Focus Indie - Pocket Quest!

L'appuntamento settimanale con Focus Indie, il nostro approfondimento sui titoli più interessanti del panorama indipendente

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Pocket Quest! non ha la stoffa per ritagliarsi un proprio spazio nei futuri libri di Storia dei Videogiochi. Manca del quid necessario per catalizzare su di sé l’attenzione degli amanti del genere. Presta poca attenzione a tutta una serie di dettagli che possano effettivamente renderlo apprezzabile a un vasto pubblico. Di sicuro, tuttavia, almeno per un piccolo dettaglio, non passa inosservato, almeno all’interno dei confini della nostra penisola: la schermata dei crediti mostra un solo nome, quello dell’italianissimo Loriano “Testament” Gori, unico e solo fautore di questo interessante esperimento, che pur in assenza di meccaniche ludiche di un certo spessore, non prendendosi troppo sul serio veicola un’esperienza divertente e piacevole.

I meriti, prima che sul versante del gameplay, vertono su due fattori: la comicità insita nei siparietti inscenati dai personaggi che si alternano sullo schermo e il dilagante citazionismo. Sin dalle premesse, si esplicita l’incessante rovesciamento applicato ai cliché del genere degli RPG: non c’è da soccorrere una principessa, ma un principe; l’eroe di turno è una formosa ragazza interessata più alla ricompensa in denaro che agli onori che potrà trarre dall’impresa; ad aiutarla nella pericolosa missione non c’è un esperto combattente forgiato dal fuoco di mille battaglie, ma una lumaca sempre pronta a rintanarsi nel suo guscio non appena la situazione volge al peggio. Se la piccola Nono, giovane e “kawaii” protagonista, costretta com’è al totale mutismo (altro cliché), limita la sua essenza comica alla gestualità scaturita da espressioni facciali e animazioni spassose, quasi a ricordare gli antichi lazzi della Commedia dell’Arte, gli sconclusionati interventi della lumaca vivacizzano una sceneggiatura altrimenti priva di brio e svolte narrative degne di questo nome.

[caption id="attachment_140155" align="aligncenter" width="600"]Pocket Quest screenshot Pocket Quest - screenshot[/caption]

Ma non è certo intenzione di Pocket Quest! intrattenere a suon di colpi di scena o coinvolgendo sulla scena personaggi psicologicamente profondi e finemente caratterizzati. Tra una battuta e l’altra, il gioco non fa altro che citare di continuo. Vi capiterà, per esempio, di dover rispondere ad un’avvenente donna egiziana (la famosa e mitologica Sfinge?) che vi porrà tre domande mentre in sottofondo si ripete in loop la nota sigla del programma televisivo “Chi vuole essere milionario?”. L’esigenza di utilizzare un semplice (per quanto rinomato) tool di sviluppo come RPG Maker, da limite diventa portatore di potenzialità estetizzanti e non. Pocket Quest! è difatti un vero e proprio collage di sprite, fondali e suoni presi in prestito da altri giochi dell’era 16-bit solo moderatamente modificati per l’occasione. Riconoscere i materiali d’origine, individuarli tra un’ambientazione e l’altra, diventa in breve un gioco nel gioco, un modo per ricordare.

Sotto lo spesso strato artistico, fortunatamente pulsa anche un gameplay che si alimenta di alcune meccaniche intriganti. L’avventura difatti amalgama una sovrastruttura ruolistica con alcune caratteristiche proprie di un board game: come se un vecchio Final Fantasy, affidandosi ad un combat system che ricorda quello del recente Child of Light, si fosse scontrato con un Mario Party. La piccola Nono non si muove liberamente all’interno di un’ambientazione: lancia un dado procedendo sulle caselle fino al raggiungimento del boss di fine livello. Alcune stazioni vi faranno guadagnare denaro, altre vi permetteranno di accedere ai negozi dove comprare nuovo equipaggiamento, altre ancora, infine, introdurranno i combattimenti veri e propri. Come nel titolo Ubisoft, le offensive sono vincolate alla velocità con cui le pedine dei partecipanti alla lotta raggiungono la sommità dell’apposita barra. A conti fatti, vista l’assenza di un vero party, il tutto si rivela piuttosto limitato: oltre a decidere se attaccare o utilizzare un’item dell’inventario non si fa molto altro. Anche lo skill tree non si dimostra vario o permissivo in termini tattici.

Tuttavia, come già suggerito in precedenza, il vero focus del titolo è altrove: nella comicità insita in ogni situazione e dialogo, nel costante citazionismo che permea ogni schermata. Pocket Quest! non è insomma un’esperienza imperdibile: è un titolo divertente, nella sua semplicità e sostanziale mancanza di ambizioni, che vi intratterrà degnamente per qualche ora a patto di avere una conoscenza enciclopedica sufficientemente sviluppata da cogliere i numerosi rimandi. Per dare una chance all’esperimento di Loriano “Testament” Gori basta seguire questo link: il download è assolutamente gratuito.

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