Venezia 71 - I migliori (e soprattutto i peggiori) cinque film secondo Gabriele Niola

Prima che comincino ad arrivare in sala, ecco cosa è piaciuto e cosa non è piaciuto a Gabriele Niola tra i film visti alla 71esima Mostra del cinema di Venezia

Critico e giornalista cinematografico


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Sono una 30ina i film visti nei 10 giorni della Mostra del cinema di Venezia (la media è facile da fare) e le sorprese rispetto agli anni passati sono due.

La prima e più clamorosa è che sono stati davvero pochi quelli brutti, inclassificabili, noiosi e dalla presenza al Lido inspiegabile (poco più di quelli elencati più sotto), tutte le sezioni erano animate da film di livello, quasi mai indecenti e sempre forieri di qualcosa di interessante. La seconda è che non ci sono stati i grandi capolavori, film che ti cambiano l’annata, che fanno uscire dalla sala con le pupille dilatate e fanno seccare la saliva in bocca durante lo svolgimento. Quasi tutti gli anni si ha il privilegio di vederne almeno uno così (l’anno scorso anche 2-3!) ma non è stato il caso di questa edizione.

Per tutto il resto dell’anno lentamente vedremo arrivare molte di queste opere in sala, dunque qui di seguito i miei 5 da seguire, pedinare, trovare e vedere e i 5 che proprio non mi sono piaciuti.

I MIGLIORI 5
Belluscone. Un storia siciliana di Franco Maresco
Il migliore della pattuglia italiana, un documentario capace di lavorare là dove oggi si muovono tutti (tra realtà e finzione) a molti livelli di lettura diversi per cercare davvero di capire qualcosa. I neomelodici, i legami con la mafia, l'umanità grottesca e l'impresa di fare film.

Fires on the plain di Shinya Tsukamoto
Urla, dolore, malattia, armi da fuoco e morte ovunque. Tsukamoto abbandona la città e abbraccia la foresta, non più il metallo ma sempre la carne aperta in un delirio infernale che lavora nel cervelletto. Un film che ti prende a schiaffi perchè ti vuole bene.

Birdman di Alejandro Gonzales Inarritu
Declino, ascesa e declino di un uomo dello spettacolo che come tutti cerca di migliorare la propria vita ma come pochi deve convivere con l’ingombrante presenza del se stesso del passato.

In the basement di Ulrich Seidl
La cantina come luogo buio e privato in cui si manifestano le pulsioni più inconffessabili. Seidl gira per vere cantine di vere persone e trova per ognuno dei suoi soggetti una dimensione visiva mostruosa che racconti anche più di quel che si vede. E se ne vedono di cose.

The golden era di Ann Hui
Il film biografico come dovrebbe sempre essere. Non solo una costruzione umana seria e profonda ma anche la rara capacità di integrare vita privata e produzione artistica del soggetto ritratto. Solo Ann Hui poteva…..

I PEGGIORI 5
Near death experience di Benoit Delepine e Gustave Kervern
Il cinema di 50 anni fa riproposto oggi come non fosse passato un giorno. Ma è passato, il cinema è cambiato e anche gli spettatori. Near death experience non riesce a dire nulla, proprio non parla con lo spettatore.

Pasolini di Abel Ferrara
È probabile che le idee di Ferrara su come raccontare Pasolini fossero molto chiare e precise ma non funzionano. In nessun momento questa sua versione sa comunicare qualcosa (anche un sentimento) riguardo lo scrittore morto.

Tales di Rakhshan Banietemad
Un aggregato umano di personaggi estratti da altri lavori, seguiti nuovamente in piccoli quadretti autoconclusivi. La riuscita mostruosa dell’ultimo di questi non fa altro che rendere chiaro il tonfo degli altri.

The humbling di Barry Levinson
Un ritratto intimo di una star del teatro decaduta che forse trova nuova linfa grazie alla storia d’amore con una lesbica. Questa è la trama ma non il film che invece giustappone scenette di piccola grottescheria puntando su Al Pacino, il quale non può far tutto da solo nè si impegna per provarci.

Anime nere di Francesco Munzi
Attori, attori e ancora attori messi in scena più del film stesso. Il cinema che non vorremmo mai vedere, quello in cui gli struggimenti hanno la meglio sulle azioni e in cui tutto è lasciato alle scene madri di attori che urlano il dolore o si ammutoliscono davanti al mare disinteressandosi della coerenza con il personaggio che interpretano.

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