Free di Chris Anderson - la recensione

E' uscito in lingua inglese l'atteso libro del direttore di Wired. Un'opera molto interessante per il grande pubblico, un po' meno per gli specialisti, ma che ha l'indubbio merito di fare il punto della situazione pirateria...

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Fonte: Badtaste.it

Un libro come Free di Chris Anderson suscita sensazioni contrastanti. Da una parte, hai l'impressione (in realtà, diciamo certezza) di sapere già tante di queste cose, a forza di seguire siti come Techdirt o TorrentFreak. Dall'altra, mettere ordine in una materia così complicata e vasta è un lavoro che va sicuramente elogiato.

E' probabile che a beneficiare maggiormente di questo libro possano essere sì i professionisti dell'informazione e dell'entertainment, ma magari quelli che fino a ora hanno seguito superficialmente la materia. Sarebbe interessante, per esempio, mostrare la parte del libro in cui si parla di micropagamenti ai tanti soloni della stampa italiana, che pensano così di riequilibrare i conti. Anche perché Anderson dedica all'argomento giusto un paio di pagine, come per dire: non c'è molto bisogno di discuterne è una teoria campata in aria, già testata con (quasi) sicuro insuccesso. E a proposito del nostro Paese, in Free si parla di aziende/idee cinesi, portoghesi, brasiliane, francesi, belghe, olandesi e ovviamente americane. Ma non c'è traccia di Italia ed è dura considerarla una miopia da parte dell'autore.

Il primo punto da chiarire è che l'autore non sostiene assolutamente che tutto debba essere Free, gratuito. E' strano dover fare questa precisazione, visto che Anderson lo spiega in maniera chiarissima più volte, forse ben consapevole che tanti critici lo accuseranno puntando su questo aspetto. Invece, l'autore analizza in maniera molto chiara per tutti (non c'è bisogno certo di una laurea in economia), come inserire la componente 'free' nel proprio business plan, per sfruttare la popolarità che comporta e così ottenere soldi con una parte non gratuita (magari non sempre semplice da trovare, come insegnano Twitter e Facebook).

Il libro ha il merito di sfatare anche altri miti (o leggende metropolitane che diri si voglia). Quello della banda larga, per esempio, che secondo dei catastrofisti scarseggerebbe, mentre in realtà sta diventando sempre meno costosa. O il fatto che il mercato della musica sia in crisi, mentre in realtà è in ascesa, solo che a soffrire sono le vendite dei CD. Tutto questo magari non è una scoperta rivoluzionaria per chi si interessa a questi argomenti, ma lo sarà sicuramente per i meno informati. E questa non va vista assolutamente come una critica, anzi. E' importante che tanti addetti ai lavori capiscano bene questi argomenti e magari influenzino le scelte di chi comanda uscendo dai soliti stereotipi.

Dove il libro funziona meno è in alcuni argomenti che affronta in maniera poco convincente. Sarebbe interessante per esempio saperne di più sulle opinioni dell'autore a proposito di antitrust e il ruolo che dovrebbe avere questa autorità in un'epoca in cui un soggetto come Google offre i propri prodotti gratuitamente. Altri passaggi pongono dei dubbi su un certo ottimismo dell'autore. Possibile che in Cina nessun dirigente si lamenti della pirateria e la dia per scontata? E il mercato della pubblicità online ha veramente la possibilità di crescere in maniera enorme come sembra supporre l'autore? Per chi ha vissuto sulla propria pelle la crisi attuale (leggi, meno pubblicità su Badtaste) non è proprio semplice da credere. In alcuni momenti, poi, Anderson sembra lasciarsi andare a divagazioni di carattere storico che sembrano più uno sfoggio gratuito di cultura che una necessità effettiva. L'apice del discorso fine a se stesso viene raggiunto con il capitolo dieci, che sembra un'enorme arrampicata sugli specchi per valutare economicamente il mercato Free.

In conclusione, Free di Chris Anderson suscita tanti pensieri interessanti, così come sembra perfetto per avere la meglio nelle discussioni al bar o in ufficio a proposito di questi argomenti. Già questo varrebbe l'acquisto del libro. Tuttavia, si ha l'impressione che La lunga coda fosse un'opera più importante e, paradossalmente, meno soggetta a subire l'effetto del tempo che passa di questa. Ultima nota, per i lettori che lo compreranno in italiano, vi segnaliamo che la traduzione è stata realizzata dalla nostra Ilaria Katerinov.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti qui sotto!

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