Diabolik: i 50 anni di Altea di Vallenberg e le uscite di ottobre

Ha 50 anni ma non li dimostra: è Altea, duchessa di Vallenberg e l'inedito del prossimo mese celebra il suo debutto nella saga di Diabolik del 1954

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Ha 50 anni ma non li dimostra per nulla: Altea di Vallenberg, come la sua coetanea Eva Kant, entrambe legate sentimentalmente ai propri uomini, ma divise come questi dalle loro opposte scelte di vita, da sempre in guerra tra loro e nutrendo tuttavia un profondo, reciproco rispetto. Le sorelle Giussani introdussero la compagna di Ginko nel numero 22 dell'ottobre del 1964: Il grande ricatto. E proprio l'inedito del prossimo mese festeggia l'entrata della duchessa di Vallenberg nella diabolika saga con un albo ricco di riferimenti alla lunga, movimentata storia d’amore che da allora lega Altea all'antagonista del Re del Terrore.

Il coraggio di Altea sarà disegnato dal giovane talento di casa Astorina, Matteo Buffagni, il copertinista ufficiale di Diabolik a partire dall'inizio del 2014. Vi lasciamo alle uscite di ottobre, insieme all'anteprima dell'inedito e a una splendida introspezione narrativa del personaggio, firmata ovviamente da Mario Gomboli. Buona lettura!

Inedito - 1 ottobre 2014
Anno LIII n.10
IL CORAGGIO DI ALTEA
I servizi segreti del Beglait sono preoccupati: pare che i Corvi Grigi stiano preparando il loro ritorno sulla scena. Lo "zio Volpone" di Altea si confida con la nipote, ed è proprio lei a suggerirgli un piano originale. Forse troppo.

Soggetto: M. Gomboli, T. Faraci e A. Pasini
Sceneggiatura: A. Pasini e R. Finocchiaro
Disegni: M. Buffagni
Copertina: M. Buffagni

[caption id="attachment_21310" align="aligncenter" width="300"]Diabolik inedito, Anno LIII n.10 – 1 ottobre Diabolik inedito, Anno LIII n.10 – 1 ottobre[/caption]

R 640 - 10 ottobre 2014
Anno XXXIX (2000), n. 6
VENDETTA OLTRE LA MORTE
Un’esplosione alla sede della Banca Centrale: è un attentato rivendicato dal gruppo terroristico di Yorgal. Ma le immagini delle telecamere rivelano che Diabolik era lì: il cadavere del criminale giace sepolto sotto le macerie.

Testi di: A. Palmas e P. Martinelli
Disegni: E. Facciolo
Copertina: S. Zaniboni e P. Zaniboni

[caption id="attachment_21327" align="aligncenter" width="300"]Diabolik R 640 – 10 ottobre Diabolik R 640 – 10 ottobre[/caption]

Swiisss 245 - 20 ottobre 2014
Anno XII (1973), n. 14
TOMBA D'ASFALTO
In quella fossa c'è sepolto un favoloso bottino. Ma la sorte di chiunque cerchi d'impadronirsene è di prenderne il posto nel ruolo di cadavere!

Testi di A. Giussani e L. Giussani
Disegni: A. Gattia e E. Facciolo

[caption id="attachment_21312" align="aligncenter" width="300"]Diabolik Swiisss 245 – 20 ottobre 2014 Diabolik Swiisss 245 – 20 ottobre 2014[/caption]

Noblesse oblige

La prima vignetta del primo episodio di Diabolik (novembre ’62) è, per così dire, “salottiera”. Una riunione conviviale nella “villa” della “marchesa de Semily” che “per la sua architettura medievale” è definita “Castello di Mart” (sic).
Il debito creativo del personaggio Diabolik nei confronti del feuilleton d’inizio ’900 non è infatti solo nella rivisitazione delle trame di Fantômas o nel fascino più generale dell’Eroe Nero: è anche e soprattutto nell’ambiente da nobiltà decaduta – e spesso decadente – che da sempre fa da scenario alle avventure del Re del Terrore.
Di quell’ambiente le sorelle Giussani seppero cogliere, con attenzione tutta femminile, le implicazioni che gli autori d’epoca davano per sottintese e i contemporanei snobbano. Stiamo parlando di come certi dettagli di “etichetta” siano stati adottati – e in alcuni casi enfatizzati – così da costruire un mondo astratto dalla realtà del dopoguerra ma non per questo meno comprensibile, accettabile, affascinante: il mondo di Diabolik.
Così, durante il primo incontro tra Altea e il Re del Terrore, viene sottolineato l’imbarazzo che potrebbe sollevare Altea (nobile e soprattutto donna) rivolgendo la parola a Diabolik (feccia dell’umanità). Tant’è che quando il suddetto ladro e assassino, che di “bon ton” tutto pare ignorare, non solo rivolge la parola alla eterea duchessa, ma, per soprammercato, le fa anche dei
complimenti personali (orrore!)... il principe Danilo interviene con veemenza: “Come osate?!”
Oltre alle apparenze (acconciature, abiti, gioielli per le donne; monocoli, mostrine e scarpe di vernice per gli uomini) anche lo stile di vita è nobiliarmente ortodosso. Infatti, come si conviene a una nobildonna, Altea è una provetta crocerossina (o meglio, essendo una duchessa, è la Presidentessa della Associazione delle Infermiere del Beglait). La qual cosa si rivela utile una prima volta (deve medicare una escoriazione superficiale all’ineffabile Ginko) e vitale una seconda quando, come racconta il fido maggiordomo Lodovico (il quale, non foss’altro che per la sua giacchetta a righine, meriterebbe un saggio tutto per lui) la duchessa salva la vita dell’ispettore con la respirazione artificiale (non “bocca a bocca”, ovviamente).
Infatti, quando è lei ad aver bisogno di cure, Altea non viene ricoverata in un banale (popolare?) ospedale ma in una clinica privata. Non soddisfatte di una duchessa, le sorelle Giussani si sentirono in dovere di dare un riferimento ai magnanimi lombi persino a Eva Kant (pardon: Lady Kant), apparentemente solo nobilitata dal matrimonio con lord Kant ma in realtà figlia – sia pure illegittima – di un omonimo nobiluomo.
Certo, potremmo rilevare come la presenza di duchi, conti e marchesi sia stata funzionale alle avventure diabolike: la passione del “più grande ladro di tutti i tempi” per le pietre preziose è nota, e chi possiede più gioielli di famiglia di un nobile?
Ma questo non basta a motivare tutte le scelte delle Autrici. Più interessante sarebbe ripercorrere la loro storia personale, le loro origini borghesi, la loro eleganza di autentiche “signore” milanesi che sentivano il fascino di un ambiente elitario e, assolutamente senza invidia né rimpianti, si compiacevano di riproporlo ai lettori. Altrimenti come spiegare il vezzo retrò dei nomi italiani abbinati a cognomi “in lingua”, prerogativa ancor oggi riservata ai blasonati (la regina d’Inghilterra è chiamata Elisabetta, figlia di Giorgio e madre di Carlo, mentre nessuno ha mai citato Antonio Blair o, peggio, Giorgio Bush); come giustificare la presenza statisticamente assurda di maggiordomi, autisti, servette con la crestina nella mitteleuropea Clerville di fine millennio; come accettare il distaccato snobismo per cui l’eleganza “vera” si riconosce da una jaguar d’epoca, un completino nero, un’acconciatura a chignon?

Mario Gomboli

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Fonte: www.diabolik.it

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