DC Comics, Morrison presenta la provocante Diana di Wonder Woman: Earth One
Grant Morrison si immerge nelle origini dell'Amazzone DC Comics e nei temi di William Moulton Marston per Wonder Woman: Earth One
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Morrison recupera, in qualche modo, parte dell'ispirazione iniziale del creatore dell'Amazzone, lo psicologo e narratore William Moulton Marston, rivisitando i contenuti sexy dell'epoca per un pubblico più moderno. La sua Diana è quindi una principessa, annoiata di vivere nella terra delle Amazzoni, tra lussi e amori lesbo, e stanca di restare reclusa rispetto al resto del mondo.
Volevo allontanarmi il più possibile dall'immagine della guerriera, perché non credo che c'entri molto con l'idea originale del personaggio, anche se tutti l'hanno data per scontata per molto tempo. Non dico che sia un'immagine sbagliata, solo che è diventata dominante col tempo e non lo era alle origini. Non volevo riproporla perché non ha senso prendere in carico un personaggio se non si ha qualcosa di nuovo o diverso da dire su di esso.
Quindi mi sono immerso nelle storie originali di Marston e sono stato spazzato via dalla bizzarra atmosfera, fatta di cultura alternativa e soprattutto di una differente idea di sessualità che Wonder Woman incarnava all'epoca e permeava l'intero fumetto. C'erano una serie di scene di bondage abbastanza ridicole quasi in ogni vignetta. Mi ha dato l'impressione di essere lontanissima dall'attuale visione.
Diana non portava spada e scudo, a quei tempi, ma i classici bracciali con cui deviava i proiettili e il lazo che obbligava chiunque ad obbedire ai suoi comandi. Era virtualmente invincibile in quanto super-forte e resistente, dotata tutte le caratteristiche che conosciamo. Tornare a quella visione mi sembrava originale e mi dava l'occasione di raccontare una storia che trovavo molto più interessante da calare in un contesto contemporaneo.La storia inizia sostanzialmente con Steve Trevor che precipita sulla sua isola e si innamora di lei, dopo di che i due, mano nella mano, si avviano verso la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, però, non ci troviamo coinvolti da un conflitto globale, quella storia delle origini non avrebbe molto senso. Ho realizzato che sarebbe stato un esordio molto più significativo e dinamico se Diana avesse desiderato autonomamente andarsene dall'isola, in fuga da una madre iperprotettiva e troppo preoccupata.
Da lì sono partito a farmi delle domande. Cosa si proverebbe a passare tremila anni della propria vita sulla stessa isola, con lo stesso gruppo di donne? Che razza di cultura verrebbe a crearsi? Come sarebbero i rapporti interpersonali e quanto ripetitivo e rituale diverrebbe lo stile di vita? Rispondere a queste domande mi ha in qualche modo portato su altre strade ancora che, non per caso, includono alcune delle dinamiche delle origini.
Non una Themyscira bloccata nell'epoca della Grecia del mito, ma un'isola tecnologicamente più aggiornata e una cultura del tutto peculiare, non così legata a modello preesistente. Il tutto progettato da Morrison per fare da specchio a una filosofia prettamente femminile e isolata dal mondo, fatta di donne di grande potere sin dall'aspetto, contro cui il mondo degli uomini non ha speranza. In mezzo a tutto ciò, Diana è annoiata, proprio come tante ragazzine di oggi che vogliono trovare la propria identità e indipendenza. Un tema ricorrente anche sui social network.
L'idea che Diana si innamorasse a prima vista del primo uomo che incontra non è granché moderna. In questa storia, vede Steve Trevor come un'occasione per fuggire alla prigione in cui si sente intrappolata e lo sfrutta in tal senso. Questa componente è molto più forte dell'innamoramento, di fatto lei lo usa. Tuttavia, così facendo, gli salva la vita. Motivazioni e atteggiamenti più interessanti del classico colpo di fulmine che ti cambia l'esistenza.
Per quanto riguarda l'aspetto di Diana, abbiamo recuperato molto dello stile di Harry Peter, che realizzava splendidi disegni e la ritraeva come una brava ragazza bellissima, dalle curve morbide. Da lui è nata l'espressione good girl art, per definire quell'immagine femminile tipica dei comics di allora. Assieme a Yanick Paquette abbiamo preso molto dall'immaginario delle origini.
Le donne di Peter sembravano star del cinema degli anni Quaranta e le Amazzoni erano eleganti e alla moda. Non certo delle guerriere. Abbiamo pensato a come aggiornare quel concetto ai tempi nostri e il risultato è un popolo di supermodelle, il corrispettivo contemporaneo dell'ideale femminile. Sono alte e snelle, non hanno bisogno di molti muscoli, perché sono molto più forti degli uomini. Hanno corpi assolutamente idealizzati, proprio come quelli di Marston e Peter.
Per contrasto, le donne che Diana incontra nel mondo degli uomini sono di etnia, taglia, corportatura molto diversa da lei e tra loro. C'è un fortissimo contrasto tra le femmine normali e le Amazzoni geneticamente perfette. Era qualcosa che volevo assolutamente sottolineare, nella storia, pur senza calcare troppo la mano.
Anche Steve è l'opposto speculare di Diana. Quello originale era piuttosto noioso, dall'aspetto classico del bravo ragazzo. Un tipo d'uomo cui una donna perfetta del mondo contemporaneo difficilmente potrebbe interessarsi. Ecco perché lo abbiamo reso come un uomo molto più forte, etnicamente connotato e del tutto diverso dal candido Trevor delle origini. Inoltre, come detto, ha un ruolo molto più ambiguo rispetto al semplice innamorato di Marston.
Abbiamo reimmaginato del tutto gli esordi di Wonder Woman, in una storia completa. Quel che rende interessante questo volume credo sia l'esplorazione degli aspetti più potenzialmente provocatori del mito del personaggio.
Fonte: Newsarama