Il New York Times a pagamento (ancora)

Per l'ennesima volta, il popolare quotidiano annuncia il passaggio ai contenuti a pagamento. Ma con una formula, se possibile, peggiore delle precedenti...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Mike Masnick di Techdirt è generalmente un addetto ai lavori equilibrato e che non si lancia spesso in proclami eccessivi. Eppure, alla notizia che il New York Times passerà presto a una formula (parzialmente) a pagamento, si è spinto subito nelle critiche più feroci.

D'altronde, le ragioni non mancano. L'attuale dirigenza (e con loro tanti commentatori) sembra essersi scordata che questo tentativo è già stato fatto nel 2005 e si è rivelato un sonoro fallimento, tanto che quella strada fu abbandonata nel settembre del 2007 per un numero insufficiente di pagamenti e per le difficoltà di (non) sfruttare i tanti lettori occasionali che arrivavano dai motori di ricerca (ma che ovviamente non potevano accedere a certi contenuti), il tutto mentre il mercato della pubblicità su Internet aumentava.

Eppure, tutto questo non sembra fermare i nostri abili commentatori, tutti galvanizzati da questa notizia, che apparentemente dovrebbe rendere più sicuro il loro posto di lavoro. Nessuno, per esempio, scrive quanto sia fallimentare una formula che prevede un certo numero gratuito di visite al sito, per poi passare alla richiesta di pagamento. Masnick fa notare che questa sarebbe la stessa formula del Financial Times, sito a cui lui non linka perché molti lettori non riescono più a visualizzarlo.

Peraltro, non si è scelta neanche la strada della ESPN o del Wall Street Journal (esempio peraltro fuorviante, visto che le informazioni economiche sono tra le poche per cui gli addetti ai lavori sono disposti a pagare), ossia quella di alcuni pagamenti gratuiti e altri. No, qui l'idea è che a un certo punto si paghi, ma non si capisce esattamente chi e perché, dopo aver letto alcuni articoli gratuiti per un periodo di tempo, dovrebbe poi trovare essenziale pagare.

Forse, il grosso errore è quello di voler passare a Internet pensando di dover per forza mantenere gli stessi fatturati e gli stessi dipendenti (tanti, troppi) dei mass media tradizionali. Non è che se la formula attuale più diffusa (contenuti gratuiti e pubblicità) non funziona come vorrebbero gli editori, allora una svolta a 180 gradi dovrebbe per forza essere efficace e migliore. 

Alla fin fine, comunque, la notizia positiva è che, dopo tanti proclami di 'Basta con i contenuti gratuiti", magari vedremo qualcuno che lo fa veramente e potremo giudicare i risultati. Come diceva Flaiano, meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine...

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