Garth Ennis ricorda il suo amico, collega, fratello Steve Dillon

Garth Ennis e Steve Dillon erano più che colleghi di successo: erano amici e compagni di viaggio, da prima di lavorare assieme

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Steve Dillon è morto. Lunga vita a Steve Dillon.

Due frasi banali, ma sentite, come scontato era immaginare che Garth Ennis, autore di Preacher che di Dillon è l'opera chiaramente più famosa e importante, scrivesse per lui un omaggio. Eccovelo in traduzione.

Jesse Custer, Steve DillonA Steve piaceva farsi un drink o due e, se vogliamo dire la verità, è così che più o meno tutti noi l'abbiamo conosciuto. Forse sarebbe più corretto dire che a Steve piacevano i pub, perché è lì che finisci con la gente, e Steve adorava la gente. La trovava invariabilmente interessante ed era sempre felice di parlare con chiunque.

Ha cambiato la mia vita in almeno un paio di modi. La prima volta con una telefonata, più o meno verso la fine del '91: "D'accordo, amico. Sto pensando di venire a New York con l'anno nuovo, forse per un weekend lungo. Ti piace l'idea?" La seconda volta è stato con un paio di decadi e passa di brillante collaborazione artistica, in cui ha afferrato qualunque follia io gli gettassi e l'ha fatta funzionare alla perfezione, ogni singola volta.

Ci siamo incontrati a Londra, nell'estate dell'89, ma è un anno dopo, a Dublino, che è scattato qualcosa. Dopo che tutti erano svenuti o addormentati a quella festa, ci siamo seduti assieme fino all'alba e abbiamo ammazzato un paio di bottiglie di Jameson, parlando di quel che avremmo voluto fare nei fumetti, di quello che pensavamo potessero raccontare e della natura di questo medium. Mi ricordo un paio di "Ecco, tu, sei proprio tu! Tu mi capisci". Cosa che avrebbe dato i suoi frutti alla grande negli anni successivi.

L'ultima volta che ho visto Steve era sabato sera sul tardi, a New York, camminava per la fifth avenue verso il suo hotel, dopo esserci salutati fuori da Foley. Avrebbe potuto essere il finale di una qualunque delle migliaia di nostre serate. Non è un brutto ultimo ricordo da avere di qualcuno. Steve era il testimone del mio matrimonio e un mio buon amico, un grande amico. Credo che mi abbia insegnato cosa significhi questa parola più di chiunque altro.

Ho bevuto con Steve da Dublino a Belfast, da Londra a Glasgow, da San Francisco a New York City. Non ho nemmeno un singolo rimpianto. Alla tua salute, amico.

Fonte: Down The Tubes

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