Joe Quesada, i suoi esordi e i consigli agli aspiranti fumettisti
Nel contesto di una mostra dedicata alla sua arte, Joe Quesada ha tenuto un sentito discorso in cui ha parlato delle motivazioni del lavoro di fumettista
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Joe Quesada è stato protagonista di una mostra sulla sua arte prodotta per conto della Marvel, curata e ospitata dalla Society of Illustrators a New York. Si tratta di un allestimento che propone alcuni dei pezzi originali dell'artista più rari in assoluto. Nella giornata di martedì 5 novembre, Quesada ha incontrato il pubblico presso i locali dell'esposizione per raccontare la propria carriera, rispondere alle domande del pubblico e parlare della propria passione per il Fumetto. Una passione che, nonostante egli sia oggi soprattutto impegnato in incarichi di ordine amministrativo, è sempre stata votata soprattutto alla narrazione.
Nei suoi sogni giovanili, Quesada voleva diventare un illustratore per la pubblicità, su esempio di Norman Rockwell, di cui ammirava la grande abilità nel raccontare storie con una sola immagine. Per lui, all'epoca, i comics erano una sorta di ghetto culturale ed era invece appassionato di Arte molto più tradizionale, dopo essersi diplomato alla Scuola di Arte Visiva. La svolta è avvenuta negli anni Ottanta, quando opere come Watchmen e Il ritorno del Cavaliere Oscuro gli hanno aperto gli occhi sulle capacità espressive del Fumetto. Raccontare divenne la sua passione e, quando qualcuno gli chiede quale sia la sua professione, risponde che è la più antica del mondo: la narrazione.
Il primo è di non creare mai arte quando si è spaventati. Secondo Quesada, ogni artista affronta quotidianamente due demoni, a cominciare dal vivere e lavorare costantemente chiuso tra le stesse quattro mura, che possono facilmente diventare una prigione; ma questo è nulla di fronte al terrore della pagina bianca. Creare qualcosa dal nulla è, secondo lui, un'impresa erculea, resa ancor più eroica dalle distrazioni della modernità.
Internet è il nemico numero uno del creativo, anche perché non è affatto una finestra obiettiva sulla realtà. Senza fare nomi, ha notato che ci sono artisti che, nonostante abbiano un gran numero di follower sui social, non riescono a vendere i propri fumetti al grande pubblico. E, cosa ancora peggiore, ci sono autori che hanno deciso di cambiare le proprie storie a metà del lavoro, a causa delle reazioni negative della rete, invece che rimanere fedeli alla propria ispirazione.
Il secondo consiglio raccomanda di imparare a cadere, nel senso di fallire. La figlia di Quesada è una pattinatrice su ghiaccio da quando aveva sette anni. Il settantacinque percento delle volte, cade e atterra sul ghiaccio proprio per imparare a correggere e perfezionare il modo in cui si compie un salto. Se rapportato al mondo degli autori di comics, la metafora parla di chi ha la giusta ispirazione, ma ancora non ha imparato le giuste lezioni. Ogni volta in cui si fallisce, c'è sempre qualcosa che bisogna trarre dall'esperienza. A condizione di saper cadere nel modo corretto.
Terzo ed ultimo consiglio: imparare a dar valore al perché. Citando l'autore Simon Sinek, Quesada ha sostenuto che il pubblico non compra quel che gli autori realizzano ma i motivi per cui fanno quel che fanno. In virtù di questo, ogni autore deve imparare a trattare il proprio nome come un brand e a migliorare costantemente tramite il proprio lavoro. Nel migliore dei casi, questo porterà alla qualità dei prodotti.
Per Quesada, il "perché" è cambiato nel corso della sua carriera. Anni fa, la sua famiglia è stata ospite di un programma televisivo, Home & Garden, in cui ha sostanzialmente proceduto a una ristrutturazione della cucina di casa. Quando Quesada ha guardato la puntata assieme alla figlia, allora di cinque anni, ha notato che quest'ultima non mostrava alcuna reazione, fino a che nelle immagini non è comparso lui che disegnava, mentre la voce fuori campo lo definiva come il re dei comics.
Perché ancora oggi disegna? Per quei brevi momenti in cui, agli occhi della propria figlia, può essere il re dei comics.
Fonte: Comics Beat