La filosofia dei VFX di James Bond raccontata da chi li ha fatti per cinque film

Mara Bryan ha curato gli effetti visivi di cinque film di James Bond spiega in un'intervista l'evoluzione e la filosofia che li accomuna

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Mara Bryan ha una prospettiva unica sull’evoluzione degli effetti speciali nei film di James Bond. È stata lei ad aprire l’epoca degli effetti speciali digitali nel franchise di 007 con GoldenEye. A partire dal film del 1995 Bryan li ha supervisionati per altri quattro capitoli andando a coprire tre decadi nell’evoluzione dell’agente segreto. Che cosa è cambiato e qual è la filosofia che lega queste produzioni? La risposta viene da un’intervista fattale dal sito ufficiale di 007.

Al tempo di GoldenEye la saga non era abituata ad avere schermi verdi sui set. Gli effetti visivi erano pratici e il digitale era una frontiera da scoprire. Il budget per gli effetti ottici inizialmente ammontava a sole 40.000 sterline, dopo qualche lotta per il budget si riuscì a coprire 150 inquadrature con effetti speciali in computer grafica. Per avere una scala di misura: l’ultimo film di James Bond, No Time To Die, conta 1486 inquadrature con VFX. 

L’evoluzione degli effetti speciali nei film di 007

Se avete letto il nostro articolo sui peggiori effetti speciali in film ad alto budget avrete già presente che le cose tra James Bond e il digitale non sono sempre andate bene. La sequenza in acqua di La morte può attendere risulta posticcia a un livello non accettabile nemmeno in un film di serie B. Il problema è legato, spiega Mara Bryan, allo sviluppo della resa visiva dell'acqua in digitale. I software erano già stati utilizzati per rendere le superfici liquide, ma mai su una scala così grande.

Il successo o l’insuccesso di queste inquadrature non sempre risiede nell’esecuzione tecnica dell’effetto speciale, ma su come viene concepita la loro implementazione. In quel caso si sarebbe dovuto lavorare maggiormente sullo sviluppo di un software che fosse in grado di gestire in maniera credibile quella superficie, la sua consistenza e la luce. 

Cadute a parte, la saga di James Bond ha vissuto una graduale  crescita degli effetti visivi digitali di film in film. Con il secondo film, Il domani non muore mai, Mara Bryan non era più sola, ma gestiva un’agile squadra di esperti grande tre volte quella di GoldenEye (ma comunque in numero ridotto rispetto a quanto siamo abituati oggi).

Michael Apted, regista di Il mondo non basta, veniva da una concezione di cinema distante dal blockbuster. Ha confessato alla Visual Effects Supervisor di avere una certa ansia nel girare quel tipo di sequenze. Con lui hanno adottato un flusso lavorativo che oggi potremmo definire simile a quello dei Marvel Studios. Il regista si occupa del dramma, delle emozioni, attraverso la direzione degli attori con la sua impostazione delle sequenze. Il team di VFX avrebbe fatto il resto con buona autonomia nelle parti spettacolari. 

Come si gestiscono gli effetti speciali nei film di James Bond?

Mara Bryan ha le idee chiare su come andrebbero gestite le sequenze spettacolari della saga:

Non fare nulla con gli effetti visivi a meno che tu non debba farlo per forza. (I film di James Bond) hanno tutti questi fantastici ed enormi stunt, effetti speciali ed esplosioni reali. Ricorrono agli effetti visivi quando assolutamente non possono affondare un peschereccio mentre Bond nuota a fianco. Perciò sono molto ambiziosi con quello che possono realizzare in modo pratico e spero che possa continuare a lungo. È questione di orgoglio per il team degli effetti speciali.

Fonte: 007

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