Jim Lee parla della sua carriera e dell'evoluzione delle convention | Comic-Con 2019
Jim Lee interviene al San Diego Comic-Con per parlare della manifestazione, della propria carriera e di alcuni temi centrali del Fumetto americano
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
La prima volta che venni al San Diego Comic-Con, i fumetti erano qualcosa di molto più piccolo. All'epoca realizzavo disegni su commissione per quindici dollari. Poi, quando andavo alla mia stanza d'albergo, ne disegnavo degli altri e, periodicamente, i fan si presentavano da me. Diciamo che il Comic-Con è diventato molto più interessante, con il passare tempo. Quando ho iniziato a essere popolare, ho cominciato a sentirmi in colpa a chiedere del denaro. Mi sembrava proprio sbagliato. Ho deciso di disegnare gratuitamente, ma la domanda diventava sempre maggiore. Perciò ho smesso. Poi ho cominciato a tenere conferenze e a disegnare durante le interviste, per poi regalare il frutto del mio lavoro.
La quantità e la composizione delle persone che vengono alle convention è cambiata parecchio. Ora ho l'impressione che il Comic-Con somigli a un imprevedibile parco dei divertimenti. Se penso al futuro, credo che quando la realtà virtuale diverrà più accessibile, persone che non possono venire potranno connettersi e provare l'esperienza di essere qui da remoto. Credo che sarebbe davvero un'evoluzione interessante.Lavorare in redazione, come editor o assistente, credo sia un ottimo modo per avvicinarsi alle professioni del Fumetto. Un tempo, un sacco di editor scrivevano e disegnavano, poi le case editrici non l'hanno più consentito, perché risulta un conflitto di interessi. Tuttavia, Peter Tomasi era un editor, un tempo. Mark Waid pure. Quindi credo sia un bel percorso, lo raccomanderei a chi volesse lavorare nel campo.
Attualmente, il mercato più importante della DC Comics al di fuori degli Stati Uniti è la Francia. Ma le opportunità più interessanti, in questo momento, sono in Cina, dove vive più di un miliardo di persone. Tuttavia, è davvero complicato imporsi in quel mercato.
Sono davvero onorato di essere considerato un'ispirazione per tanti, nel mondo del Fumetto. Si tratta di qualcosa di cui non mi rendo proprio conto, che non avevo previsto. Tutti gli ultimi vent'anni mi sembrano quasi una strana e assurda realtà alternativa. Ho sempre pensato che avrei lavorato da dietro le quinte. Ora, invece, la nonna di mia moglie sa chi siano i miei personaggi. Quando ho iniziato a lavorare, volevo semplicemente disegnare le avventure del mio eroe preferito. Oggi sento molto la responsabilità di quel che faccio ed è una delle motivazioni più grosse che trovo nel mio lavoro.
Ancora oggi, vivono in me paure e dubbi. Credo di averne in quantità ragionevole. Quando disegno qualcosa mi chiedo sempre quali siano i difetti del mio lavoro, perché cercarli è l'unico modo per trovarsi con un risultato ottimale. Ma ho anche fiducia nel fatto che, se ci metto impegno e tempo, farà un lavoro corretto.
I miei figli hanno tutti molto talento e tutti si sono, prima o poi, appassionati ai fumetti, ma non ai miei fumetti. A diversi tra loro piacciono i manga e gli anime. Una è una pittrice, il suo stile è l'espressionismo astratto. Che strano... ho nove figli e solo tre vivono a casa. Ho pile e pile di fumetti a casa, dispersi come esche per i topi, e a volte prego perché li prendano in mano. Ma sono davvero tutti talentuosi, disegnano ognuno a suo modo. Ma solo uno di loro ne sta facendo il proprio mestiere.
Fonte: Comic Book Resources