Le origini segrete di Mike Allred, tra carriera, sogni di gioventù e la moglie Laura

Mike Allred, uno dei disegnatori più bizzarramente classici e classicamente originali del panorama americano, si racconta

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


Condividi

Compare, per la nostra gioia, un'intervista a Mike Allred su Newsarama. L'autore che ha scritto il proprio nome nella Storia con Madman, personaggio del tutto fuori dagli schemi dei comics americani, che ha manipolato e processato il Fumetto di super eroi in maniera originale, dissacrante e terribilmente consapevole, ha parlato di sé e del suo lavoro; il quale lo ha portato recentemente a firmare X-Cellent per la Marvel, un progetto indipendente ancora top-secret e Bowie, biografia della scomparsa icona della musica.

Eccovi gli estratti più interessanti dalle sue dichiarazioni:

Bowie: Stardust, Rayguns, & Moonage Daydreams, copertina di Mike Allred

Allred - No che non mi aspettavo una carriera del genere. Non a questi livelli. Forse da giovane ho sognato di scrivere qualche storia degli X-Men, ma non certamente di creare il mio team personale, con X-Statix. Né che apparissero in un film, come ha fatto Zeitgeis in Deadpool 2. Che figata! Ma sin dai miei primi fumetti indie ho fatto citazioni e riferimenti a David Bowie, anche se certamente non avrei osato sperare di realizzare una graphic novel elegante e profonda su di lui.

Il primo contatto con i fumetti è tra i primi ricordi della mia infanzia. Mio fratello maggiore, Lee, mi fece cadere dal tavolo su cui stavo ballando. Mi svegliai in un letto d'ospedale con una commozione cerebrale, coperto di albi a fumetti. Lee aveva convinto mamma e papà a comprarne un po' al negozietto dell'ospedale. Grazie a Lee e ai suoi eccellenti gusti, sono cresciuto attorniato dai migliori fumetti in circolazione.

A un ragazzino di quell'età, oggi consiglierei ogni cosa che ho realizzato per l'universo di Madman. Specialmente The Atomics, probabilmente la serie più adatta a tutte le età che abbia scritto in quel contesto. Secondo me ai bambini fa bene un po' di bizzarria contorta nella loro dieta infantile. Ma nel novero ci sarebbero sempre grandi classici come i primi cento numeri di Fantastic Four e Amazing Spider-Man. Non si sbaglia mai con il classico moderno di Jeff Smith, Bone, e con Polpette spaziali di Craig Thompson. Una cura a fumetti spettacolare per un bimbo malato.

Marvel Comics #1000, variant cover di Mike Allred

Da bambino ho avuto un sacco di cotte fumettistiche. Medusa è stata bella grossa, ma anche Gwen Stacy era una ragazza reale, per me. L'ho amata moltissimo. Quando morì tra le braccia di Spider-Man ne fui devastato. I comics erano il mio luogo rifugio, dove potevo sempre contare sul fatto che l'eroe avrebbe salvato il mondo. La sua morte mi traumatizzò seriamente. Ho sempre fatto del mio meglio per comprare ogni uscita al negozio di alimentari. Prima della nascita delle fumetterie era virtualmente impossibile recuperare tutti i numeri in fila di una serie. La morte di Gwen mi fece smettere di leggerli.

Solo diversi anni più tardi ripresi a spendere soldi per i fumetti, quando trovai un ciclo completo di storie di Conan firmato da Barry Windsor-Smith in una libreria dell'usato. E poi il mio amico Charlie Custis mi mostrò cosa stava succedendo nel mondo dei comics negli anni Ottanta. Caddi nel magico mondo delle fumetterie e il mio amore rinacque. La mia passione, da allora, non ha fatto altro che crescere.

Allred ha dunque parlato di Dead Air, un suo fumetto del 1989 basato vagamente sulla sua esperienza di conduttore radiofonico, presso una stazione gestita dall'amico d'infanzia Eric Worden. Dopodiché la vita l'ha portato a lavorare come reporter televisivo in Europa. Fu l'Air Force, interessata ai suoi talenti di speaker per la radio, ad assumerlo per continuare il suo lavoro presso l'emittente dell'Accademia Aeronautica di Colorado Springs.

Dopodiché, Allred iniziò a fare TV per la stazione televisiva dei cadetti. Da lì, un altro incarico come reporter per un'emittente che gli chiese servizi sullo stile di vita degli americani nel Vecchio Continente.

Giant-Sized X-Statix #1, copertina di Mike Allred

Allred - La mia prima storia raccontava di un salvataggio in elicottero di certi operai e di uno spettacolo di aerei finito in tragedia, con due jet italiani che si scontrarono in volo, uno dei quali cadde sulla folla. E poi avevamo il compito di recuperare filmati privati di sopravvissuti, da mandare in onda. L'ultima parlava della caduta del muro di Berlino ed era un'intervista a rifugiati della Germania Est. In quel periodo, i fumetti iniziarono a farmi guadagnare abbastanza da trasformarli da hobby a lavoro. Cominciai nel 1990.

Mia moglie Laura lavorava a tempo pieno come manager di una gioielleria, che ci tenne a galla nei periodi in cui la mia carriera di fumettista zoppicava, all'inizio, ma grazie a lei non ho mai più avuto nessun altro "lavoro vero". Mi piace pensare che, in effetti, dal 1989 non ho più dovuto lavorare. Tutti i giorni della mia vita, da allora, non faccio altro che divertirmi.

L'influenza su di me della Pop Art c'è sempre stata. I miei genitori avevano libri d'Arte, erano abbonati a varie riviste, ai libri del Time e di Life. Andy Warhol compariva su alcuni di essi, e io conosco la sua arte dacché ho ricordi. Ho memoria di discussioni tra adulti che parlavano di quel che era Arte e quel che non lo era, e ricordo di come dicessero che le serie TV di Batman e Monkees citassero la Pop Art. Quindi ho dei riferimenti sin dall'infanzia, al riguardo.

Quando mi sono sentito arrivato come fumettista? Facile. Gennaio 1990, e poi nel 1994, quando Laura ha potuto dedicarsi al lavoro di colorista a tempo pieno. Eravamo preoccupati dal fatto di lavorare assieme, che ci saremmo stancati l'uno dell'altra, ma invece ci ha portati a essere ancora più vicini il fatto di condividere ogni successo, ogni evento, viaggio ed esperienza. Una benedizione.

Giant-Sized X-Statix #1, promo

Il successo per me è sempre stato definito dalla possibilità di guadagnarmi da vivere facendo quel che amo. E ho avuto fortuna. Ancora oggi sono sorpreso del fatto che abbastanza gente ami il nostro lavoro e ci permetta così di continuare.

Io e Laura siamo consapevoli del fatto che le esperienze che condividiamo non hanno prezzo. Quando vivevamo in Germania e dovevo viaggiare per l'Europa senza di lei ero frustrato: non riuscivo a farle capire davvero quel che avevo visto, sentito e imparato. Se sei fortunato abbastanza da passare la vita intera con la tua sposa, suggerisco di non dare per scontata questa fortuna.

Quando doveva decidere se lasciare o meno il lavoro in gioielleria per colorare fumetti per vivere, entrambi eravamo molto preoccupati per l'effetto che avrebbe avuto sul nostro rapporto. Forse avremmo sentito il bisogno di spazio e tempo per noi stessi, da soli. Invece è successo il contrario. Laura è la mia dipendenza definitiva. Quando restiamo lontani per qualche tempo, diventiamo matti.

Fonte: Newsarama

Continua a leggere su BadTaste