L'Aida: Sergio Gerasi ci parla della sua nuova graphic novel BAO Publishing
In occasione dell'uscita di L'Aida, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l'autore della graphic novel, Sergio Gerasi
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Anche in quest'occasione, Milano offre non solo lo sfondo per la storia ma anche spunti su quanto succede ai protagonisti. In particolari, le contraddizioni che l'artista ha sempre riscontrato nella città hanno portato negli anni alla nascita di tante correnti artistiche, e lui stesso ha confessato che un tipo di rivolta come quella che vediamo nelle pagine di L'Aida potrebbe nascere in un luogo così.
Come già successo in occasione di Un romantico a Milano, anche in questo caso assistiamo a una metamorfosi della protagonista, sia sotto il profilo umano, sia sotto il profilo estetico. La scelta nasce come volontà dell'autore che ama evidenziare i passaggi principali della trasformazione attraverso anche questi cambiamenti grafici.
La storia lancia un attacco allo scenario attuale in cui i social network hanno generato un corto circuito davvero preoccupante, in cui il concetto stesso di verità è stato messo in discussione, spesso violentato, prendendo una brutta deriva. In questo contesto, Aida cerca un posto in un mondo distorto che ha fame di realtà, come confessa lo stesso Gerasi.
Il volume è destinato a un pubblico anche più giovane, allargando il target a cui possa arrivare la storia. Non è un romanzo generazionale ma è evidente la voglia di aprirsi a un pubblico diverso.
Quando è toccato a noi, abbiamo posto questa domanda all'autore:
In un passaggio di L'Aida, uno dei membri del del collettivo Virus dice: 'Noi siamo artisti, dobbiamo far passare dei messaggi, smuovere coscienze, svegliare la gente dal torpore che regna sovrano..'. Questa è la tua idea di arte o artista? O si tratta solo di riportare una particolare concezione dell'arte che volevi evidenziare?
Gerasi - In parte sì anche se non del tutto. [Ride] Il collettivo Virus è composto da ragazzi di venti anni e quindi, vista la poca esperienza, da un gruppo di persone che commette degli errori, che sbaglia. In alcuni passaggi, sono più profondi e in quelli mi rivedo; in altri, traspare una certa superficialità, abbastanza tipica per la loro età, e quelle sono le parti meno condivisibili.
Io non volevo che fossero un'entità positiva all'interno del romanzo ma che avessero posizioni diverse.
Altra domanda sulla scelta della palette: a dispetto del tuo precedente lavoro, i colori appaiono più accesi, vivi, quasi a distorcere la realtà. Qual era il messaggio che volevi far passare dietro questa scelta?
Gerasi - I colori sono quasi tutti opera di Valeria Brevigliero su indicazione mia. Sono stati realizzati in digitale a differenza dell'opera precedente e volevo che non fossero realistici, ma fluo. Qualcuno potrebbe dire acida, ma io preferisco dire fluo, punk. Volevo che fossero disturbanti, accesi. Ho puntato su una roba che fosse una legnata sui denti.
Ed è una scelta che si riallaccia alla volontà di aprirti a un pubblico più giovane. D'altronde, nelle prime pagine troviamo diverse citazioni della cultura Pop.
Gerasi - Sì, ho cercato di fare qualcosa di diverso da tutto quello che ho fatto finora in BAO: dai grigi di In inverno le mie mani sapevano di mandarino agli acquerelli di Un romantico a Milano, per poi giungere a una soluzione elettro-punk! [Ride]
La chiacchierata continua poi sulla scelta della particolare location (la zona periferica di Milano) e sulla volontà di realizzare delle belle rappresentazioni del cielo, cosa che viene brillantemente portata avanti.
La chiusura non può non essere dedicata ai consigli musicali, ovvero quale sarebbe la colonna sonora ideale per L'Aida. La scelta non può non ricadere sul punk, in particolare partendo dai CCCP, per poi passare ai Negazione e alle Pussy Riot.