La vita dei film italiani all’estero non è quella che immaginiamo
Né tantomeno quella che dovrebbe o potrebbe essere. Lo spiega un volume appena uscito che approfondisce la vita dei film italiani all’estero
LEGGI: Il cinema italiano per la prima volta tenta di cambiare sul serio: nasce Moviement
LEGGI: È ufficiale: la Cina batte gli USA e ottiene i maggiori incassi cinematografici del 2020
Quello che emerge dalla lettura di Cinema Made in Italy non è solo che i prodotti più popolari in Italia non sono i più popolari all’estero (fatto abbastanza noto) ma che i prodotti più noti e circolati all’estero non sono soltanto quelli che pensiamo di conoscere e che c’è una strana sproporzione tra quanto esportiamo e il successo di quel che esportiamo.
A partire dalle politiche europee e poi grazie all’inerzia del sistema di produzione italiano, incapace da molto tempo di produrre un valido prodotto medio, polarizzato com’è tra cinema d’autore a basso budget e cinema popolare ad alto budget, è accaduto che il cinema italiano più internazionale che ci sia è quello da festival, per sua natura più portato a confrontarsi con gusti transnazionali, ma anche più di nicchia e con meno speranze di grande successo. Questo non era vero ancora negli anni ‘80 e di più nei ‘70 e ‘60 quando erano le nostre produzioni più popolari le più esportate.
[caption id="attachment_465282" align="aligncenter" width="1400"] Paesi europei con il maggior numero di spettatori di cinema italiano[/caption]
Secondo uno degli studi del libro è la sovraproduzione di cinema italiano a rendere complicato l’investimento nella sua circolazione, soffocando e levando risorse alla promozione dei pochi titoli che avrebbero speranze.
Così l’effettiva circolazione è legata ad eventi poco programmabili e forme di promozione “esterna” incontrollabili, come il successo ad un festival o un premio ambito. E questo senza contare il dato che vuole che nel periodo tra il 2011 e il 2017 (l’anno di minima circolazione di film italiani all’estero) la nostra produzione sia aumentata del 40% mentre la presenza ai festival diminuita del 110%. In compenso i pochi film andati ai festival sono stati quasi tutti distribuiti all’estero però perché molto premiati.
Questi film premiati girano in un numero sempre maggiore di paesi, almeno dal 1998 quando erano 14 i paesi a distribuirli, fino al 2017 quando sono stati 28. Ma non è cresciuto di conseguenza il loro successo.
[caption id="attachment_465276" align="aligncenter" width="1400"] Quanti film italiani comprano i vari paesi europei[/caption]
Accade così che per quantità di film esportati siamo con i paesi più grandi d’Europa (Francia, Spagna, Regno Unito e Germania), ma se si contano le presenze in sala che raccolgono i nostri film al di fuori dell’Italia siamo con i più piccoli (Belgio, Svezia, Danimarca e Finlandia).
Un corollario non da poco di tutto ciò è che la circolazione all’estero è più che altro figlia non di un successo popolare ma di uno di nicchia, figlia cioè di quello che determina le vendite nei grandi mercati festivalieri (Cannes, Toronto, Berlino e Venezia), ovvero premi e recensioni positive. In parole povere è il gradimento di pochi ad aumentare la circolazione. Gradimento che spesso, rileva uno dei capitoli di Cinema Made in Italy, è dato dall’aderenza o meno dei suddetti film all’immaginario consolidato del cinema italiano. Cioè a quanto somigliano, richiamano o rievocano il cinema italiano del passato.
[caption id="attachment_465277" align="aligncenter" width="1400"] Quanto vengono visti i film italiani distribuiti nei paesi europei[/caption]
Più in generale Cinema Made in Italy per il periodo 2007-2016 distingue 5 tipologie di circolazione all’estero dei film italiani.
- I film para-televisivi come Winx Club, Il segreto del regno perduto e Winx Club 3D, capaci di arrivare ad una media di 1,2 milioni di presenze ciascuno in una media di 20 mercati diversi, o i film tv Karol, un uomo diventato papa e Karol, un papa rimasto uomo arrivati in sala in Polonia con una media di 1,7 milioni di presenze.
- I film di buon incasso in Italia che hanno mercato unicamente nelle nazioni attigue alla nostra per cultura o radici: è il caso di Quo vado? in Spagna, Svizzera, Grecia, Portogallo e Romania o di Benvenuti al Sud in Spagna e Germania.
- I successi festivalieri come Gomorra di Matteo Garrone, arrivato ad 1,6 milioni di presenze in tutto il mondo (esclusa l’Italia), o Habemus Papam di Nanni Moretti, distribuito in 34 mercati internazionali e presente ad oggi in 27 cataloghi di video on demand. Fino a La grande bellezza, benedetto da festival e Oscar.
- Le produzioni o co-produzioni con una spiccata vocazione internazionale come Youth, Chiamami col tuo nome o To Rome With Love, girate in inglese o anche in inglese, dotate di un cast di richiamo internazionale e mediaticamente forti.
- Infine i film per i quali vengono venduti i diritti di remake, il cui unico grande alfiere nel periodo studiato è il caso Perfetti sconosciuti.
[caption id="attachment_465278" align="aligncenter" width="2200"] La top ten dei film italiani in Italia e all'estero tra il 2007 e il 2016. Da notare la differenza tra numero di territori in cui sono distribuiti e numero di presenze per tutti i film che non sono To Rome With Love[/caption]
Non mancano ovviamente eccezioni che sfuggono a questo schema e la cui circolazione, di nuovo, è però figlia più di serendipity che di programmazione. Ad esempio Pranzo di ferragosto di Gianni Di Gregorio, un film di medio ed inaspettato successo in Italia che in certi mercati ha trovato terreno fertile arrivando ad essere distribuito in 15 territori tra cui Spagna, Francia e Germania per 1,5 milioni di presenze. Tutto senza essere internazionale (anzi) e senza un grande autore dietro (anzi).
L’altro caso è invece Suburra di Stefano Sollima, una rara produzione di genere di alto profilo per il cinema e non per la televisione. Anche questo è stato distribuito in 15 territori e ha raggiunto 900.000 presenze.