Keanu Reeves contro i deepfake, da contratto le sue performance non possono essere ritoccate digitalmente
Keanu Reeves sembra avere molti lati in comune col personaggio di Neo quando si tratta di manipolazioni del virtuale sul reale...
Keanu Reeves è impegnato nella promozione stampa del quarto John Wick e, dalle pagine di Wired, ha potuto esprimere tutta la sua scarsa "simpatia" verso i deepfake e i ritocchi digitali fatti alle performance degli attori.
Non m'importa se qualcuno leva in fase di montaggio una palpebra che sbatte. Ma tempo fa, all'inizio degli anni 2000 se non addirittura negli anni novanta, hanno cambiato una performance. Aggiunsero una lacrima sulla mia faccia, cosa che mi spiazzò non poco perché non doveva in alcun modo essere lì. L'aspetto che trovo frustrante è che perdi il controllo di quello che hai fatto. Quando reciti in un film sai bene che poi sarà tutto sottoposto alla fase di montaggio, ma è un aspetto della lavorazione di cui sei consapevole e partecipe. Se cominciamo a spostarci nel settore dei deepfake, il tuo punto di vista si perde del tutto. È spaventoso. Sarà interessante constatare come dialogheremo con queste tecnologie. Stanno avendo un grande impatto culturale e sociologico, è una "specie" che viene studiata e ora ci sono molti dati comportamentali.
Le persone stanno crescendo con questi strumenti. Ascoltiamo canzoni fatte da una intelligenza artificiale che adotta lo stile dei Nirvana, c'è l'arte degli NFT. Che lì per lì pensi "Oh che carino, guarda che cosa possono fare le macchine". Ma alle spalle ci sono delle dinamiche di "corporatrocrazia" atte a controllare questa cosa. Culturalmente e socialmente saremo messi di fronte cpon il valore o il non valore del reale. E poi cosa ci verrà spinto addosso? Cosa ci verrà mostrato? È una questione sensoria, di spettacolo. Ed è un sistema di controllo e manipolazione. Siamo in ginocchio che ammiriamo le pareti della caverna e le proiezioni che vengono fatte su di essa, ma non ci viene data la possibilità di osservare cosa accada alle nostre spalle.
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FONTE: Wired via Variety