George R.R. Martin e la Marvel
L'autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco racconta in un'intervista il suo rapporto da giovane con i fumetti della Marvel Comics, da lui definita "rivoluzionaria"...
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Negli anni '60 il giovane George R. R. Martin, ancora ben lontano del diventare uno dei più apprezzati autori fantasy contemporanei con la saga Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, come molti suoi coetanei, si divertiva a leggere gli albi di supereroi della Marvel Comics che, proprio in quegli anni, sotto la guida di Stan Lee, cominciava a muovere i suoi primi passi e a creare il suo ricco universo.
Immagino che fosse davvero sorprendente trovare in un fumetto di quell'epoca un intero arco narrativo risolto tragicamente nella sua conclusione.
Si, è difficile da capire, credo, trovandoci nel 2011, esattamente ciò che stava accadendo nei fumetti negli anni '60. Si trattava della Marvel alla quale scrivevo delle lettere, un gruppo davvero rivoluzionario per l'epoca. Stan Lee stava realizzando qualcosa di davvero magnifico. Fino a quel momento i prodotti più diffusi erano i fumetti della DC che avevano una struttura ripetitiva. Superman o Batman potevano avere delle avventure, e alla fine tornavano esattamente nel punto dal quale erano partiti. E l'esito seguente sarebbe stato sempre lo stesso, perciò niente cambiava mai davvero per i personaggi della DC. Invece quelli della Marvel cambiavano continuamente. Accadevano eventi rilevanti. La formazione dei Vendicatori era in costante cambiamento.
L'elemento della continuity viene dunque identificato dall'autore come un grande salto in avanti in termini di qualità della storia, mentre, con maggiore riguardo ai personaggi, è un'altra la caratteristica molto apprezzata da Martin:
Mi piaceva Wonder Man! Sapete perchè? Ora mi torna alla mente in maniera vivida. Wonder Man muore in quella storia. E' un personaggio completamente nuovo, viene introdotto, e poi muore. E' stato un colpo al cuore per me. Mi piaceva il personaggio, era tragico e maledetto. Credo di aver cominciato a empatizzare con i personaggi tragici fin da quando andavo al liceo.