Killers of the Flower Moon, lo sceneggiatore promette: sarà l'ultimo, grande western, un film da ricordare
In una recente intervista, lo sceneggiatore di Killers of the Flower Moon parla della grandiosità del nuovo film di Martin Scorsese
In una recente intervista rilasciata dallo sceneggiatore Eric Roth a Collider, lo scrittore ha potuto parlare della grandiosità del film diretto dal leggendario regista italoamericano specificando che, con tutta probabilità, si tratterà dell'ultimo, grande western del genere, un vero e proprio lungometraggio da ricordare negli anni a venire.
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Penso che si tratti del mio quinto o sesto anno al lavoro su questo film. Ci sono stati dei cambiamenti molto interessanti in corso d'opera relativi al personaggio che Leonardo DiCaprio avrebbe interpretato. È stata una lunga marcia - e abbiamo tutti avuto delle difficoltà nel cercare di capire come raccontare al meglio questa storia di sicuro impatto - ma ritengo che alla fine abbiamo ottenuto il materiale più adatto e che Martin Scorsese abbia preso le giuste decisioni. È ovvio da dire, ma credo che lui sarà in grado di far sì che questo possa diventare uno dei miei migliori lavori. Ne sono davvero convinto. Per carità, non vorrei essere troppo scaramantico, ma ha tutti gli ingredienti e la storia è davvero molto importante.
So che Marty ha intenzione di realizzare un film che, con tutta probabilità, sarà l'ultimo western fatto così e che, al netto di ciò, avrà anche una forte tematica sociale alla base, per come affronta la violenza, la questione ambientale. Per certi versi, sarà qualcosa di mai visto prima. E sarà un film che, secondo me, resterà per i tempi a venire.
Sulle tonalità western aggiunge:
Allora, ci saranno personaggi con dei completi e look del genere perché sarà comunque ambientato nel 1921, durante il proibizionismo, ma l'etica di base sarà decisamente quella dei western. Anche in materia di giustizia, su come non si potevano trovare 12 bianchi in grado di giudicare colpevole di omicidio un altro bianco che aveva ucciso un nativo americano e che aveva più probabilità di essere accusato di omicidio se avesse fatto fuori un cane. Poi ci sono questi personaggi incredibili, questa famiglia Osage che viene sposata da un personaggio, chi è cattivo e chi no. Poi c'è questo personaggio eroico, Tom White, che stava nei Texas Ranger ed è interpretato da Jesse Plemons e non c'è davvero roba più western di così.
Da ultimo, arriva anche un commento in merito al fatto che il protagonista effettivo della pellicola sarà proprio Jesse Plemons e non DiCaprio:
Non lo definirei proprio come il protagonista, quanto quello che è designato a essere l'eroe. Ma i loro sono ruoli d'importanza sostanzialmente analoga, il ruolo di Leo è così complicato e interessante. Un ruolo intelligente per un attore intelligente. Se Montgomery Clift fosse ancora vivo, sarebbe una parte perfetta per lui.
Come vi abbiamo spiegato tempo fa, Martin Scorsese doveva lavorare a Killers of the Flower Moon insieme alla Paramount. Lo studio si è poi tirato indietro, anche a causa di alcune variazioni dello script volute da Leonardo DiCaprio che hanno spaventato la major. Ed è a questo punto che è subentrata la Apple che ha deciso di accollarsi il colossale budget del lungometraggio (che dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di dollari). Killers of the Flower Moon approderà nelle sale cinematografiche con la Paramount che si farà carico dei soli costi di marketing (prendendo una percentuale sui profitti finali), mentre la Apple coprirà il budget e lo sviluppo.
Killers of the Flowers Moon vede Leonardo DiCaprio nel cast, verrà prodotto dalla Apple e distribuito dalla Paramount. La sceneggiatura di Eric Roth è tratta dal romanzo di David Grann Gli assassini della terra rossa che racconta la storia vera degli omicidi di membri della tribù Osage nell’Oklahoma degli anni venti, occorsi dopo la scoperta del petrolio nelle loro terre. Robert De Niro interpreterà il serial killer William Hale.
Questa la sinossi:
Negli anni Venti del Novecento, la popolazione al mondo con la maggiore ricchezza pro-capite era, abbastanza sorprendentemente, la nazione indiana degli Osage, confinata nei decenni precedenti in una riserva in Oklahoma. Senza più bisonti da cacciare, impossibilitati quasi a parlare la loro lingua e a praticare la loro religione e cultura, improvvisamente si ritrovarono ricchissimi per la scoperta nelle loro terre di giacimenti petroliferi immensi: cominciarono così a girare in Cadillac e a mandare i figli a studiare in Europa, con grande invidia dell’opinione pubblica bianca, in prevalenza quacchera. Altrettanto improvvisamente però, all’interno delle famiglie osage più facoltose, si verificarono delle morti inspiegabili e sospette. E, negli ultimi baluardi del West selvaggio, dove personaggi come J.P. Getty andavano costruendo le proprie fortune e dove banditi leggendari seminavano il terrore, molti di coloro che osarono indagare su questi omicidi finirono per essere assassinati a loro volta. Superate le ventiquattro vittime, il caso passò a un organismo investigativo relativamente nuovo, l’FBI, che tuttavia non riuscì a fare sostanziali passi in avanti, finché il suo giovane direttore, J. Edgard Hoover, non cercò l’aiuto di un Ranger in pensione, Tom White. White mise insieme una squadra di detective piuttosto eterogenea, compreso un agente amerindio, e portò alla luce una cospirazione spietata ai danni di una popolazione intera.
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