La RAI abbandona YouTube e la sua controstoria fatta dagli utenti

La rottura della RAi con YouTube avrà poche conseguenze sull’upload di nuovi video, che si sposterà sull’ottimo Rai.tv, ma sarà una catastrofe per quanto riguarda l’archivio...

Critico e giornalista cinematografico


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Che fosse necessario ridiscutere l’accordo pare evidente a tutti ma addirittura mollare in toto YouTube è eccessivo. La RAI ha deciso di ritirarsi dalla piattaforma di condivisione video più usata al mondo, dal 1° Giugno non solo scompariranno tutti i video del suo canale ufficiale ma comincerà a richiedere la rimozione di qualsiasi cosa le appartenga. Il che significa che YouTube dovrebbe rimuovere tutti i contenuti caricati dagli utenti di proprietà della RAI. La mole, ormai, è spaventosa ma la perdita umana lo è ancora di più.

Che la RAI facesse bene a voler ridiscutere quel contratto del 2008 in base al quale deve caricare almeno 7.000 video l’anno per avere in cambio 700.000€ sembra ragionevole. YouTube non è quello del 2008, nemmeno le visualizzazioni lo sono più e non è difficile credere che il servizio pubblico possa, attraverso la propria concessionaria pubblicitaria e sul proprio Rai.tv, fare più denaro (loro sostengono “il doppio”).

E in fondo Rai.tv è così ben fatto che non è nemmeno un problema colossale per gli utenti lo spostamento in quella sede dei video (è chiaro che YouTube è più comodo in assoluto, ma Rai.tv ha un’interfaccia rapida e un motore di ricerca buono, insomma si trova quel che si cerca e gli upload sono sempre tempestivi). Certo questo vuol dire abbandonare qualsiasi idea di uno sfruttamento internazionale dei video, quella serendipity che ha portato il video di suor Cristina a girare il mondo raccogliendo 50 milioni di visualizzazioni, e sottrarsi alle principali innovazioni a venire (difficile che la tecnologia di Rai.tv sappia aggiornarsi in fretta come YouTube).

Ciò che in pochi però sottolineano di tutta questa faccenda è come RAI e YouTube (che poi vuol dire Gubitosi e il boss di Google Italia Fabio Vaccarono) non abbiano trovato un accordo per il resto dei video.

Da anni YouTube consente ai detentori di diritti di monetizzare anche quei contenuti che non uploadano loro stessi sulla piattaforma. Sfruttato principalmente dai musicisti, Content ID riconosce l’impronta dei video e consente al detentore in questione di richiederne la rimozione o riscuotere l’introito della pubblicità che vi compare accanto. Nel caso di RAI questi video uploadati dagli utenti sono il vero tesoro.

Il servizio pubblico al momento (e non vedo in un futuro un possibile cambio di rotta) fa un lavoro buono sulle proprie teche, non eccezionale, invece gli utenti di YouTube hanno nel tempo messo in rete una quantità di materiale (ma soprattutto una qualità) impressionante. Partendo dal principio che online non si può mettere TUTTO, la prima domanda è: come scegliere quali spezzoni rendere disponibili? La risposta della RAI sarebbe di un tipo (cioè quale parte del proprio archivio mostrare e quale nascondere) quella degli utenti tutt’altra e se è vero che di servizio pubblico si parla, la controstoria della RAI fatta dagli utenti è una conquista preziosissima.

Su YouTube ci sono momenti molto imbarazzanti per la RAI eppure storici, ci sono parti che probabilmente l’azienda non vorrebbe far girare, ci sono intere trasmissioni (si parla di ore) uploadate, cosa che non potrebbe essere sostenuta dal sito (non questa mole, costanza e continuo aggiornamento). In più la rete ha una reattività che un colosso come RAI non può avere ed è capace di mettere online certi pezzi d’archivio nel momento in cui possono tornare d’attualità.

Che Gubitosi e Vaccarono non abbiano trovato un accordo su mantenere almeno questo tipo di video è la vera disgrazia. Già Mediaset ha deciso di tenere un simile atteggiamento e la perdita è sensibile ma in fondo relativa, nel caso di RAI è tale e tanto il materiale che andrà perduto da catalogare l’evento come funesto.

In nessun altro caso sarà possibile mettere a disposizione di tutti gratuitamente un simile archivio.

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