Gipi e l'esclusione di Unastoria dai finalisti del Premio Strega

L'esclusione di Unastoria e il commento rilasciato da Gipi durante la rassegna I libri per strada, che si tiene ogni anno a giugno a Sarzana

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Abbiamo appreso qualche giorno fa che il graphic novel di Gipi, Unastoria, non farà parte dei cinque finalisti del Premio Strega 2014. Il media fumetto lentamente prosegue il suo cammino di emancipazione dal pregiudizio tutto italiano di prodotto pseudo-culturale, forma d'arte e letteratura di secondo piano ma resta ancora molta strada da percorrere. Unastoria di Gipi è stato il primo fumetto a essere ammesso al prestigioso riconoscimento letterario ma sono molti i dubbi sull'opportunità e sulla correttezza stessa di questa candidatura, avanzate dallo stesso autore. Ecco il suo commento rilasciato al riguardo a Sergio Rossi, durante la rassegna I libri per strada, che si tiene ogni anno a giugno a Sarzana:

Le molte discussioni sulla candidatura di unastoria riguardavano soprattutto se fosse giusto o no che un fumetto rientrasse in un premio che fino a ora è stato appannaggio solo della narrativa. In quei momenti, mentre si moltiplicavano le discussioni e le polemiche, soprattutto nel web, io me ne stavo in silenzio anche perché vedevo che il libro vendeva sempre di più [ride]. A parte gli scherzi, cosa ne penso io, ora che posso dire la mia? Credo che se dovessi rispondere veramente alla domanda se sia giusto o no, ti risponderei di "no", ti dico che probabilmente avevano ragione quelli che non mi volevano in lizza, perché il mezzo espressivo del fumetto è un altro, ha una diversa logica e il modo in cui crea emozioni è differente.

D'altra parte un diverso ragionamento mi tiene ancora in bilico: è davvero così importante il mezzo con il quale si veicolano storie ed emozioni o è più importante cosa succede nel cuore e nella mente di coloro che leggono le opere? Perché se fosse più importante la genesi di queste emozioni allora risponderei che "sì", ci potevo stare di tutto diritto tra i candidati. Ci poteva stare unastoria che è un libro a fumetti ma a quel punto ci poteva stare anche un film, allora. Sempre che si segua questo secondo ragionamento.

Il punto credo sia un altro e a mio parere travalica la strettoia delle opinioni a favore o contrarie.

Partiamo da un altro presupposto: molti affermano che alla fine la candidatura di unastoria abbia fatto bene al fumetto. Io non mi trovo così d'accordo. Penso che l'unica cosa che faccia bene a un mezzo artistico, siano i lavori che vengono prodotti. Non credo nelle categorie, non credo nei simboli, non credo nei riconoscimenti, non credo che tutto ciò sia l'unica misura di dignità artistica; il fumetto, se deve fare un percorso di "nobilitazione", se deve colmare il senso di inferiorità - ammesso che ci sia - lo deve fare con le opere e non con i simboli.

Pensiamo a Maus, un capolavoro di Art Spiegelman sull'Olocausto, un fumetto che ha raccontato l'irraccontabile: io stesso ho iniziato a scrivere e disegnare perché è stato creato qualcosa come Maus. Ecco quello che voglio dire è questo: non c'è bisogno di nobilitare il fumetto, perché è già accaduto. È già accaduto con Maus e con molti altri che hanno dimostrato le potenzialità di questo mezzo espressivo. Non sono stati i riconoscimenti a far raggiungere questo obiettivo.

Se mi chiedessero se mi abbia fatto piacere la candidatura al premio, non avrei dubbi a rispondere di sì, perché è anche attraverso questo che sono riuscito a raggiungere più lettori, grazie a questo molti si sono avvicinati a disegni e parole e a un modo di raccontare che prima non avevano considerato. Ma, ripeto, l'errore sarebbe pensare solo a questo. Sarebbe come considerare solo gli applausi verso una canzone senza soffermarsi sulla musica e sulle parole.

E l'errore sarebbe anche, come si è discusso tempo fa dopo una mia intervista televisiva, non dare al mezzo espressivo la giusta dimensione. Quando un libro a fumetti suscita interesse per il suo valore, non lo si può definire "più di un fumetto", come nel cinema di un film molto bello non si dice che è "più di un film": sono fumetti e film fatti come devono essere fatti.

Perciò il fumetto non ha bisogno di essere sdoganato, riconosciuto, non c'è bisogno di avvicinarlo a un altro mezzo di comunicazione come letteratura o cinema per nobilitarlo, c'è bisogno di autori che sappiano raccontare la contemporaneità, che sappiano raccontare le emozioni, i dolori e le gioie, che sappiano raccontare la vita".

Fonti: Premiostrega e Comicus

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