DC Comics, Grant Morrison parla del gran finale di Wonder Woman: Terra Uno
Grant Morrison giunge al termine del suo percorso riguardo Wonder Woman e parla del finale della saga raccontata assieme a Yanick Paquette
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Morrison - Quando ho iniziato a lavorare a questi tre volumi, ho fatto un sacco di ricerche e ho letto parecchio delle storie originali di William Moulton Marston. Ce n'è una in particolare, credo su Wonder Woman #7, del 1940 o 1941, che si svolge centro anni nel futuro. Credo che si intitoli Wonder Woman for President. Presenta la società utopica di Harmonia, in cui però c'è un elemento discordante, il Manly Party... o forse si chiamava partito Purple Shirts. Volevo arrivare a questo, con Earth One, vedere il momento in cui la Repubblica di Harmonia è diventata possibile. Tutta la trama conduce a questo. Quindi il mio lavoro è parecchio ispirato a Marston e alle idee che ho trovato nelle sue storie.
Volevo rimpiazzare una linea con un cerchio, sostituire il Big Bang e la nascita dell'universo con qualcosa che somigliasse allo sbocciare di un fiore. Ho analizzato la cultura delle Amazzoni per capire quale potesse essere la loro filosofia e la loro visione della scienza. Il Big Bang è un metafora molto mascolina per la genesi. Accade con un'esplosione. Ho pensato che le Amazzoni potessero averne una visione diversa, spiegarlo in termini di crescita naturale e di germogliazione.
Pensavo a idee di questo genere, a come le Amazzoni vedessero il classico viaggio dell'eroe. Non c'entra nulla la storia di Joseph Campbell, del giovane principe che si assicura la propria eredità sostituendo suo padre. Non ha nulla a che vedere con il ribaltamento delle vecchie strutture, che è un po' quello che stiamo facendo in questo momento, il ruolo delle attuali giovani generazioni nella storia. Nel mondo del futuro, quella fase è già passata. Quelle fatiche, quelle grandi battaglie tra opposte forze in campo sono scomparse.
Quel che volevamo sottolineare nella storia è il concetto di eterna circolarità. Diana è sempre una principessa ed è sempre una madre, nonché una regina. E lo stesso vale per Hippolyta. Semplicemente, hanno un modo diverso, senza tempo di guardare ai moti della storia. Diana non è qui per rimpiazzare sua madre, ma per farla tornare sul pezzo.
Diana vede la battaglia come qualcosa di negativo, qualcosa a cui è contraria. Quando realizza che ci sarà uno scontro, decide che sarà combattuta secondo i principi delle Amazzoni e non alla maniera familiare agli uomini, cui siamo più abituati. Lei non viene per distruggere e far guerra. Noi facciamo credere che sia così all'inizio, che le Amazzoni arriveranno con le loro astronavi e le spade per conquistare il mondo, ma quel che Wonder Woman fa è conquistare il mondo utilizzando il principio della sottomissione. Fa la parte della dominatrice per colpire al cuore il patriarcato. E, soprattutto, sa che vincerà.
Io volevo vedere Wonder Woman fiorire, diventare la persona che vedevo nella mia mente. Diana è una super eroina! Allo stesso modo di Batman e Superman. Volevo trovare l'aspetto di lei più nobile e dedito agli altri, quello che più ci ama e che però viene da una cultura diversa dalla nostra. La sua applicazione di quella cultura può risultare inusuale e bizzarra per noi. Volevo dare vita a questa giovane donna che sorride un sacco, super intelligente, in grado di curare le persone e terribilmente gentile.
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