Il nuovo spot anti pirateria, frase per frase
Bugie, falsità, omissioni e parzialità in uno spot in cui musicisti over 60 si lamentano che non fanno più i soldi di prima per colpa dei giovani di internet...
L’avrete visto quasi tutti ormai, sono un paio di giorni che gira in rete e viene rimbalzato un po’ da tutte le parti con toni che oscillano tra il ridicolo e l’incredulo.
Pochi giorni fa pubblicavamo la nostra intervista a Riccardo Tozzi in cui il numero uno di Cattleya, e attuale presidente ANICA, sdoganava lo scaricatore (condannando giustamente chi ci lucra), una mossa di tardiva ma comunque benvenuta lungimiranza che viene ora affossata da questo video, sbagliato e controproducente fin dall’idea.
Sia ben chiaro prima ancora di iniziare, sul network di BadTaste.it siamo tutti fermamente contro la pirateria, nel senso che non ci piace vedere ciccioni tedeschi che si arricchiscono con attività che vanno contro la legge. Ma se c’è una cosa che ci piace ancora meno è l’arretratezza, la mancanza di un’offerta a fronte di una domanda evidente, l’impossibilità di condividere contenuti che esistono o di avvantaggiarsi della rete ed essere frenati nel desiderio di vedere film/sentire musica, dalle barriere mentali e dai protettorati di un’industria culturale della quale sempre meno si sente la mancanza.
Ma procediamo con il filmato per un’ultima grande risata prima della dissezione.
La prima cosa che salta agli occhi è sempre la più ingenua, ovvero i toni cupi della fotografia, la musica di pianoforte essenziale e malinconica da “il mondo sta finendo”, la parlata flebile e controllata dei “leader d’opinione”, associata all’evidenza del fatto che stanno tutti recitando o ancor peggio leggendo (almeno chi ci riesce senza occhiali). I più acuti hanno notato la chicca: l’arancia.
La tirata inizia subito alla grande:
La pirateria sta distruggendo l’industria culturale
No, sta distruggendo voi semmai. La musica è ascoltata oggi più di ieri, nascono mille e più gruppi o artisti che si fanno promozione da soli e i migliori tra i grandi (Radiohead e Nine Inch Nails per fare gli esempi più banali) trovano modi nuovi di monetizzare la propria musica. Non sento nessuno dei nuovi fenomeni musicali (italiani o stranieri) lamentarsi della pirateria. L’industria sta cambiando moltissimo ma non sta morendo. E se proprio morisse non sarebbe per la pirateria ma per la mancanza di alternative valide.
La pirateria ha fatto perdere 22.000 posti di lavoro e 1 miliardo di euro in profitti solo in italia
Questo è un grande classico dell’antipirateria, le perdite. Tutte da provare chiaramente. Nel senso che assunti simili si basano sul fatto che un album scaricato è un album non comprato, quindi una perdita (la cui entità economica la decidono loro, potrebbero essere 9€ di un disco non comprato su iTunes ma loro calcolano i molti più euro di un CD). Ovviamente non è vero, chiunque al di fuori di quel video sa che i dischi scaricati non sono dischi non comprati. Mentre per i posti di lavoro andrebbe fatta la domanda “In che posizioni? Sono fonici? Chitarristi turnisti? O negozi musicali che praticano prezzi da ladrocinio e non tengono il mercato con store online dalle tariffe ragionevoli?”
Di fronte a proposte che potrebbero bloccare la pirateria i grandi social network e i motori di ricerca si oppongono...
Questa non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentarla, se non fosse che il connubio tra follia lessicale ed emittente è esilarante. Perchè assegnarla proprio al meno credibile di tutti come guru tecnologico? Gino Paoli! Dunque Twitter, Facebook, Orkut, FriendFeed e Pinterest, si sono uniti con Google, Yahoo! e Bing per bloccare le proposte AgCom. Probabilmente il vero senso della frase dovrebbe essere “Social network e motori di ricerca non fanno quello che diciamo noi per fermare la pirateria” tipo escludere i risultati dei torrent o impedire la visualizzazione di video musicali degli amici e via dicendo. In sostanza controllare TUTTO e impedire la condivisione di materiale a prescindere. La colpa è sempre degli altri.
...dicono che è messa in discussione la libertà d'espressione
Proseguendo la storia dei social network che vanno a braccetto con i pirati si dà una cattiva idea di quale sia la loro motivazione. Si dice che lo farebbero per la libertà d’espressione. Non è così, questa pratica ha un nome e si chiama Straw Man Argument, in sostanza è il riportare l’idea della parte avversa svilendola in modo da poterla confutare facilmente. Chi si oppone alle trovate antipirateria non lo fa per la libertà d’espressione, lo fa perchè non funzionano, hanno effetti collaterali eccessivamente repressivi e perchè sono ideologicamente sbagliate. Perchè per levare l’erbaccia danno fuoco al prato. Le proposte fatte fino ad ora colpiscono i singoli e non i criminali veri, quelli che infrangono la legge, inibiscono la possibilità di condivisione per chi non pirata nulla e infine non aprono la strada ad un’alternativa legale. In sostanza sono provvedimenti che puntano a rimettere in piedi il sistema com’era prima, non a crearne uno legale che dia le stesse possibilità di quello illegale (che se non lo sapete è il traguardo finale cui prima o poi giungeremo, spero solo di essere vivo per vederlo).
La pirateria uccide la fantasia / L'intera industria culturale è destinata all'estinzione
A me sembra che ad estinguersi sia solo chi non ha una base di fan vera, chi produce musica di rapido consumo per la quale nessuno, posto di fronte all’idea di spendere del denaro o averla gratis sceglie la prima. Quello che vedo è che chi sa gestire l’offerta legale e ha dei fan veri riesce a vendere di tutto, dalle edizioni speciali ai vinili fino alle magliette e i cappellini per non dire i biglietti dei tour. Non si faranno mai più i soldi di prima. Mai più. Vale per Gino Paoli e per l’ultimo dei jazzisti sconosciuti. Quel mondo è finito, ma non vuol dire che sia morto il commercio, anzi. E’ cambiato e se chiedete a me in meglio. Meno soldi, dati a chi lo merita di più.Il caso megaupload
Prepariamoci perchè questo sarà il tormentone dei prossimi anni assieme alla legge HADOPI francese. Si, Kim Schmitz ci ha fatto i miliardi favorendo la pirateria. E si, non aveva inventato nulla e non ha dato il dovuto a chi quei contenuti li ha creati. Si, è un criminale, l’abbiamo catturato e viveva in una villa megagalattica con ogni genere di follia miliardaria. Ok, non piace nemmeno a me, ma non è come chi si scambia file tra pari su peer to peer, non sono io che dò un album ad un amico o condivido la mia libreria. Non è che se di mezzo c’è internet è tutto uguale, sono due ambiti completamente differenti.La pirateria ha impoverito l'offerta culturale
Certo, avere a disposizione musica di migliaia di artisti da ascoltare non può che impoverire. Ci facciamo un giro sul (morente) MySpace? Andiamo a guardare qualche canale musicale di YouTube? Ti faccio un account Soundcloud e poi mi dici dov’è l’impoverimento?Steve Jobs aveva indicato la strada
Qui avrebbero anche ragione, iTunes è stata la prima vera forma di alternativa (anche se non proprio la migliore). Ma veramente usare il simbolo di qualcosa che non conoscete, non avete mai capito e avete imparato a conoscere 4 anni fa per le vostre idee, che non sono le sue davvero è basso....
Noi siamo per la rete libera
Anche io. E sono anche per la pace nel mondo, la bontà nei cuori, il diritto a manifestare, lavori migliori per tutti e condizioni di vita più umane nel terzo mondo. Altro?Chiediamo che i siti che distribuiscono contenuti siano legali e rispettino le regole come tutti
Anche io lo chiedo, ma chi li deve fare questi “siti”? E soprattutto, quali regole devono rispettare, quelle fissate da voi? Qui c’è un pacchetto di regole nuove, un mondo inedito in cui esiste la possibilità di fare profitto con la propria musica o il proprio ingegno ma non si seguono le vecchie regole. Noi che consumiamo cultura a pacchi (a differenza di chi la mastica occasionalmente, compra un CD l’anno e va al cinema a Natale) siamo qui, voi?Chiediamo che il web sia gestito da persone oneste
Tutto? Una gestione unica per tutta la rete o facciamo tipo a province?
Difendiamo la libertà di fare cultura
Ti dò una notizia Caterina: oggi sei più libera di ieri di fare cultura. Oggi non sei tenuta ad avere un agente, una casa editrice o una major dietro di te. Oggi se quel che fai ha un pubblico e piace puoi anche vendere il tuo disco in proprio o con una piccola etichetta. Era ieri, quando qualcuno doveva approvare e magari modificare la tua opera di ingegno, che eri meno libera.
Sul tema, segnaliamo anche questo post su CineGuru.