Il video-on-demand non convince

Ha fatto molto discutere il lancio in America di una nuova forma di pay-per-view, che permette di vedere i film dopo 60 giorni dall'uscita nelle sale. In effetti, i dubbi superano le potenzialità dell'iniziativa...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Se c'è un modello nell'attuale industria del cinema, è quello di voler a tutti i costi seguire i modelli precedenti, soprattutto per quanto riguarda i guadagni. Si tratta di un'idea assolutamente comprensibile e decisamente umana, ma che poi porta ad arroccarsi su posizioni estremiste e poco convincenti.

Ha fatto molto parlare, nelle ultime settimane, l'annuncio di alcune major americane di offrire tanti film nuovi in pay per view a 60 giorni dall'uscita nelle sale, a un prezzo di 30 dollari. Il problema non è nella concorrenza allo sfruttamento cinematografico, che dopo 4-5 settimane dall'uscita del film non è più significativo per il 90-95% delle pellicole (figuriamoci dopo nove settimane). D'altra parte, se dovessimo seguire i vecchi modelli di business, in cui una pellicola poteva rimanere in sala anche per un anno, avremmo rese molto inferiori per gli esercenti. Insomma, questa situazione permette a tutti di avere prodotti forti e sostituirli continuamente. Di sicuro, non sono i gestori della sale a lamentarsene.

La preoccupazione di molti (tra cui David Poland) è invece quella di danneggiare il mercato in sala fin dal primo giorno, perché chi sa che potrà vedere una pellicola nel proprio salotto dopo soli due mesi magari al cinema non ci andrà proprio (e/o non usufruirà di una seconda visione di un titolo che ha amato, preferendo attendere l'arrivo in televisione). In effetti, non è certo una paura infondata, anche se andare al cinema non è solo questione di window, ma rappresenta un'esperienza sociale diversa. D'altronde, i cinema hanno superato anche i problemi derivanti dalla pirateria, non bisogna per forza pensare al peggio.

Detto questo, ci sono diversi motivi per cui questa ipotesi, almeno con le caratteristiche decise in questo momento, non mi convince. Intanto, come già accennato all'inizio dell'articolo, è sbagliata l'idea di voler a tutti i costi ottenere gli stessi guadagni del periodo d'oro dei dvd aumentando le possibili window. Quella è un'epoca probabilmente irripetibile e che comunque non potrà essere replicata con queste soluzioni. Anche perché il prezzo mi sembra comunque troppo alto, oltre a essere sbagliato il target. In effetti, per renderlo conveniente serve un gruppo di persone numeroso, una famiglia o una comitiva di amici, che si dividono le spese, non certo le semplici coppie o i single. Già questo rende l'ipotesi molto meno convincente e soprattutto non sembra poter recuperare i soldi/spettatori persi con la pirateria.

In effetti, chi non va più al cinema perché trova i film gratis su Internet (in versione spesso bruttina subito o in qualità dvd/blu-ray in seguito) probabilmente continuerà nelle sue abitudini. E chi invece opterà questa soluzione, probabilmente avrà anche deciso di non vedere il film in sala. Questo comporta non solo una perdita iniziale, ma provocherà anche un cambiamento di abitudine. Se gli appassionati di questa forma di video-on-demand saranno pochi, allora l'influsso sul mercato sarà ridotto (quindi, perché farlo?). Se invece avesse successo, allora significherebbe portare tante persone a disertare la sala.

In tutto questo, le reazioni di tanti registi ed esercenti forse sono eccessive. Come sempre in questi casi, si teme la fine del mondo, quando con un po' di pazienza si potrebbero trovare soluzioni convincenti per tutti. Certo, ci vorrebbe anche un atteggiamento diverso da parte delle major, che troppo spesso adottano queste iniziative senza consultare nessuno. Quando invece, senza l'appoggio di tutti, si rischia il fallimento...

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