certo modo di ragionare tipicamente italiano. Infatti tutti hanno lamentato le perdite subite (e fin lì, nulla da dire) e soprattutto hanno tentato di avanzare proposte per rilanciare questi esercizi, ma senza porsi un punto fondamentale: le videoteche servono e hanno ancora ragione di esistere?
Intendiamoci, perché non voglio certo sembrare cinico. Non è bello che tanti commercianti e dipendenti perdano il loro posto di lavoro. Ma qui il punto non è se è bello o meno, ma se una determinata realtà commerciale ha ancora ragione di esistere o se diventa obsoleta. Era bello vedere le persone che costruivano macchine da scrivere dover cessare la propria attività per 'colpa' dei personal computer? E i realizzatori di cabine telefoniche ritrovatisi senza lavoro per via dei cellulari? Purtroppo (e per fortuna), che la cosa piaccia o meno, è impossibile fermare il progresso e se un determinato servizio viene offerto in forma migliore di come era stato fatto in precedenza, probabilmente chi lo offre ancora in maniera 'antica' avrà grossi problemi economici.
Eppure, i partecipanti di questo convegno non sembrano pensarla così. E non stiamo parlando solo dei rappresentanti del settore, che ovviamente e giustamente portano acqua al loro mulino, ma anche del mondo politico. Tra chi, come la Carlucci, continua a portare avanti la 'sua' (si fa per dire) proposta di abolire l'anonimato per gli utenti di Internet, a chi come il segretario della Commissione Lavori Pubblici, il senatore Luigi Vimercati del PD, sostiene che si potrebbe "accompagnare l’abbonamento a Internet a quote aggiuntive che mirino a compensare il danno portato dalla pirateria", senza spiegare come poi queste quote dovrebbero essere spartite (anche a realtà che non funzionano più?).
Di sicuro, per ora le proposte commerciali fatte per unire videoteche e Internet in Italia sono decisamente poco efficaci. Penso a un sito come Cinemalfa.it, che ha riscosso molto interesse in diverse pubblicazioni di settore, ma che è francamente strano. Come funziona questo servizio? Intanto, Cinemalfa raggruppa delle videoteche che mettono a disposizione i loro titoli per la diffusione su Internet. Chi vuole usufruire del servizio, cerca la disponibilità di un titolo (al momento, meno di un centinaio, anche se ci sono i titoli più forti usciti nell'ultimo anno) in questo circuito di videoteche. La cosa paradossale è che la copia di cui uno usufruisce rimane bloccata in quella videoteca e non può essere noleggiata da un cliente 'tradizionale'. Sicuramente, ci saranno motivi legali per questa scelta, ma è difficile pensare che questo sia il modo più comodo per approfittare del mercato online. Se i Radiohead sostengono che ogni invio del loro disco online agli utenti è costato in media tre centesimi di dollaro, perché uno dovrebbe partire da una copia fisica di un dvd (che i commercianti comprano a prezzi di mercato, quindi oltre i 100 euro) per un servizio del genere e non da una copia digitale facilmente replicabile dalla major che ne detiene i diritti? Ecco, spero che non sia per iniziative del genere che si pagheranno eventualmente delle tasse supplementari...
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